Olga Chieffi “
A vida è a arte do encontro” recitava il sottotitolo di una delle più indovinate rassegne ideate da Elio Macinante, che si svolgeva al teatro Verdi di Salerno, gli Incontri Internazionali della Musica, Francia, Brasile, Argentina, Spagna, Germania, Inghilterra….e oggi stiamo a ricordare la sua opera, competente, indefessa, generosissima ed eclettica, cercando di essere degni eredi, in primis umanamente. “Una brutta e, purtroppo, premonitrice intuizione mi ha preso con angoscia, quando mi sono reso conto che non sentivo Elio da una giornata e mezza – ha dichiarato il presidente della Fondazione Ravello M° Alessio Vlad, letteralmente sconvolto e in partenza per New York – noi che ci rapportiamo, almeno tre volte al giorno, sulla realizzazione della nuova edizione del Ravello Festival. Ho allertato subito un po’ tutti, conoscenti, vicini, fino a chiamare i vari ospedali, ma l’incubo si è rivelato reale, Elio era stato stroncato da un’epatite fulminante. Con lui, persona di straordinaria umanità e professionalità abbiamo collaborato per oltre trentacinque anni. Uno degli incontri migliori che abbia mai potuto fare, una mente pratica e allo stesso tempo creativa, che guardava sempre oltre, pianificando, eventi che, poi, realizzati, sono risultati vincenti. Elio ha incarnato al meglio lo spirito di Ravello, ovvero la costruzione di quel ponte, che la musica e tutte le arti, riesce a collegare il presente e il futuro, guardando sempre a quel luminoso passato da cui tutti proveniamo”. “Con Elio Macinante ci conosciamo dai primi anni Ottanta – ha affermato commosso il direttore generale della Fondazione Ravello Maurizio Pietrantonio – eravamo due esordienti nel campo organizzativo, io all’ Estate Sorrentina, lui alla testa di diverse manifestazioni, un’amicizia, la nostra, nata dalla stima reciproca, quali musicisti. Quindi ci siamo ritrovati nell’organizzazione della Fondazione Ravello e della grande macchina del Festival. Elio Macinante è stato un ingranaggio essenziale di questa macchina, un professionista in primo luogo appassionato, instancabile, generoso e di altissima competenza. Per lui ogni festival, ogni evento era una performance personale, un tributo alla storia di Ravello e del suo essere Città della Musica”. “Sono anch’io sconvolto da questa scomparsa improvvisa – ha detto Antonio Bottiglieri – Negli anni del mio impegno giovanile nell’Azione Cattolica della parrocchia dell’Annunziata ero amico di suo fratello Gaetano e ricordo sua madre che veniva in chiesa con il figlio più piccolo, appunto Elio, allora ancora in carrozzina. Poi, Gaetano si laureò in medicina (e per molti anni è stato il mio medico di base) ed Elio musicista, insegnante di musica di tantissimi salernitani. Quando, prima come assessore provinciale, quindi, quale dirigente della “Fondazione Ravello”, nominato dall’allora Presidente Giuseppe Canfora, mi sono occupato dei Concerti di Villa Rufolo ho letteralmente preteso sempre Elio al mio fianco. Ed Elio, in poco tempo, è diventato davvero insostituibile per competenza musicale ed organizzativa. Così si è stabilito subito una grande e forte intesa tra Elio ed Alessio Vlad, i quali, ormai da anni, sono diventati essenziali per il nostro storico festival famoso nel mondo. L’essenzialità di Elio è, invero, la sua caratteristica, ovvero la percezione della posizione e della conoscenza del motore di una macchina e quindi il riuscire a guidarla subito. E’ capitato, ad esempio, in radio, in Rai, quando io ero alla direzione di accorgermi di questa sua qualità. Nel 2000 nacquero le divisioni in Rai e a Napoli si puntò sulla televisione e in particolare con Minoli sulla soap opera. In questo modo diciassette tecnici impiegati nella sezione radiofonia avrebbero dovuto essere impiegati in modo diverso o messi a riposo. Fu affidato proprio a me questo ingrato compito e proposi al direttore di impiegare questi grandi tecnici, ingegneri del suono e altro, nel restauro di dischi, partiture, nastri e costituire, così l’ Archivio sonoro della Canzone Napoletana. Mi contornai di esperti, ma l’unico nome che feci personalmente fu quello di Elio Macinante. Un’altra caratteristica di Elio era che, appena terminato un concerto sapeva subito, analizzare e dire tecnicamente se avessimo ascoltato musica di qualità o meno, dove e cosa i musicisti avessero sbagliato. Ma, contemporaneamente, riusciva ad occuparsi dei biglietti d’ingresso, del tavolino claudicante e dell’organizzazione, quattrocento cose contemporaneamente, una praticità unica”. “Ci siamo trovati insieme sulle tavole del palcoscenico, con Elio Macinante, ben prima di occupare gli spazi di Villa Rufolo, lui in fondazione e io nella sede dell’Ente Provinciale per il Turismo, – ha rivelato Alfonso Andria – con Alessandro Nisivoccia e Regina Senatore, prima con il fratello maggiore Gaetano Macinante, mio compagno d’università a medicina (sono un medico mancato), il quale strimpellava la chitarra, non conosceva bene la musica. A me piaceva la canzone napoletana e montammo uno spettacolo nel 1972 “Napul’ ca se ne va”. Nel frattempo, però, Elio, più piccolo di sette anni, studiava la musica al conservatorio e possedeva una tecnica funambolica. Nel primo spettacolo c’erano Regina e Sandro, Gaetano, Io, Antonio Peluso e Teresa De Sio. Teresa de Sio si trovava al Sipario per caso, era in prova con la regista polacca Alexandra Kurciov per “I parenti terribili” e prima che attaccassimo noi a provare, Teresa prese la chitarra di Gaetano e intonò un brano di Joan Baez. Io incantato le chiesi se conoscesse il repertorio napoletano, e lei rispose che cantava solo Lu cardillo e venne così assoldata. Nello spettacolo successivo, datato 1975, “Popolo po’”, certamente più coinvolgente, entrò anche Elio, girammo l’Italia con oltre centocinquanta repliche, con punta massima, l’esibizione al teatro Valle, dove intervenì anche Guido Cataldo. Quindi, un rapporto iniziato da giovanissimi, nel Teatro Musica, continuato, poi ben oltre i due spettacoli iniziali, e continuato, indi, nelle diverse mansioni di Elio in qualità di organizzatore, sino a diventare anima della fondazione proprio con De Masi, al quale lo presentai, unitamente ai Vlad padre e figlio. Posso dire oggi che quando ho terminato il mio lavoro tra Ept e provincia, lui ha continuato in una specie di ideale filo rosso”.





