L’addestratore e istruttore ebolitano, si è spento nella notte di lunedì, lasciando un vuoto incolmabile negli affetti della moglie Caterina D’Alessio, del figlio Domenico e di quanti siano stati iniziati allo sport dell’equitazione e all’universo cavallo
Di Olga Chieffi
“Ama la regola che corregge l’emozione” (G.Braque) “Ama l’emozione che corregge la regola” (J.Gris). E’ l’assunto dell’arte questo, quel canone a specchio che ha segnato la vita sportiva, il lavoro, la passione di Damiano La Monica, cavaliere per l’Arma dei Carabinieri, al seguito di Raimondo D’Inzeo, istruttore e, su tutto, un mago nell’addestramento del puledro. Damiano è mancato ai vivi nella notte del 18 luglio, andando via in punta di piedi, come ha sempre vissuto, senza clamori, dietro le quinte, il pensiero della facile vetrina, dell’incarico ufficiale, non lo ha mai sfiorato. Simbolo di uno sport ancora nobile e romantico, del quale se ne è perso, da tempo, ogni traccia, iniziò cavalcando di tutto, nella piana paestana ed ebolitana, intrecciando semplicemente una capezzina intorno alla testa dei cavalli, da ragazzo. Quindi, la scelta di entrare nell’Arma dei Carabinieri, il celebrato carosello, la squadra agonistica agli ordini di Raimondo D’Inzeo, concorrendo in ogni specialità dal concorso completo allo steeplechase, in quel di Merano, al salto ad ostacoli. Nel, frattempo, rubava con gli occhi, Damiano La Monica. Tra la caserma Pastrengo e Passo Corese, in quel campo costruito con le stesse misure dell’ovale di Piazza di Siena, Damiano utilizzava le sue ore libere per “spiare” come Raimondo D’Inzeo si occupasse in assoluta solitudine e silenzio dei suoi cavalli, quel suo speciale rapporto, il suo modo di girarli, la costruzione di un feeling sopra le righe, fatto di sensibilità e fiducia, nel massimo rispetto del compagno di sport, del suo carattere, che portava il cavallo a partecipare al percorso e, quindi, alla vittoria alla pari del cavaliere. Congedatosi dall’arma, Damiano divenne caporazza dell’allevamento Del Giglio, Del Palmento, fiduciario degli allevatori calabresi e tanti i premi Unire dedicati ai giovani cavalli cui ha partecipato, innumerevoli gli aneddoti, infiniti i problemi dei suoi amici atleti risolti con pazienza “orientale”, abnegazione, sacrifici di cui mai ha fatto parola. “Passione è lavorare, ma in particolare saper attendere – soleva ripetere – che anche il brutto anatroccolo diventi cigno. Pazienza, persistenza, ma anche estro ed invenzione per risolvere un problema di addestramento in un puledro o tentare l’iniziazione di un giovane all’equitazione che è un “gioco”, specchio della vita, esprimente il libero e armonico esercizio delle facoltà, quegli stessi principi su cui Kant basa l’arte, creante un capolavoro costantemente rinnovato della durata di un istante. La natura stabilisce da sempre le leggi di quest’arte e l’addestramento di cavallo e cavaliere, un termine che suona, a volte, duro e coercitivo, deve essere un “passionale” e partecipativo ritorno alla libertà”. Quanti i cavalli passati tra la famosa doppia longe all’ “italiana”, le redini e la sella di Damiano La Monica? Ci vorrebbe un volumetto, con vicino al nome aneddoti, cadute, successi; tanti i soggetti afflitti da addestramenti errati, non ultimi i Del Castegno e i Della Caccia, come scarti di pista o cavalli senza genealogie da snocciolare a bocca aperta, cui non ha mai creduto, messi a lavorare e saltare. Due cavalli su tutti, due cavalli del cuore, due campioni, entrambi bai oscuri, Notturno Del Giglio e Amadeus, quest’ultimo, oggi tra le mie mani alla felice età di 32 anni, ha sopravvissuto al suo addestratore, al suo cavaliere, al suo padre sportivo, il quale è riuscito a trasformare in forza positiva e controllata i suoi ardori di stallone, al quale “Nessuno può far ombra” – come amava dire prima di un barrage o di una categoria a tempo, in cui si sono sempre ricercate linee impossibili, sempre in avanti senza timore, nella noise incantatoria di una sua nenia segreta. Ancora attoniti, per l’improvvisa scomparsa dell’ uomo rimasto semplice, schietto e sincero, per aver perso inaspettatamente un maestro che ci voleva bene, con il quale si è condivisi momenti che sono patrimonio di un’umanità che cresce e migliora attraverso un’azione etica, che deve essere ad ogni livello, quella di ogni sport, ieri il saluto a Damiano nella Chiesa di San Nicola in San Vito al Sele in Santa Cecilia d’Eboli. Nel rinnovare commossamente il ricordo della sua figura umanissima, Olga Chieffi, unitamente all’intera redazione di Le Cronache, si stringono con grande affetto al figlio Domenico, alla inconsolabile Signora Caterina, esprimendo le condoglianze più vive alle intere famiglie La Monica e D’Alessio. Una nenia ci giunge da lontano, non si arresta, al di qua dei segnali definiti, al di qua del silenzio, che è solo un’apparenza. Quella nenia la voce di dentro di Damiano, che è la nostra.