Questa sera, alle ore 21, l’artista sarà ospite della Festa dell’Olio e del Festival “ ‘A Chiena” a Serre. Lo abbiamo raggiunto alla vigilia di questo concerto in cui ripercorrerà le tappe della sua carriera con qualche anticipazione dei suoi due ultimi lavori “Lo chiamavano Vient’ ‘e terra” e “Rint’ o post sbagliat’”
Di Olga Chieffi
“’A Chiena”- Intervento co-finanziato dal POC Campania 2014-2020 . Rigenerazione urbana, politiche per il turismo e la cultura. Programma unitario di percorsi turistici di tipo culturale, naturalistico ed eno-gastronomico di portata nazionale e internazionale -, firmato da Antonello Mercurio, è ritornato da ieri nel comune di Serre, per firmare la colonna sonora della Festa dell’Olio. Feste, riti e lanterne ad olio, per festeggiare la chiusura del raccolto e l’oro giallo di queste colline, simbolo di sapienza, amore, fraternità, elezione divina e dello spirito di Dio che conferisce la missione. Dopo il primo momento musicale, che ha visto accendersi i riflettori su “I Tamburi del Vesuvio”, con i quali si è partiti da Napoli e si è viaggiato per tutto il mondo, unendo la cultura partenopea a quelle che di volta in volta s’incontrano in questo lungo itinerario che vede il Vesuvio come ombelico del mondo, stasera con il concerto di Enzo Gragnaniello, si ritornerà alle “radici”, che raccolgono la storia di un popolo che, attraverso altissimi versi e musica immortale, si è posto in cammino, cantando il suo amore, aprendosi ad ogni contaminazione, pur mantenendo intatta la propria inconfondibile identità, misteriosa e sfuggente, e con esse il senso della “Nuova musica”, che vuole il nostro tempo veder coesistere una tale mescolanza di stili, di linguaggi, di norme di vita, rendendoci partecipi dei suoi appunti per lo studio di un dialogo della musica napoletana, con tutti gli altri generi. Storia collettiva e vissuti individuali saranno raccontati in musica e poesia dal canto di Enzo Gragnaniello, portatore anche di un ricco patrimonio di “bellezza”, attraverso quell’ amore particolare che ritroveremo in tutti i brani del viaggio di Enzo, tra i diversi e comuni linguaggi del mare nostrum, un fluxus musicale ossessivo e mistico spaziante dall’Africa, a Napoli, dai colori caldi e avvolgenti, specchio del suo “contaminato” sentire interiore, che anima una vita ricchissima dell’immaginario, del mitico, del magico, del religioso, del simbolico, su cui fondiamo la nostra millenaria cultura. Lo abbiamo raggiunto in un momento di grandissima gioia quello della nascita della sua piccola Maria Luna, per qualche anticipazione sull’attesissimo concerto di stasera.
Lei sarà a Serre in concerto, questa sera, con chi sarà sul palco e cosa eseguirà? Il suo ultimo lavoro?
“Eseguirò qualche brano del mio ultimo lavoro “Rint’ ‘o post’ sbagliato” ma sarà un percorso che farà attraversare al pubblico la mia intera carriera, i titoli più amati e lo farò in quartetto”.
Come nasce questo album?
“E’ nato durante la pandemia. “Rint’ ‘o post’ sbagliato” naturalmente non è un posto fisico è una condizione d’essere, anzi di malessere e devo dire che non l’ho pubblicizzato. Rint’ ‘o posto sbagliato non è un disco oleografico, ma un insieme di pensieri e di sensazioni sulla vita. Tutti i brani sono nati spontaneamente in lingua napoletana, tranne “Scrivi una canzone per mia madre”, unico brano in lingua italiana. La scelta della lingua napoletana, riesce meglio a trasformare i pensieri ed i sentimenti in una chiave poetica, stimolando, canzone dopo canzone, la riflessione e la fantasia delle persone. In questo album sono racchiusi tanti temi diversi : dal razzismo, cantato nell’omonimo brano con Raiz degli Almamegretta, visto e vissuto come una larva che si annida nelle mente delle persone; la lontananza di chi lascia la propria terra per lavoro; la sofferenza delle donne abbandonate e sole in “ Scrivi una canzone per mia madre”; in “Povero bene” si parla invece del bene che non rispettiamo ed a cui chiudiamo la porta, porta che “nisciun arape” , in “’E sette journ“ si affronta il tema dell’introspezione e del viaggio che viene rappresentato come scalata di una montagna per poi scorgere tutto dall’alto con la speranza di riuscire a vedere anche la propria anima. Un disco che chiude con un invito ad imparare ad amare con “St’ammore”.
E’ cambiato l’artista in questi due anni di covid? E’ cambiato il suo modo di comporre?
“Io sto sintonizzato con l’invisibile, vivo di stati d’animo di sensazioni, sono un visionario e una persona sensibile non si ritrova, in un mondo creato da persone perverse che vivono l’oscurità, la vacuità dell’immagine, dell’apparire, della mediocrità”.
Come compone Enzo Gragnaniello?
“Io non penso quando compongo, ho l’ispirazione, all’antica. Se si deve pensare al successo, non viene niente. Non bisogna vendersi al gusto del pubblico o avere quella frenesia di produrre per forza, perché si ha una scadenza, la musica è sacra, va rispettatata”.
Lei fa parte di una generazione di musicisti, di un periodo che ci piace chiamare Vesuvium Power, che ha influenzato e di cui fa parte anche il classico e il jazz, pino Daniele, lo Stabat di Roberto De Simone, la scuola di percussioni e fiati napoletana, insuperabile. Ma oggi, dove va la musica? Lei che ne pensa?
“La musica sta in un posto sbagliato oggi come oggi. E’ in un mondo Usa e getta i compositori sono figli dei nostri tempi – anche la coscienza e i sentimenti, disvivere più che vivere -, ossia la vita quotidiana intesa quale consumo veloce, consunzione oscura, spendita e ricarica inerti, abbandono, cieca soddisfazione, sopraffazione, solo l’incontro con la vera arte può assolverti e redimere. Vede che tutti urlano? Il poeta sussurra, cerca di ricreare gli umori, i colori, l’iridescenza del suono”.
“La musica è sacra!” lei afferma con forza. Oggi come possiamo recuperare la sua sacralità?”
“Sarà la musica stessa a vincere, ad elevarsi. Abbiamo detto che oggi chi la produce vaga nell’oscurità e nell’ignoranza e lì si scorneranno tra loro. Tutti rapper poiché le basi si scaricano dal computer e ci si “parla” sopra. Ci si “parla”….cantare è tutt’ altro, è come pregare. L’arte è dubbio, è diversità e solo dallo studio, dal bello, possono scaturire nuove nascite, quale dono di esaltante energia”. E’ musica che viene da lontano quella che ci donerà stasera Enzo Gragnaniello, con la sua voce sincera sfiorata dal caldo soffio del soul con cadenze da bluesman, latore di quella miscela di pathos e protesta civile, di poesia e forza, di passione e disincanto, capace di trattare mali eterni e mali antichi, filtrandoli attraverso la sua sensibilità, capace ancora di cambiare il mondo.