di Alfonso Malangone*
Il Bilancio di Previsione non è un argomento in grado di accendere gli animi. Il documento è sostanzialmente privo di particolari ricadute, trattandosi di un elaborato destinato alla programmazione contabile delle attività che si dovrebbero svolgere nel corso dell’anno, e nei due successivi, laddove fossero confermati i presupposti tecnici ispiratori della stessa previsione. Proprio per questo, se è ben vero che le diverse norme in vigore ne impongono l’elaborazione secondo principi puntualmente codificati, nei fatti è divenuto un adempimento formale, eseguito nel rispetto di quelle disposizioni ma attuato secondo la libera volontà dei responsabili. Del resto, le norme offrono il quadro di riferimento, non dispongono comportamenti stringenti che potrebbero non essere adatti alle circostanza concrete. A chi opera materialmente le valutazioni, spetta solo di giustificare il motivo delle sue scelte. Per questo, il Bilancio di Previsione sarebbe da assimilare ad un mero esercizio contabile con il quale si espone quello che si vorrebbe fare se, e soltanto se, dovessero realizzarsi le condizioni ipotizzate. Cioè, esprime desideri, non certezze. Questo spiega perché la fase della previsione è seguita da altre che riportano i piedi per terra. In particolare, per le voci delle Entrate, è la procedura dell’Accertamento a definire l’effettiva dimensione degli incassi sostituendo numeri concreti a quelli frutto anche di semplici congetture, spesso neppure sostenute da analisi econometriche, come talune sono chiamate, ma solo applicando il vecchio metodo della ‘nasometria’. E, in verità, è d’uso definire ‘a naso’ o ‘a sensazione’ le elaborazioni prive di parametri specifici, pur se disponibili in gran quantità sui siti specializzati. In tali casi, non potrebbero mancare i dubbi sul livello di affidabilità del documento per la possibile presenza di sovrastime, volte ad aumentare gli incassi, e sottostime, per diminuire le spese, al fine di salvaguardare l’equilibrio finanziario complessivo. Come a dire: “in guerra, amore e bilanci, tutto è permesso”. Ovviamente, questo non significa che il Bilancio di Previsione sia inutile, ma solo che non può essere assunto come sicuro riferimento per un giudizio sul futuro, almeno per i tre anni della programmazione. In ogni caso, fatte queste premesse, non possono essere evitate plausibili osservazioni sul Preventivo di quest’anno, approvato in Giunta il 28/02 e all’esame del Revisori per il prescritto parere. E’ noto che Salerno è stata la prima Città d’Italia, tra 7.896 (fonte: Istat), per quota pro-capite di Disavanzo e Debito a fine 2021 (fonte: 24Ora). Un primato ce l’ha, sia pure in fondo al pozzo. Ed è una delle 7 (SETTE), a parte le Metropolitane, ad aver aderito al decreto Aiuti per il riequilibrio in 20 anni, fino al 2044 (fonte: Camera). In tal modo, ha ottenuto una moratoria di due anni per la possibile dichiarazione dello stato di dissesto, mentre gli Amministratori hanno beneficiato di uno scudo, egualmente biennale, contro le responsabilità personali, pure patrimoniali, previste dalla normativa (fonte: decreto Aiuti). E’ anche noto che, per questo, la situazione finanziaria è sottoposta a monitoraggio semestrale da parte del Ministero delle Finanze. Ora, sembra che, nei primi due anni, le rate di rientro non siano state pienamente rispettate: nel 2022 a causa di un Residuo Attivo stralciato dai Revisori; nel 2023 per un importo non noto, perché manca ancora il Consuntivo, in forza di una minuscola nota a pag. 45 della Relazione al Bilancio di Previsione. Così, a causa della scadenza del periodo biennale, il documento potrebbe essere puntualmente esaminato dal MEF visto che, nel triennio, deve essere assicurato il rimborso di ben € 66.760.431,24.
