La Festa di inverno della Paesologia ideata e diretta da Franco Arminio - Le Cronache Attualità
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La Festa di inverno della Paesologia ideata e diretta da Franco Arminio

La Festa di inverno della Paesologia ideata e diretta da Franco Arminio

Le porte di quasi tutte le case erano curiosamente incorniciate di stendardi neri, alcuni nuovi, altri stinti dal sole e dalla pioggia, sì che tutto il paese sembrava a lutto, o imbandierato per una festa della Morte. Seppi poi che è usanza porre questi stendardi sulle porte delle case dove qualcuno muore, e che non si usa toglierli fino a che il tempo non li abbia sbiancati.” L’incontro con la morte riempie la prima visione che Carlo Levi ha di Gagliano (Aliano, senza la forzatura del dialetto locale), suo paese di confino che racconterà nel romanzo autobiografico “Cristo si è fermato a Eboli” pubblicato da Einaudi nel 1945, dieci anni dopo il suo esilio in Basilicata per conto del regime fascista.  In questo borgo lucano, dove Levi volle essere seppellito mantenendo la promessa fatta ai suoi abitanti, Franco Arminio organizza da tredici anni il festival estivo “La luna e i calanchi” che, per il primo anno, presenta anche una versione invernale, in programma dal 29 dicembre al 1° gennaio, ospitando poeti, scrittori, musicisti, attori, filosofi, antropologi, danzatori, artisti e cultori gentili. Un grande e gioioso raduno con migliaia di persone provenienti da tutta Italia e oltre che vivono con gli abitanti del territorio, spesso ospitati nelle loro case o nei campeggi attrezzati per l’evento. Aliano registra meno di mille abitanti e le difficoltà di tutti i paesi dell’entroterra del Mezzogiorno ma con una forte vivacità culturale. Merito dei numerosi musei, centri e attività culturali che si svolgono tutto l’anno e, certamente, anche del festival della paesologia, un luogo di relazione tre le persone che vogliono ragionare sul futuro dei piccoli paesi e dare spazio alle ipotesi di azione da mettere in campo ad Aliano e altrove. La festa della Paesologia, anche nella sua versione invernale, non è una somma di esibizioni artistiche né produce un divertimento di massa; è piuttosto una festa di riflessione e condivisione che mette insieme la suggestione dell’antico e la passione del nuovo con al centro il paese e il suo paesaggio. Alla festa invernale, che accompagnerà all’inizio del nuovo anno, parteciperanno artisti e scrittori noti, come Davide Rondoni, N.A.I.P., Pino Gala, Donpasta, Renzo Rubino, Peppe Lanzetta, insieme ad altri emergenti. L’elemento comune è la voglia di fare comunità, di reagire a un mondo che produce più guerre che sogni, generando un deserto di solitudine e depressione.

 

Arminio, la mission del festival da te ideato e diretto è la costruzione ad Aliano di una comunità capace di infondere fiducia nella vita dei piccoli borghi che vivono il lento e inesorabile fenomeno dello spopolamento a cui rispondi con la tua poetica della “restanza”. Qual è la chiave per dare un futuro ai territori che non appartengono più a quel mondo contadino “negato alla Storia e allo Stato, eternamente paziente” che Levi scoprì novant’anni fa e presentò al mondo intero? La chiave è dare una nuova funzione ai luoghi, leggendo la loro storia e scoprendo l’essenza profonda che li caratterizza, senza artifici. I Calanchi, ad esempio, sono costituiti da terre aride, non coltivabili e ritenuti, per secoli, non generatori di reddito con l’agricoltura. Con il festival, sono stati riscoperti in una nuova funzione: luoghi di performance artistiche, canti, balli, passeggiate al tramonto. Vent’anni fa, erano stati individuati per ospitare una discarica; oggi sarebbe impensabile perché, anche con il festival, abbiamo valorizzato la sacralità di quei luoghi che sono diventati attrattivi e meta per migliaia di visitatori che giungono da varie parti d’Italia e oltre. La cultura è uno straordinario strumento di educazione e di crescita per produrre valore e Aliano è un esempio di come un luogo di esilio possa diventare luogo di accoglienza.

