Antonio Manzo
Anche stasera, nella pace del convento francescano di Eboli, don Maurizio Patriciello si dimostrerà prete fedele alla sua vocazione: annunciare il Vangelo. E, senza sociologismi di maniera, internazionalismi posticci o antimafia di facciata, ribadirà il messaggio di Dio dopo la grave minaccia subita in Chiesa con la consegna di un proiettile. Don Maurizio non sa che la sua carità deve essere pronta, arrivando a Eboli, a perdonare anche una statua di Gesù Cristo abusiva di ragguardevole altezza costruita da un boss della camorra, Roberto Procida,. La statua abusiva su un campo di calcio è stata condonata dalla Regione Campania con la modica cifra di 500 euro. Cristo non si fermò a Cioffi, al quartier generale del boss della camorra perché, il Padreterno, nella sua misericordia non riuscì a trovare parole cristiane per commentare l’accaduto nel silenzio ovattato che ad Eboli trovò. Il Cristo della camorra è ancora lì, ad Eboli, sulla Statale 18 che porta nel Cilento. Ad Eboli, se c’è di mezzo un boss della camorra nessuno parla. E ad Eboli don Maurizio potrà provare a far capire, insieme ai francescani, che in una realtà non si possono aspettare le “stese” della camorra per gridare contro la criminalità che ha soffocato e soffoca la città. Il boss può costruire, sistemare statue, tagliare gli alberi, fare quello che gli pare sugli ex suoli dell’Ersac, gestiti in comproprietà tra Regione Campania e Comune di Eboli. Il coraggio di contestare gli abusi al boss lo ebbero due dirigenti comunali, Lucia Rossi e Giuseppe Barrella. Ma la loro battaglia finì male con il condono della Regione. C’erano gli alberi, li hanno abbattuti. Le sterpaglie le hanno tagliate. Hanno spianato l’area, accanto al campo sportivo, costruito un fabbricato (abusivo) e sistemato la statua di Gesù alta tre metri. Don Maurizio sa che Eboli non è Oppido Mamertina dove la Madonna fu fatta “inchinare” per omaggiare l’anziano boss della ‘ndrangheta. Siamo, invece, ad Eboli dove la statua di un Cristo a braccia aperte alta tre metri, accogliente e benedicente come quello di Maratea seppure in scala ridotta, è stata piazzata e celebrata da un boss della camorra nella città dove fu rinvenuto una copia del Piano Regolatore di Eboli a casa del boss Pasquale Galasso. Dettagli antichi dell’antropologia politico-criminale che ha governato la città dopo il terremoto? Meglio guardare al futuro.. Cristo del boss è lì dove la strada era un tempo un rettilineo di asfalto e dove oggi, all’improvviso, ti consegna rotatorie con curve chicane più insidiose di un circuito sudamericano e con già un elenco di automobilisti morti in queste trappole. Sì, le rotatorie costruite anche a Cioffi dall’Anas con i consigli del boss che lì comandava. Sarebbe fin troppo facile e, forse, anche offensivo richiamare l’abusata letteratura della città del Sud miracolata dalla immaginaria «sosta» di Cristo per segnare una presunta e virtuosa frontiera della civiltà. Cristo ad Eboli non si è mai fermato. E, quindi, non è mai ripartito. Ma, stavolta, Cristo è stato cementato dalle mani della camorra ed è lì che si staglia tra asfalto e verde violato da oltre un mese sulla Statale 18. Perché qui, come scrive lo scrittore Francesco De Core nel suo libro-reportage sul sud Un pallido sole che scotta «la vera identità della Statale 18, quella che la rende unica nel suo disordine rispetto a qualsiasi altra via a scorrimento veloce di un’Italia che pare uguale dappertutto come una Las Vegas in trentaduesimo, è rappresentata dai caseifici». E anche da quella mozzarella “connection” che spesso diventa la strada più redditizia per riciclare il danaro sporco dei clan della camorra qui sempre attivi, tra vecchi leader ancora in servizio criminale permanente effettivo e insospettabili, ma non troppo, eredi delle nuove generazioni. Cristo benedicente è in uno slargo di un campo sportivo consegnato dalla Riforma Agraria ai beni del Comune ed ora “sequestrato” da anni dal boss tra i silenzi collettivi e interessati perfino ai voti del boss. Nessuno se ne accorse nè i Carabinieri del tempo, nè gli uffici comunali, né l’Anas perché c’era il rispetto per il boss che un giorno si autoproclamò presidente del comitato di quartiere Cioffi, A pochi passi dalla Marina di Eboli dove c’è degrado, violenza, sopraffazione, traffici vari, «sfruttamento dell’uomo sull’uomo», ricettazione, falsi permessi di soggiorno, furti, ricettazione, pedofilia, prostituzione, caporalato. E dove, scrisse un giorno il collega Peppe Rinaldi, la camorra si mise a braccetto con i terroristi algerini. Ma l’alleanza fu perdonata, in nome della internazionalizzazione e globalizzazione del mondo. Non si poteva ancora protestare contro Israele con la kepiah al collo.





