di Antonio Abate
Già dal prossimo autunno il rischio fondato è quello di trovare sugli scaffali dei supermercati i barattoli di conserva di pomodori con il prezzo aumentato. Per le tante famiglie abituate a fare la classica provvista alle porte dell’autunno l’ipotesi di una sensibile ma soprattutto inattesa variazione di costi è davvero seria. La stagione 2021 è stata caratterizzata da una serie di eventi negativi che determineranno un calo della produzione ed un’impennata dei prezzi. Le cosiddette ‘voci’ da smarcare sono tante: le impreviste alluvioni di luglio, la sopraggiunta siccità ed il caldo torrido di questi giorni, la mancanza di manovalanza (soprattutto autotrasportatori), le difficoltà nel reperire le materie prime per la realizzazione dei barattoli e per finire i costi di produzione lievitati del 10 – 15%. Insomma, un quadro problematico che rischia di mandare in malora anche quello fin qui raccolto, con le conseguenze che è facile intuire. I produttori della Campania e soprattutto della Puglia, con l’area di Foggia in testa, stanno pagando un dazio enorme per il calo della produzione che sfiora il 20%, con una perdita che al momento può essere quantificata in circa 10 milioni di euro, secondo una stima della Cia Campania, l’organizzazione di categoria degli agricoltori. E la nostra regione sta per subire un ennesimo danno perchè è in Campania che si registra la presenza della stragrande maggioranza delle aziende che si occupano di lavorare il pomodoro raccolto. Le prime avvisaglie a metà luglio quando alluvioni e grandinate avevano fatto danni sulle molte piante e pomodori in fase di crescita, danneggiandole in modo irrimediabile. A questi eventi climatici inusuali si sono aggiunte poi le altissime temperature dell’ultima decade di luglio e di questo scorcio di agosto con danni aggiuntivi sulle piante. Il caldo torrido e l’assenza di acqua hanno provocato uno shock termico ed idrico dai guasti irrimediabili. Per questo la stessa Cia ha chiesto al Ministero per le Politiche Agricole, Alimentari e Forestali di attivare interventi mirati per gli agricoltori come fatto l’anno scorso in occasione degli effetti della pandemia su tutta la filiera. Un fatto ancora più assurdo se si considera che difficilmente si raggiungeranno le quantità prodotte del 2020, nonostante quest’anno il Centro Sud, complessivamente, abbia fatto registrare un aumento del 14% delle superfici coltivate a pomodoro, col dato assoluto che si attesta a 32.540 ettari. La questione è che gli effetti sono amplificati anche da non meno gravi problemi di natura logistica, ovvero dalla crisi dell’autostraporto e la reperibilità delle materie prime come la banda stagnata per realizzare i barattoli. E’ quasi surreale che non si trovi chi trasferisca il pomodoro dalla sede di coltura a quella della lavorazione. E quel poco che si è salvato nei campi rischia di finire che marcisca nei depositi o, peggio ancora, bruci sulle piante. «Stiamo lavorando a pieno ritmo – afferma Pasquale D’Acunzi dell’azienda conserve alimentari Fratelli D’Acunzi che produce a marchio “La Carmela” – ma la verità è che non si riesce a fare fronte al trasporto dei pomodori che rischiano di restare sui campi a marcire, non si trovano gli autisti e spesso la motivazione, dobbiamo dircelo, sta pure nel reddito di cittadinanza. Poi bisogna aggiungere anche che ci sono i tempi di carico e viaggio che vengono conteggiati allo stesso modo e questo incide non poco su tempi e costi. E’ stato chiesto anche al ministero di intervenire e regolare meglio la questione ma fino ad ora tutto resta ancora così. E’ assurdo che a decidere la sorte del pomodoro siano gli autisti» Anche la difficoltà di reperire la materia prima per i barattoli sta influenzando la produzione: «Della carenza di banda stagnata sapevamo già da tempo ed abbiamo cercato di organizzarci. Ma se sgarri nella produzione ed hai necessità di ulteriori barattoli li paghi cari e non con tempi certi». Per D’Acunzi a mettere in difficoltà l’industria conserviera campana non è la concorrenza cinese, come si dice in giro, ma gli aumenti delle varie voci che compongono i costi di produzione: «Sono i fattori di costo a determinare i prezzi. Se si tiene conto che l’energia è raddoppiata, il gas è arrivato a tre volte tanto, lo smaltimento del CO² a due volte. Mettiamoci anche gli aumenti dei prezzi per lo scatolame ed il quadro è fatto. Solo il pomodoro, per ora, non ha avuto nessun sbalzo di quotazione. Speriamo sia così anche in futuro». Resta il fatto che in Italia, la campagna di produzione dell’estate dell’anno scorso si chiuse con un incremento (+8% rispetto al 2019) dei quantitativi conferiti all’industria conserviera nazionale. Nel 2020 furono conferiti all’industria circa 5,16 milioni di tonnellate di pomodoro fresco. Un risultato che difficilmente verrà realizzato nel 2021.