Avrebbe raccolto la firma di un ‘socio’ senza averne titolo e senza alcun mandato formale, né dell’assemblea dei soci né del consiglio di amministrazione della cooperativa che gestiva l’ospitalità dei cosiddetti ‘migranti’, termine col quale gli stranieri vengono definiti quasi si trattasse di poetiche migrazioni ornitologiche. Un disastro epocale che ciascuno è in grado di riconoscere, volendo. Grazie a quella firma presa di straforo, il firmatario adesso si ritrova sul groppone un debito di circa 500mila euro, conseguenza di una fidejussione bancaria per un mutuo erogato da un noto istituto di credito. Si dirà: e allora? Cosa c’è di ‘notiziabile’ in una ordinaria faccenda di truffe e imbrogli tra privati? Nulla, infatti. Se, però, al centro o anche a latere di un fatto si scorge un rappresentante istituzionale, politico, culturale, intellettuale, insomma pubblico, è ovvio che il discorso possa cambiare. Se, poi, il sottofondo di tutta la vicenda è l’emorragia di danaro pubblico scatenato dall’invasione che ha già sfregiato il volto dell’Europa trasformando pezzi di territorio in discariche fisiche e morali, ecco che la ‘notiziabilità’ si moltiplica diventando di pubblico interesse. Succede, dunque, ad Eboli che un consigliere comunale si ritrovi coinvolto in una brutta faccenda, che avrebbe preso già la via delle carte bollate, promettendo sviluppi interessanti sotto il profilo della mera cronaca. Al centro dell’operazione, l’acquisto di un immobile da parte di una delle tante coop specializzata in gestione degli stranieri. Manovra intelligente, in linea di principio, perché l’acquisto di un immobile da adibire a sede sociale rafforza il patrimonio del soggetto giuridico, rendendolo più affidabile in tema di accreditamento presso gli organi istituzionali che decidono a chi far sbolognare questa gigantesca rogna degli immigrati, in primis una Prefettura. La vita economica e finanziaria però, come tutte le cose, è soggetta a cambi improvvisi di direzione, a sventure, a cattive gestioni, incapacità ed altro. La coop incassa comunque il mutuo dalla nota banca, peraltro senza averne i requisiti o senza avere ricevuto il solito, micragnoso, scrupolo verso ogni dettaglio prima di sganciare danaro, condotta tipica delle banche, sebbene comprensibile: la qual cosa, se confermata, accende un’ulteriore luce, stavolta sulla dirigenza dell’istituto di credito. Anche questo sarebbe un classico. Le cose si sono complicate, fino a degenerare, quando la stessa cooperativa ‘per migranti’ sceglie di cedere avviamento e struttura ad un’altra società, una molto nota ed operante da anni, tra alti e bassi, proprio nel lucroso settore della gestione di questi centri. Ricapitolando: la coop contrae un mutuo da mezzo milione di euro; per ottenerlo servono garanzie e avalli; due soci firmano una fidejussione, uno dei quali però – a suo dire – sarebbe stato truffato perché non sapeva cosa stesse firmando. L’ha capito solo quando gli è arrivata la minaccia formale dell’esproprio di un suo cespite immobiliare (la casa, in pratica) da parte dei creditori, che, ovviamente, se ne fregano del come sia stata carpita quella firma, conta solo che ci sia. E che sia aggredibile. Punto. La vittima sostiene che avrebbe firmato perché la persona che gli chiese di farlo, pur di sua conoscenza, non era un dirigente della coop, non rivestiva alcun ruolo, era solo una figura di fiducia di chi controllava e gestiva la società cooperativa e, pertanto, quei moduli da sottoscrivere piovuti sul tavolo come fossero ‘carte’ di tutti i giorni, non ingenerarono in lui alcun sospetto. Questa persona sarebbe un consigliere comunale, i fatti si sarebbero verificati lo scorso anno, a carica istituzionale già ricoperta da tempo. Gli elementi di interesse a questo punto sarebbero due: il primo è che, appunto, c’è di mezzo un rappresentante delle istituzioni, il secondo è che il famoso brodo di coltura in cui è maturato il caso è rappresentato da questo universo caotico di soldi, cooperative e immigrati su cui è superfluo attardarsi ancora e che, quando incrocia la politica, rende a volte le cose piuttosto opache. Si vedrà. (pierre)