 

A riguardo, il tuo festival coniuga arte e ambiente in un connubio non asservito alle logiche del puro consumo culturale e capace di parlare oltre i confini della Lucania e del Sud, all’Italia intera. Il nostro Paese è pronto e attento ad ascoltare un nuovo racconto – tanto importante quanto necessario – di riscoperta e insieme di valorizzazione “d’un altro mondo all’interno del nostro mondo”, parafrasando Calvino nella prefazione (ancora attuale) del “Cristo”? La prima questione da affrontare è che al Sud è in corso una emorragia causata da ferite antiche e gli interlocutori principali non ci sono più o vivono altrove: abbiamo bisogno di azioni virtuose per dare seguito e valorizzare quello che c’è, per poi raccontarlo al mondo. Se qui Carlo Levi ha ambientato il suo capolavoro “Cristo si è fermato a Eboli”, raccontando la sua esperienza da esiliato, oggi in questo piccolo paese lucano si svolge un evento e varie attività culturali che rappresentano una gioiosa ambizione di rinascita, in antitesi allo svuotamento dei paesi. Ma, per fare ciò, vi è bisogno di una nuova classe creativa che rimanga o torni alle origini e la politica deve gettare le basi per un nuovo corso, fatto di investimenti che valorizzino il capitale umano.

 

Restando in tema, sei nato e vivi a Bisaccia, un borgo di poco più di tremila anime nell’Irpinia orientale, nel cratere del tragico sisma del 1980 di cui hai scritto: “a distanza di alcuni decenni dal terremoto, dei morti è rimasto poco, dei vivi ancora meno”. Dopo gli anni della ricostruzione che ha deturpato lo skyline di molti paesaggi e prodotto una nuova forma di povertà, la desolazione, le aree interne del nostro Paese sono tornate ad essere al centro del dibattito politico con il Pnrr che prevede investimenti per la rigenerazione culturale, sociale ed economica dei borghi a rischio abbandono o già abbandonati. Come ripensare queste aree che definisci “intense”? Tutto dipende dal paniere di azioni che si metteranno in campo per trattenere i giovani che sono rimasti e attrarre chi invece è andato via.  Io li definisco “gli allenatori dei paesi”, ragazzi che con la loro formazione e senso identitario possono cambiare il corso della storia. Affinché ciò avvenga, è necessario investire sulle persone invece di pavimentare dieci volte la stessa piazza. Azioni legate più all’immateriale che al materiale per creare un cantiere della fiducia che produca entusiasmo e speranze.

 

E la fiducia è leitmotiv del tuo lavoro di poeta-paesologo con lo sguardo rivolto ai paesi e alle periferie, pronto ad ascoltarli e sentirli nel profondo, per dare una nuova speranza alla gente; una fiducia che definisci “contagiosa e ricambiata, contro gli scoraggiatori militanti o i profeti estetizzanti dell’Apocalisse”.  Un lavoro continuo che comunichi in prosa e con documentari, nell’organizzazione di eventi culturali e in televisione, quest’anno con la conduzione de “La biblioteca dei sentimenti” su RaiTre dove racconti le grandi emozioni dell’umanità attraverso i libri e un confronto con le nuove generazioni. Quale ritieni sia il ruolo dell’intellettuale oggi e il valore della parola, in particolare della poesia? Bisogna mettere al centro il tema dell’istruzione. Da anni, il sistema scolastico ha ridotto il livello minimo richiesto di conoscenze e competenze. Si è di fatto passati dalla formazione del cittadino a quella del consumatore con un venir meno del pensiero critico e divergente: per pensare serve il pensiero ed è il linguaggio a formarlo. Gli intellettuali dovrebbero far sentire la loro voce e la poesia resta uno strumento potentissimo perché arriva dritta al cuore. Io cerco di fare la mia parte, non si può dire in astratto, e ognuno deve fare la propria altrimenti vince chi, intanto, resta in silenzio.

 

Concludiamo ritornando ad Aliano, punto di partenza e non di arrivo: cosa attende i visitatori che giungeranno nel paese dei Calanchi per vivere una tre giorni intensa che li accompagnerà fino alla prima alba del nuovo anno?  La grande novità sta in una mancanza: i visitatori non troveranno un palco al centro della piazza principale del paese per assistere al concerto di Capodanno. Protagonista del festival è una comunità provvisoria – costituita dagli abitanti del paese, gli artisti invitati e i visitatori – che vivono una nuova umanità fatta di volti ed emozioni: non abbiamo bisogno di un’umanità astratta, artificiale ma di impazzire per un abbraccio. La festa sarà anche l’occasione di presentare la candidatura di Aliano a Capitale italiana della cultura per il 2027.  Questa candidatura conferma la scelta degli amministratori di puntare sulla cultura come punto di forza dell’economia locale; un modo per ribadire l’intreccio di poesia e impegno civile all’insegna di questa ambiziosa idea guida: piccolo paese, grande vita. Vito Leso