Eboli. Sequestrato in casa e malmenato da un gruppo di maghrebini - Le Cronache
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Eboli. Sequestrato in casa e malmenato da un gruppo di maghrebini

Eboli. Sequestrato in casa e malmenato da un gruppo di maghrebini

Occupano la sua casa da qualche mese, mercoledì sera lo hanno picchiato brutalmente in strada, in pieno centro cittadino. Malmenato prima in casa propria poi inseguito fuori dal palazzo, infine preso a pugni e schiaffi e poi, una volta a terra, a calci in faccia i cui segni saranno ancora visibili a chi intenderà intervenire prima che trascorra altro tempo e spariscano. Rischia di trasformarsi in una (ulteriore) tragedia la vicenda di un problematico uomo ebolitano, prigioniero in casa sua di un terzetto di maghrebini – due maschi e una femmina – al quale di recente s’è unita una donna di etnia rom, una zingara insomma, accompagnata da una bambina di pochi anni che, prima o poi, qualcuno si dovrà decidere a strappare da quel contesto. Un inferno per lui, che pure li ha accolti in casa, e un inferno per i residenti del condominio che da tempo lamentano – seppur vanamente – la presenza di questo noto terzetto, già segnalatosi per episodi di violenza e rissa nelle vie della città, in particolare nei pressi di un circolo “ricreativo” a pochi metri dalla scuola elementare Vincenzo Giudice. Ora la situazione è diventata incandescente e le probabilità che si faccia irreparabile sono diventate alte. Altissime.
La vittima di questa assurda vicenda è un uomo di Eboli, ultimo figlio di un noto ceppo familiare, impiegato in servizio fuori città, con evidenti problemi di adattamento e alcuni deficit strutturali che lo hanno visto sprofondare, forse inconsapevolmente, nel baratro della schiavitù di un gruppo di sbandati nordafricani, reietti in questa terra e reietti pure in quella di provenienza dove, verosimilmente, la loro condotta sarebbe già stata stroncata con misure drastiche tenuto conto della componente omoaffettiva (si dice così?) che caratterizza un po’ il tutto, imperdonabile in quella “civiltà”. Ora, al di là di questi elementi di contorno che pure offrono il senso vero di tutta la storia, va ricordato che questo disgraziato ha accolto nell’abitazione ereditata da una vecchia zia e situata a pochi metri da Piazza della Repubblica, i tre maghrebini cui poi si è aggiunta la zingara: non si capisce cosa facciano per vivere, alle 8 del mattino qualcuno tra loro barcolla per le scale del palazzo perché già ubriaco fradicio, la donna del gruppo è nota per una certa dimestichezza con l’uso del coltello: poi le urla notturne, gli schiamazzi, le serate ad alto tasso alcolico con musica e bonghetti ma, soprattutto, le liti, le urla, il rumore di piatti fracassati, mobili sfondati e quant’altro descriva un contesto facilmente immaginabile di degrado, sopraffazione e violenza. Fino a culminare nel clamoroso pestaggio dell’altra sera, tra le 20 e le 20,30 quando la città è ormai preda del buio, del deserto e di bande di stranieri dalle mille sfaccettature: ovviamente il «cretino multiculti» che griderà al razzismo, all’inclusione, al dialogo e altre scemenze tipiche di un certo universo culturale (lo stesso che ci ha regalato l’attuale Eurabia insomma) lo troveremo anche in questa macabra storia locale. Ma tant’è. Non va trascurato il dato che questi soggetti potrebbero pure essere terreno fertile per una radicalizzazione islamica dalle mille incognite, anche se allo stato potremmo parlare solo di delinquenza tout court, poi chissà. Sta di fatto che questa situazione, dal punto di vista tecnico-giuridico, potrebbe rivelarsi un flop dal momento che difficilmente la vittima ammetterà di essere preda della banda: li ho ospitati io, stanno con me, cosa volete? Ecco, il rischio c’è ed è concreto ma se le forze dell’ordine non mollano la presa (sempre che agiscano), una volta resesi conto di ciò che veramente accade – e basta guardare tutti questi personaggi, vittima compresa, per capire in che ambito ci muoviamo-, potrebbero intanto intervenire per identificarli, chiedere cosa facciano lì, come vivano, chi dà loro i soldi per sopravvivere, a tacer di altri noti traffici. Le forze dell’ordine, che pure hanno il gigantesco problema del “Selestan” sulla litoranea di Campolongo, dove pure si sono registrate nel corso degli anni infiltrazioni di elementi legati prima al Gis algerino (primi anni 200) e poi al jihad globale di questi ultimi tempi, potrebbero intanto iniziare dal centro di Eboli stroncando una non tanto ordinaria storia di sopraffazione e violenza.
(pierre)