Estorsione pluriaggravata dal metodo mafioso, la Cassazione accoglie i ricorsi della Dda di Salerno e annulla l’ordinanza del Riesame per Aniello Falanga (58enne di Scafati) e Luigi Di Martino alias ‘o profeta di Ponte Persica del clan Cesarano. Per entrambi il gip a novembre del 2021 aveva disposto il carcere che il Tribunale della Libertà aveva revocato un mese dopo. Il blitz è quello in cui furono coinvolte 32 persone accusate di pizzo agli imprenditori con processo tuttora in atto davanti al gup di Salerno per 22 imputati che hanno scelto il rito abbreviato (decisione tra qualche giorno). Per i collaboratori di giustizia (Acanfora, Loreto e Spinelli) Falanga avrebbe provveduto a riscuotere, per conto del clan la somme richieste alle vittime delle estorsioni, e ciò avrebbe, quindi, fatto anche in riferimento a un’altra estorsione. “L’attendibilità intrinseca ed estrinseca delle dichiarazioni rese dai collaboratori di giustizia anche all’indirizzo del Falanga, non è stata messa in dubbio dal Tribunale: da tale valutazione potrebbe conseguire l’affermazione che Falanga, in quanto soggetto cui il sodalizio di tipo mafioso di riferimento aveva affidato la riscossione delle somme richieste ai titolari degli esercizi commerciali operanti nel territorio assoggettati ad estorsione, avesse riscosso anche quanto richiesto alla vittima di altra estorsione”, scrive la Cassazione. Accolto anche il ricorso contro ‘o profeta Di Martino e pure in questo caso determinanti per la Cassazione e per il pm sono state le dichiarazioni dei pentiti. “Secondo i quali Di Martino sarebbe stato il soggetto cui, in seno al sodalizio di riferimento, era affidata la gestione di tutte le estorsioni perpetrate in danno degli esercizi commerciali operanti nel territorio, oltre che l’incarico di conseguire il controllo assoluto delle attività di gioco praticato con le slot machines (“le macchinette”). Quest’ultimo elemento sembra essere stato valorizzato contraddittoriamente e con manifesta illogicità dal Tribunale”. E ancora. “Il Riesame ha concluso apoditticamente che nessun elemento concreto consentiva di ricollegare Di Martino come mandante per conto del sodalizio di appartenenza per le estorsioni e soprattutto un’azione criminosa era stata perpetrata da soggetti estranei al sodalizio stabiese”, conclude la Cassazione nel motivare la decisione di accoglimento dei ricorsi della Dda.
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