di Erika Noschese
L’allarme gonorrea si fa sempre più pressante in Europa, e in particolare nel Regno Unito, dove il Servizio Sanitario Nazionale (NHS) ha annunciato la prima campagna vaccinale al mondo contro questa malattia sessualmente trasmissibile. I dati sono chiari: nel 2023, l’Inghilterra ha registrato oltre 85mila diagnosi, il triplo rispetto al 2012. Anche in Italia i casi sono in aumento, sebbene in misura minore, con 2.355 diagnosi nello stesso anno. Un fenomeno preoccupante, legato a molteplici fattori, tra cui la diminuzione dell’uso del preservativo e la crescente resistenza del batterio agli antibiotici. Per approfondire questa tematica e capire le implicazioni di questa emergenza sanitaria, abbiamo intervistato il Dottor Giorgio Colarieti, direttore del Centro PMA dell’ospedale “Ruggi” di Salerno.
In Inghilterra la prima, storica campagna vaccinale al mondo contro la gonorrea.
«L’Inghilterra è una storia a parte. È un Paese che ha un certo tipo di popolazione: loro hanno malattie diverse dalle nostre, per il tipo di popolazione. Hanno tantissimi stranieri integrati, è completamente diversa come popolazione. Per tante cose c’è una profonda diversità tra noi e loro. Da noi è l’Hpv la malattia più diffusa. Le malattie sessualmente trasmesse da noi hanno un’incidenza abbastanza bassa: c’è qualche caso, sì, c’è una leggera ripresa come per la tbc (tubercolosi, ndr) ma è sempre una nicchia. Non abbiamo questa promiscuità che hanno in Inghilterra. Loro hanno il mondo a portata di mano, oserei dire. A Londra arriva il mondo, che è una cosa completamente diversa da noi. Loro hanno una promiscuità etnica che noi non abbiamo».
In Italia, però, i casi dichiarati di gonorrea superano il 2,3% della popolazione.
«Tenga presente che sono numeri su un anno, numeri che non sono sconvolgenti per qualunque malattia infettiva. In Italia non abbiamo la stessa promiscuità etnica: da noi il 90% degli stranieri che viene nel nostro Paese è composto da extracomunitari. Loro hanno pakistani, indiani e non solo. È una tradizione inglese quella di avere un mondo completamente diverso che da noi non esiste. Da noi è più frequente la clamidia, per dirne un’altra. Si tenga presente che le nostre gravide, per prassi, effettuano lo screening all’inizio della gravidanza; quindi, si ha la situazione sotto controllo come, d’altra parte, per sifilide et similia. È realmente bassa l’incidenza. Quando noi abbiamo copiato le loro linee guida, che furono poi introdotte in Italia dal Ministro della Sanità di allora, c’erano differenze importanti dettate dalla loro situazione sanitaria diversa dalla nostra su tantissime malattie, con tassi d’incidenza totalmente diversi».
Incide ancora troppo l’assenza di precauzioni.
«Guardiamo all’evoluzione dell’Aids: nasceva come malattia dei tossicodipendenti, poi è diventata degli omosessuali, poi attualmente non si trova più un positivo in queste categorie perché ormai hanno imparato e oggi è diffusa, nel 90% dei casi, tra gli eterosessuali. Entriamo in un discorso che si era sviluppato fortemente nel periodo dell’Aids, dove c’era un vero e proprio tabù su alcuni argomenti. Oggi ci sono due dati che hanno abbassato fortemente l’incidenza: uno è che non fa più paura questa malattia, perché i portatori, tutto sommato, con le terapie attuali, non riescono neppure a contagiare; due, la paura si è abbassata. È difficile trovare l’asintomatico, ma il rischio di infettarsi anche con una persona sieropositiva è molto molto basso. Spesso non si prendono nemmeno precauzioni perché la carica virale è ormai pari a zero, anche nel sieropositivo».
L’allarme europeo, quindi, può considerarsi in parte circoscritto?
«La nostra rimane una società non multietnica: ancora oggi è difficile vedere, salvo nel mondo della prostituzione, coppie di diversa etnia. Né sono integrati. Fanno parte di un mondo emarginato. In Inghilterra queste persone sono pienamente integrate, quindi cambia completamente la situazione. La coppia di etnia diversa in Inghilterra è la norma, qui è un’eccezione».
L’Oms parla in modo preoccupante dell’aumento di casi di gonorrea.
