Ettore Bielli, la storia del comunista che disse no a Togliatti e decise di farsi anarchico - Le Cronache
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Ettore Bielli, la storia del comunista che disse no a Togliatti e decise di farsi anarchico

Ettore Bielli, la storia del comunista che disse no a Togliatti e decise di farsi anarchico

Di professione decoratore di talento, è stato lui a dipingere l’esterno del vecchio cinema De Marsico a Sala Consilina dove fu confinato politico dal 1939 al 1943. Da uomo libero ci rimase fino al 1947. Con i tedeschi in rabbiosa ritirata nascose sotto la sua abitazione due ebrei. Così li salvò, a prezzo della sua vita, lui il più sospettabile, dalla deportazione e dalla morte. Quando arrivarono gli Alleati spese la sua parola di confinato, di antifascista doc, salvando dalla fucilazione i gerarchi fascisti di Sala ritenuti dei collaborazionisti dei tedeschi. “Mio padre era uno che amò la libertà e il vivere da uomo libero”, Wladimiro Bielli, dirigente d’azienda salernitano racconta suo padre Ettore, romano, prima comunista e poi anarchico. “Fu uno dei pochi, con l’avvocato Ceriello di Laviano e Mannucci, un confinato toscano, che osarono sfidare Togliatti (a Salerno rappresentato dall’ebolitano Abdon Alinovi) e la sua “svolta di Salerno”. Bielli passò tra le fila dell’anarchia. “La sua idea della politica come servizio alle classi subalterne contrastava con l’idea degli impiegati della rivoluzione, magari pagati coi soldi dei russi”, dice Wladimiro. Nella città del Vallo, lo racconta Mimmo Calicchio, aveva organizzato una sezione comunista con più di quattrocento iscritti. Chi lo ha conosciuto e frequentato è stato Giuseppe Galzerano, professore ed editore, che ancora oggi, nel 2005, non ha paura di dichiarsi anarchico ma veste sempre in giacca e cravatta blu. “Bielli è stato uno spirito libero, quelli che oggi mancano. Una persona semplice e solare”. Dalla vecchia Salerno di via Duomo negli anni Cinquanta e Sessanta, Bielli e Angelo Dino, tennero alto il vessillo dell’anarchia che Bakunin aveva impiantato a Napoli. Un’idea romantica e nonviolenta della politica che s’infranse contro le ondate di scontri di piazza che il caso disgraziato di Giovanni Marini, anche lui anarchico, coinvolto nella brutta storia della rissa, degenata nel caso Falvella. Fu così che anche a Salerno la parola passò alle spranghe e ai picchiatori. Finì il generoso Sessantotto. Ma Ettore Bielli non c’era più, il decoratore gentile, dalle amicizie potenti alle quali mai chiese un favore, morì il 4 aprile del 1972, ed ebbe un funerale civile, con le bandiere rosse e nere della sua vita, che per lui finalmente avevano fatto pace. or.mot.