di Monica De Santis
“Trovo che sia interessante che si metta sotto osservazione il tema dell’attività culturale della città di Salerno. Perché questo vuol dire che un minimo di interesse c’è. Mi auguro solo che questo dibattito non sia solo per la stampa, ma che sia un sentimento collettivo abbastanza sentito da tutti”. Così Peppe D’Antonio, fondatore e patron di Linea D’Ombra, interviene sul dibattito culturale che da qualche settimana sta animando la nostra città… “Trovo che nella città di Salerno ci sia una fervente attività culturale. Che ad alcuni può piacere, ad altri meno, ma il dato di fatto è che ci sono molte attività culturali, alcune di queste di pregevole qualità. E non soltanto sul piano locale, ma anche sul piano nazionale e in qualche caso anche sul piano internazionale. Quindi iniziamo a dire che in una città piccola di 130mila abitanti circa il fatto che si abbia, quattro o cinque attività che si svolgono in vari periodi dell’anno e poi una miriade di piccole attività, ma piccole nel senso di grandezza non nel senso di importanza, che però ti danno la sensazione che anche dal punto di vista dei giovani intellettuali, qualcosa si sta muovendo. Cosa che lo possiamo dire, fino a qualche anno fa sembrava praticamente fermo. Sto parlando del recupero degli spazi storici, sto parlando del gruppo di Blam, sto parlando di quest’attenzione nei confronti della periferia. Io trovo che sia un elemento molto interessante. Poi c’è però da fare un altro step in questo ragionamento. Ovvero chiedersi se tutte queste attività sono messe a sistema? La risposta che posso dare a questa domanda è purtroppo una sola. Questo sistema è caotico. E questo è il problema vero”. Dunque D’Antonio pone l’attenzione sull’organizzazione di tutte le attività culturali, che ad oggi si muovono tutte, per certi versi, in maniera indipendente e solitaria. Pensiero questo condiviso nei giorni scorsi anche da altri operatori culturali, che avevano parlato della necessità di fare gioco di squadra, di lavoro in sinergia tra enti pubblici ed operatori culturali… “Nei due anni e mezzo in cui Antonia Willburger è stata assessore alla cultura, ha tentato di fare un’operazione di questo genere e per un periodo ci è anche riuscita. Ma questo è un lavoro lungo, che non si può pensare di concludere in un anno o due. Perchè poi si tratta di fare un calendario delle attività, di capire come promuovere, di fare un sito web che in qualche modo le renda visibili a coloro i quali vengono a Salerno. C’è un problema di metterle a sistema nel senso di collegarle l’una all’altra per evitare sovrapposizioni, per dare una corretta calendarizzazione. E poi c’è anche un problema di promuovere alcune di queste. Cioè nel senso che sono attività che possono apparire in questo momento piccole, marginali, però hanno una grande potenzialità di crescita. Ecco su questo va fatto un vero e proprio investimento”. D’Antonio continua a puntare l’attenzione su quelle quattro/cinque manifestazioni che comunque non possono non essere considerate un evento per la città di Salerno… “Sono manifestazioni che per storicità, vedi la mia che è arrivata alla 27esima edizione, altre sono importanti quanto la mia se non di più addirittura. Ebbene credo che alcune di queste andrebbero tutelate dalle istituzioni, in modo tale che possano programmare le loro attività nel corso, non di un anno per un altro, con un problema di ricerca dei finanziamenti molto complicata, ma almeno con una programmazione su tre anni. Questa è una riflessione che si sta avendo anche a livello nazionale. In diverse associazioni di cui faccio parte come festival di cinema, tutti si stanno ponendo il problema di non rendere annuale il finanziamento pubblico ma di triennalizzarlo. In modo che, chi ottiene il contributo economico, può triennalizzare il proprio intervento. Potendo contare su un finanziamento stabile, si può programmare anche le attività, che non necessariamente si devono svolgere un mese per un altro, ma a lungo termine”. Ma come si può creare questa condizione? “Francamente non saprei. Ma di certo aprirei una discussione su questo versante, perché credo che sia fondamentale. C’è bisogno di un’altra istituzione? Di una fondazione? Non lo so. Le mie capacità di riflessione a questo punto si fermano qui, però se si iniziasse a parlarne insieme, alla fine una soluzione a questa problematica, la si potrebbe sicuramente trovare. La cosa che a me sembra piuttosto preoccupante è il fatto che non si crei sistema tra i vari attori. Il commercio, gli alberghi, i ristoranti, non sono coinvolti nelle iniziative culturali della città. Sembra che questi segmenti possano fare anche a meno delle attività culturali. Ma non è così. Sono legati tra di loro. Commercio e turismo è legato al mondo culturale. Come le attività culturali non possono non essere indifferenti alla promozione delle attività commerciali, che possono diventare da supporto, da attrattori e in qualche modo moltiplicatori dell’offerta dei singoli eventi culturali. Quando uno viene qui