Questa eventualità avrebbe dovuto indurre ad essere ‘più realisti del re’ nell’elaborazione dei prospetti e delle tabelle. Eppure, non sembra sia andata proprio così, salvo errore, al punto che da più Consiglieri è atteso con indubbio interesse il parere che il Collegio dei Revisori dovrà rilasciare prima della delibera d’Aula. Su questo aspetto, però, è necessario essere chiari. Ai sensi dell’art. 239 del Testo Unico Enti Locali, che elenca tutte le attività di competenza dell’Organo di Controllo, l’intervento si sostanzia in una verifica tecnica di carattere preventivo in ordine alla regolarità del documento rispetto alle prescrizioni legislative. In particolare, deve essere verificata la congruità delle spese e la loro coerenza con i progetti avviati e da avviare mentre, per le entrate, va espresso un giudizio sull’attendibilità dei relativi incassi. A seguito, poi, di mirati approfondimenti, il Collegio è tenuto a formulare osservazioni, raccomandazioni e suggerimenti. La loro relazione, tuttavia, ha solo la natura di ‘parere’ non vincolante. Il che significa che il Consiglio può tenerne conto, ma anche no, assumendo la totale responsabilità della previsione. All’opposto, se fossero i Revisori ad astenersi dal formulare rilievi, sarebbero essi stessi responsabili nella veste di pubblici ufficiali con conseguenze civili, penali e anche patrimoniali, laddove presenti. Vista la criticità della situazione, forse converrebbe adottare tutte le cautele del caso. Salvo errore. Sul Bilancio in questione, ci sono diverse voci meritevoli di migliore analisi. Ce ne sono tre, però, davvero anomale per la loro mancata quantificazione: – il Fondo pluriennale vincolato per Investimenti, il Fondo crediti di dubbia esigibilità; il Fondo contenzioso e spese legali. Il primo, che assicura la continuità tra gli anni delle somme impegnate per le opere, incide direttamente in diminuzione del Risultato di Amministrazione, mentre gli altri due lo assorbono secondo le rispettive quote. Per tutti, ci sono precise pronunce della Corte dei Conti sulla necessaria presenza in fase di previsione. E’ singolare, quindi, che il Fondo Pluriennale non sia stato valorizzato e che per quello dei Crediti sia stato omesso l’accantonamento per possibili mancati incassi su IMU e Addizionale Irpef, assumendo per certi gli importi forse valorizzati con ottimismo. Invece, è fortemente criticabile l’assenza di qualsiasi previsione per il Fondo contenzioso in relazione a potenziali esborsi riferibili alle molteplici controversie in atto, anche pluri-milionarie, come per i box di Piazza Cavour e di Corso Garibaldi. Ovviamente, laddove fossero state effettuate cautelative scritturazioni, sarebbero mutati tutti gli equilibri e, con essi, le coperture dei rimborsi da fronteggiare. Salvo ogni errore. Sono gradite rettifiche. Adesso, non resta che attendere il ‘parere’ dei Revisori per capire, fino in fondo, se siamo arrivati al fondo. Sarebbe doveroso, in queste condizioni, spiegare e chiarire e, forse, spetterebbe alla nuova Assessora al Bilancio assumere questa iniziativa. I cittadini hanno il diritto di sapere se davvero c’è il rischio che il MEF possa contestare i risultati, con le drammatiche conseguenze già segnalate. Peraltro, se è vero che il Governo ha stanziato un Fondo di € 50milioni a sostegno delle Città in rientro, è anche vero che esso sarà erogato se in regola con i rimborsi (fonte: Camera). E, a quanto sembra, non lo siamo. Così, davvero i cittadini rischiano di ‘farsi male’ per dover pagare, perdendo anche i residui beni comuni per alienazione a terzi, nel vano tentativo di colmare una voragine che sta inghiottendo i loro sacrifici.
*Ali per la Città
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