Fabio Luisi tra Stravinskij e Cajkovskij - Le Cronache
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Fabio Luisi tra Stravinskij e Cajkovskij

Fabio Luisi tra Stravinskij e Cajkovskij

Domani, prima serata di un weekend da non perdere al RavelloFestival con l’Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala, interpetri della suite de’ L’oiseau de feu e della sinfonia n.5 in mi minore

Di Olga Chieffi

Un week-end di grande musica per autori ed interpetri verrà inaugurato domani sera, alle ore 20, sul belvedere di Villa Rufolo, dall’Orchestra dell’Accademia del Teatro alla Scala diretta da Fabio Luisi. Il cartellone della LXXI edizione, dopo la raffinata prova della Luxembourg Philharmonic a Ravello con Gustavo Gimeno alla sua testa, per l’omaggio a Rachmaninov e al valzer in sé con il Der Rosenkavalier e La Valse di Maurice Ravel, Fabio Luisi ha inteso confrontarsi sulle strade maestre della composizione russa. Uno dei protagonisti della vita musicale di Parigi ad inizio Novecento fu l’impresario russo Sergej Djaghilev, fondatore della compagnia Ballets Russes. Fu proprio Djaghilev ad intuire per primo il talento fuori dal comune di un giovane compositore russo ancora sconosciuto in Europa, Igor Stravinskij, a cui commissionò un balletto nel dicembre del 1909. Il soggetto era stato scritto da Djaghilev e da altri colleghi della Compagnia traendo ispirazione da una fiaba russa in cui il protagonista Ivan Zarevich riesce a spezzare l’incantesimo del mago Kašej (che incarna il male) grazie all’Uccello di fuoco, una creatura mitologica che rappresenta la forza del bene. Pochi mesi dopo la composizione terminò, e L’oiseau de feu andò in scena all’Opéra di Parigi il 25 giugno 1910. Stravinskij trasse tre diverse Suites dall’Uccello di fuoco, eseguite molto più frequentemente del balletto; lui stesso le considerò migliori dell’opera intera, troppo lunga e di valore diseguale. La prima, del 1911, è composta da cinque numeri e caratterizzata da un’orchestrazione grandiosa. La seconda, del 1919, e la più eseguita nelle sale da concerto, prevede l’utilizzo di un’orchestra ridotta ed è costituita da sette numeri. L’ultima versione (quella in programma questa sera) è la più ampia (prevede dieci brani) ed è stata approntata da Stravinskij nel 1945 a Los Angeles. La tinta novecentesca dell’Oiseau de feu viene fuori con prepotenza nella pagina centrale del balletto, La danza infernale. Il mago Kašcei appare in tutta la sua violenza sonora, e il Rimskij-Korsakov, che si era ancora sentito nelle scene precedenti, improvvisamente invecchia di un secolo; l’ascoltatore viene investito da una serie di coltellate sonore, che prediligono sistematicamente i tempi deboli della battuta; e l’effetto è quello di una continua sincope, protesa con furore verso un momento di quiete che non arriva mai. La Ninnanannagiunge come una parola materna e confortante alle orecchie delle fanciulle; ma è proprio quel sogno etereo a riportare la penna d’oro alla memoria di Ivan: l’oggetto magico, scosso in aria, procura l’apparizione dell’uccello di fuoco, che svela al protagonista il modo per sconfiggere Kašcei (distruggere l’uovo in cui è racchiusa l’anima del mago). Il cattivo muore, e dalla penna di Stravinskij nasce una pagina straordinariamente ispirata (Inno finale), che sembra giungere alle nostre orecchie da un’altra dimensione: la melodia nasce dal nulla come un corale dell’aldilà, ma poi si trasforma in un rude ostinato, che alla progressiva diminuzione della velocità fa corrispondere una devastante crescita della tensione. La seconda parte del programma sarà dedicata per intero all’interpretazione della Sinfonia n.5 in mi minore, op.64, composta da Pëtr Il’ič Čajkovskij. L’autore è rimasto per tutta la vita un “bambino di vetro”, creatura fragile ed introversa, nevrotica ed ossessiva, in equilibrio precario tra trasgressione e repressione  e la sua musica ne è diretta espressione: il pathos sovrabbondante, la sensualità di molti suoi passaggi sinfonici, il lirismo che sfocia nel sentimentalismo più acceso ed eccessivo, tutto ciò mostra una sensibilità amplificata, dove ogni sensazione, dalla positiva a quella negativa, vengono enfatizzate, deflagrando in uno stile unico, inimitabile, personale. Una sorta di tema conduttore lega tuti e quattro i movimenti della composizione: il tema, esposto inizialmente dal clarinetto nel registro basso al principio dell’Andante introduttivo, vuole esprimere, secondo Cajkovskij, “una completa rassegnazione di fronte al destino”. L’Allegro con anima che segue sviluppa con drammaticità elementi di motivi già presentati in modo apparentemente neutro: il malinconico primo tema, coi suoi ritmi puntati, ed il secondo tema, dall’andamento di danza. L’Andante cantabile, in re maggiore, è di forma tripartita, e si apre con una accorata melodia del corno; la sezione centrale, come spesso in Cajkovskij, è ricca di slancio, con una espressiva melodia affidata agli archi; prima della ripetizione della prima parte compare, enfatizzato, il tema del destino dell’inizio della sinfonia, che poi ritorna anche in conclusione. Il terzo movimento, Allegro moderato, è un valzer d’una tristezza pacata tipicamente cajkovskiana. L’introduzione al Finale si apre con lo stesso tema del destino, che compare però, questa volta, in tonalità maggiore, assumendo un carattere di tranquilla rassegnazione. L’Allegro vivace presenta un primo tema in accordi, molto enfatico, ed un secondo tema di carattere marziale. Terminato lo sviluppò, una lunga coda in mi maggiore, nella quale il motivo d’apertura del primo movimento ritorna di nuovo, conduce la sinfonia ad una grandiosa conclusione.