È lui la voce che, affacciandosi dalla Loggia centrale di San Pietro, pronuncerà le parole più attese dalla cristianità in occasione di un nuovo conclave: ”Habemus Papam”. Il cardinale francese Dominique Mamberti, attuale protodiacono del Collegio cardinalizio, è molto più di un cerimoniere del momento: è il volto di una lunga carriera vissuta tra diplomazia, fede e mediazione internazionale. Nato a Marrakech nel 1952 da genitori originari della Corsica – durante il periodo del protettorato francese in Marocco – Mamberti incarna quella geografia umana e culturale che ha sempre attraversato i confini. Ordinato sacerdote per la diocesi di Ajaccio, la sua formazione e il suo destino sono presto orientati alla diplomazia vaticana. Dopo gli studi presso la Pontificia Accademia Ecclesiastica, entra nel servizio diplomatico della Santa Sede e viene assegnato a missioni delicate in Africa e America Latina. Ma è con Papa Benedetto XVI che Mamberti raggiunge il vertice della diplomazia vaticana, diventando nel 2006 Segretario per i Rapporti con gli Stati, una sorta di ”ministro degli Esteri” del Vaticano. In quell’incarico si è confrontato con dossier cruciali: dalla libertà religiosa alle relazioni con l’Islam, dal dialogo con la Cina alle tensioni in Medio Oriente. Nel 2014, sotto Papa Francesco, viene nominato prefetto del Supremo Tribunale della Segnatura Apostolica, la più alta corte di giustizia della Chiesa. Il cappello cardinalizio arriva nel 2015, consacrandone l’autorevolezza e il profilo internazionale. Ora, come cardinale protodiacono, a lui spetta il compito simbolico e solenne di annunciare al mondo il nuovo pontefice. Un gesto breve, ma ricco di significato, che mette il sigillo a un processo spirituale e politico, antico e moderno. Uomo riservato, elegante nei modi, colto e poliglotta, Dominique Mamberti rappresenta una delle figure chiave della diplomazia ecclesiale del nostro tempo.
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