di Marco De Martino
SALERNO. Con il suo barbone da pirata e quella fascia nei capelli alla Rambo, Davide Moro incute timore e rispetto negli avversari già solo a vederlo. Il centrocampista tarantino, ma empolese d’adozione, ha letteralmente cambiato volto alla Salernitana. Dopo un paio di apparizioni anonime, dovute soprattutto alla scarsa condizione atletica seguite ad un lungo periodo d’inattività, Moro a partire dal match con il Benevento ha sfoderato una serie di prestazioni impressionanti. Lotta, corre, strappa i palloni dai piedi degli avversari ma sa anche gestire il gioco, smistarlo alla perfezione con lanci millimetrici per i compagni e, come ha dimostrato sabato scorso contro la Reggina, è anche capace di gol sensazionali. Il missile che ha incenerito Kovacsik, oltre ad essere uno dei gol più belli di questa stagione, ha sicuramente una valenza fondamentale dal momento che ha svegliato una Salernitana abulica ed ha messo paura ad una Reggina spavalda. Solo chi non conosce Moro però può meravigliarsi della prodezza balistica di cui è stato capace. Ad Empoli di reti ne ha messe a segno poche, ma quando l’ha fatto sono state delle perle di rara bellezza. Due esempi su tutti. Il 19 marzo 2013, esattamente due anni fa, Moro realizzò al Braglia di Modena, durante il match tra il Modena ed il suo Empoli (finito 3-2 per i toscani), un gol molto simile a quello messo a segno sabato (clicca qui per guardare). Qualche mese più tardi, l’8 settembre 2013, Moro bissò la prodezza in Empoli-Trapani (clicca qui per guardare). L’eurogol siglato all’Arechi non è dunque un caso ma una prodezza frutto di una caratteristica nelle corde di Davide Moro. Che, per la verità, ne ha un’altra: quella di essere un grande cantante. Mercoledì scorso, nell’ormai proverbiale serata trascorsa alla Compagnia del Concord tra il buon cibo ed il karaoke del mitico Massimiliano “Piuma”, il centrocampista si è esibito in due canzoni con un coefficiente di difficoltà altissimo come “We are the champions” dei Queen e “Nessun dorma” la celebre romanza della Turandot di Giacomo Puccini. Una vera ovazione dei suoi compagni ha salutato la sua performance, soprattutto dopo l’acuto “vincerò” da vero tenore. Anche perché Moro si è concesso una piccola licenza poetica, cambiando il celebre “all’alba” con altre due paroline: “a maggio”…