per vedere Linea D’Ombra, o Tempi Moderni, o il Premio Charlot, poi deve mangiare, poi probabilmente deve dormire, poi probabilmente vuole fare un po’ di shopping e questo cosa significa? Significa che anche questi segmenti andrebbero legati l’uno all’altro e messi a sistemi”. Però a questo punto torniamo alla domanda che in tanti si sono posti nei giorni scorsi, perchè avere solo un delegato alla cultura e non un assessore alla cultura, spettacolo e turismo, come accade in quasi tutte le città italiane? Perchè a Salerno da oltre 20 anni si continua a dividere un assessorato che invece dovrebbe viaggiare insieme? “Su questo potrei dare tante risposte. La prima che mi viene in mente è sulle elezioni comunali di quest’anno. Una vicenda singolare, non bisogna dimenticare che dietro c’è stata un’esperienza che ha tirato fuori completamente i Progressisti per Salerno dalla giunta. Senza contare che il Pd non si presenta con una sua lista e non si sente, ma questa è una lamentela che faccio da tempo e della quale mi sono anche stancato. Posso solo pensare che se il Pd non si sente, vuol dire che non ha niente da dire. Quindi credo che questa separazione dell’assessorato sia frutto anche un po’ di questo. E’ pur vero che dalla prima volta che Guerra è stato nominato assessore che ha ricevuto la delega solo alla cultura. E che sento spesso fare questo tipo di riflessione anche in altre città. Non sono assolutamente convinto che due cose debbano necessariamente viaggiare insieme. Però certo se sono insieme sicuramente il risultato sarebbe maggiore”. Va anche detto che il grosso dei fondi, per non dire tutti i fondi si trovano nel settore spettacoli, quindi chiunque gestisca la delega alla cultura, non ha molto margine di manovra… “Questa è una cosa che ho detto anche in altre circostanze. Il fatto che non possiamo immaginare che questo segmento, quello della cultura, ha risorse abbastanza scarse. Mentre le risorse del segmento spettacolo non sono esorbitanti, ma non sono ben distribuite, perchè ci sono delle attività che oggettivamente assorbono moltissimo, rispetto ad altre attività che invece devono cercare i propri finanziamenti o a livello regionale, o a livello nazionale o con sponsor privati. Anche questa è una questione sulla quale prestare attenzione. Senza un finanziamento pubblico è impossibile, in questa fase particolare, provare a fare cultura. Non soltanto in Italia ma ovunque. Sono rarissimi i casi in cui ci sono attività culturali che riescono a reggersi o ad autofinanziarsi se non si tratti ovviamente di attività storiche come il Festival di Salisburgo. Credo che siano uno o due casi al mondo di manifestazioni che vendono biglietti a sufficienza per ripagare quasi completamente del costo. Tutti quanti gli altri hanno bisogno dell’intervento pubblico. Allora scontato che l’intervento pubblico è necessario. Scontato che deve organizzato in modo tale da rispondere, in qualche modo, ad un bisogno collettivo, ma anche di individuare progetti di lungo termine che qualche volta possono rimanere stabili, forse è questo che deve essere all’ordine del giorno, nel momento in cui Ermanno Guerra ritornerà ad essere ufficialmente il delegato alla cultura. Che debba aggiungersi il turismo alla delega, posso essere d’accordo all’80%, ma nel frattempo inviterei a fare una riflessione attenta sull’importanza dell’attività culturale”. E su quanto sia importante l’attività culturale per l’intero paese, lo si è visto durante il periodo del Covid, come spiega proprio Peppe D’Antonio… “Noi abbiamo durante il periodo del covid, la perfetta, netta sensazione di quanto fosse importante quella rete culturale che regge una comunità, senza la quale la comunità non si riconosce in nulla e corre il rischio di sbandamenti che sono diventati molto eclatanti in circostanze varie, in altre città, fortunatamente meno a Salerno. Le gang giovanili, questa movida violenta, ti da la sensazione di una sfilacciamento che si è andato a determinare, perché per due anni alcune attività che erano presidi di relazioni sociali si sono spente, si sono dovute chiudere, non hanno funzionato, come i cinema, i teatri, i luoghi di fruizione della musica. Questo evidentemente si è spostato in una dimensione completamente diversa, come dire l’ansia di vita collettiva che però l’ha fatta diventare con una variante violenta che però è preoccupante anche come tendenza. Ecco perchè sono convinto che adesso è importante che Ermanno Guerra, prenda in mano la questione della cultura in maniera integrale, insieme ovviamente al sindaco Vincenzo Napoli, che poi debba aggiungere il turismo, francamente lo lascio sospeso. La cosa importante è che abbiano un dialogo molto serrato con l’assessore al turismo Alessandro Ferrara, perchè mi pare evidente che le due cose non possono viaggiare separate. L’ho già notato in un’altra circostanza, anche per quanto riguarda il commercio. Perchè quando si fa un’attività sulla promozione commerciale, bisognerebbe ricordare che un pezzo della promozione, anche delle attività