«In Italia non c’è l’obbligo di denuncia per queste malattie, se non per alcune malattie campione. I veri numeri non si conoscono, però i casi di gonorrea dichiarati sono più di 2300 su 100mila abitanti. Il problema delle malattie a trasmissione sessuale è che l’aumento è legato alla promiscuità dei rapporti, specialmente in considerazione del fatto che la fascia di età 20-24 fa utilizzo, in particolare in alcune situazioni, di sostanze stupefacenti. Questo incide sia sul fatto di non utilizzare precauzioni, sia perché sono completamente disinibiti da sostanze stupefacenti. Questo problema è di livello mondiale, con tutto quello che comporta».
Il fenomeno non è circoscrivibile, quindi.
«Quando prendo una malattia sessualmente trasmissibile, posso prendere contemporaneamente più di una malattia. Il discorso della vaccinazione da Hpv è stato riportato anche sugli uomini, perché c’è un rischio concreto, e non solo femminile, di Hpv sia a livello anale sia per le corde vocali. La gonorrea va vista in funzione di tutto il resto: è il problema sociale dell’aumento delle malattie sessualmente trasmesse, legate, soprattutto dopo il Covid, a un discorso di scarsa prevenzione e maggiore promiscuità, correlata con l’utilizzo di sostanze stupefacenti».
Sostanze stupefacenti e altri farmaci.
«Buona parte dell’utilizzo di questi farmaci, come il Viagra ad esempio, è legata anche a questo problema: chi assume sostanze, spesso, poi ha “problemi”, quindi deve integrare con stimolatori sessuali nel corso del tempo. Contrariamente a quello che si pensa, i consumatori maggiori di queste sostanze non sono gli anziani ma i giovani, perché chiaramente hanno problemi derivanti da abuso di sostanze, come ad esempio l’alcol, che diventano inibitori. Quindi sono costretti a integrare con questi farmaci».
Qual è la malattia sessualmente trasmissibile in maggiore aumento nella nostra area?
«L’aumento più sensibile a noi è l’Hpv. Nonostante gli screening, la vaccinazione e nonostante ci si aspettasse una sensibile diminuzione, c’è un aumento esponenziale, davvero altissimo, in tutte le fasce di età, perché è diffusissimo e questo rientra nelle malattie a trasmissione sessuale. Da qui poi si trova tutto il resto: tutte le malattie vanno a incidere. Il problema serio, per me che faccio Pma, si crea a livello riproduttivo in modo importante: clamidia, micoplasma e altre malattie sessualmente trasmissibili creano danni a livello tubarico, di tipo infettivo».
Come si può fare ad evitare questo tipo di infezioni?
«È importante la prevenzione, al di là del fatto dell’infezione contratta. È importante anche per il futuro di queste persone. Anche l’Asl a Salerno ha un laboratorio dedicato alle malattie sessualmente trasmissibili. Spesso le patologie si associano, per cui chi ha la clamidia è facile abbia anche qualche altra malattia. Uno dei problemi principali, per cui l’Oms è molto preoccupata sulla gonorrea, è che è qualcosa di trattabile con antibiotici, ma sui farmaci c’è una forte resistenza. Per cui sta diventando anche molto difficile curare queste persone. Prima la farmacoresistenza era bassa, oggi questi ceppi sono altamente resistenti alla terapia antibiotica; quindi, questo crea grandi problemi perché curarli diventa difficoltoso. È un problema sociale che sta diventando importante».
Il problema non riguarda solo la sempre più ampia diffusione della gonorrea, quindi.
«Vedendo il micoplasma, una persona su tre ce l’ha. Là per là non crea grandissimi problemi, ma molte volte si cronicizza e poi inizia a creare problemi seri, perché dà endometriti, problemi urinari, una serie di patologie importanti.
Il problema, più che altro, è economico: trovare 350 euro per uno screening completo è molto complicato, ma in una regione come la Campania dove non viene erogato alcun aiuto economico e non è convenzionabile un’attività del genere, la problematica è molto sentita. Qualche anno fa lo facevano quasi tutti, quando lo screening era attivo. Adesso c’è un 20% di popolazione che non ha i soldi per fare alcuno screening. Chi ha promiscuità di rapporti dovrebbe fare questi screening con una certa regolarità. Se si hanno rapporti a rischio, con sconosciuti, sotto effetto di alcol o stupefacenti, bisognerebbe fare controlli immediati e frequenti».