cittadine, avviene con le attività culturali, che portano migliaia di persone in città e le mettono in condizione anche di usufruire e di godere di ciò che offre la città da questo punto di vista. Certo questo è un discorso molto lungo da fare ed anche molto complesso. In realtà non ci sono scorciatoie o semplificazioni, perchè ovviamente, come si può immaginare, quando si parla di questo tipo di attività sorge immediatamente il problema perchè a questo si e a quell’altro no, come si fanno i bandi, perchè non si fanno i bandi, quali sono gli spazi che vengono concessi. Diciamo che questi sono problemi, ovviamente, ma secondo me bisognerebbe fare lo sforzo di guardare un po’ più in alto e di cominciare a capire che è importante riprogettare, non perchè non ci sia una qualità culturale molto forte e vivace, ma vanno riprogettate le relazioni e il sistema che tutta l’attività culturale della città di Salerno in qualche modo esprime. Per fare questo ci vuole tempo, come ho già detto, non è una cosa che si fa dall’oggi al domani”. Alcuni mesi fa lei è stato il promotore di un incontro tra alcuni operatori culturali della città di Salerno ed il sindaco Vincenzo Napoli, in primis per chiedere un assessore alla cultura e poi anche per fare un punto proprio sulla cultura in città. Ora che è stato nominato il delegato alla cultura, pensa di organizzare un altro incontro con lui, aprendolo anche ad altri operatori della città, che non erano presenti al primo incontro? “Assolutamente si. E sicuramente sarà un incontro che sarà aperto a tutti gli operatori culturali della città. Il primo incontro, spiegai che era solo un primo ascolto per un gruppo di persone che erano quelle che conoscevo meglio, ma non volevo escludere nessuno, non ci penso minimamente. Anzi, una delle cose, che mi ha chiesto Ermanno Guerra e mi hanno chiesto per la verità anche altri, è riprendere quel discorso e se possibile farlo diventare qualcosa anche di più grande. Io puntavo ad una conferenza di servizio che si dovesse fare non troppo lontana nel tempo. Una conferenza dove non devono parlare tutti, altrimenti sarebbe un problema. Deve essere una conferenza di servizio per sentire anche voci diverse, che nascono da fuori dalla città, che ci vengono anche a dire che cosa ha significato ad esempio per Pesaro, per Rimini, per Bologna, l’attività culturale e come è stata progettata, con che risorse, come far funzionare determinate iniziative. Credo che noi abbiamo bisogno di un confronto oltre le mura cittadine, altrimenti rimaniamo chiusi dentro il perimetro urbano e continuiamo il rischio di continuare a scambiarci attenzione l’uno con l’altro senza avere una prospettiva esterna. Da parte mia ho tutta l’intenzione di spingere Ermanno Guerra affinchè lui possa diventare un vero e proprio city manager per la cultura e perché si faccia quest incontro diciamo aperto a tutti per ascoltare e per provare in qualche modo a trovare una traccia, una linea che reinventi non le attività culturali, ma un sistema culturale della città. Perchè lo ripeto, Salerno, letta nelle sue individualità, secondo me è particolarmente vivace e credo che regga il confronto con qualsiasi altra città medio grande d’Italia. Quindi da questo punto di vista direi che sbaglia chi dice che non c’è attività culturale a Salerno, al contrario c’è molta attività culturale, tantissima e sono tutte molto importanti e molto belle e fondamentali, per quella rete che ho detto di collegamenti di attività e di comunità. Ma adesso è, credo, che sia arrivato il momento di capire come fare per tenerle insieme ed anche come sostenerci. Sapendo una cosa che molte di queste attività sono legate al sacrificio e alla vocazione di chi le organizza. Ecco, questo è un vantaggio per la città, ma al tempo stesso è anche un limite. Faccio un esempio, partendo proprio da me. Io tengo tantissimo alla mia manifestazione e quindi continuerò a farla fino a quando ne avrò la forza. E poi? Ecco questo è il limite, perchè bisogna capire che questi eventi non sono più solo del gruppo che gestisce Linea d’Ombra, o Salerno Letteratura, o Tempi Moderni, o Premio Charlot, o la danza o il coro. Questi eventi dovrebbero diventare qualcosa che va oltre l’esperienza singola di chi le ha pensate ed organizzate. Serve una struttura tale che possa pure prescindere da chi le ha inventate. Una struttura che guardi ai prossimi vent’anni non ai prossimi due mesi. E questo probabilmente è un altro compito che dovremmo affidare ad Ermanno Guerra”. Poi D’Antonio conclude tornando sulla questione dei fondi… “Dobbiamo spingere affinchè l’amministrazione comunale metta più fondi a disposizione per il settore cultura o che se ne vadano a cercare altri. Ma soprattutto mi auguro che questi fondi vengano gestiti e suddivisi dal nuovo delegato alla cultura, che deve avere pieni poteri sul settore cultura, ma per averlo ha bisogno senza ombra di dubbio di risorse economiche, altrimenti sarà difficile costruire un sistema culturale che faccia crescere ulteriormente la nostra città”.