di Matteo Gallo
Educare i giovani all’uso consapevole e responsabile delle nuove tecnologie per formare buoni cittadini digitali. E’ il delicato e importante compito che la professoressa Cinzia Lucia Guida, dirigente del liceo classico De Sanctis, inserisce tra le priorità della scuola pubblica italiana. Laurea in architettura e diploma di pianoforte, secondo la preside salernitana «lavorare in questa direzione risponde non solo a esigenze di sicurezza ma anche alla necessità di far comprendere le opportunità offerte dal progresso in un settore strategico e sempre più centrale nella vita di ciascuno di noi promuovendo, allo stesso tempo, un pensiero critico senza mai abbassare la guardia. La tecnologia» chiosa «è al servizio dell’umano, non il contrario».
Dirigente Guida, come si diventa buoni cittadini digitali?
«Acquisendo le competenze necessarie per muoversi in modo responsabile in questo ambito. Le giovani e giovanissime generazioni hanno familiarità e abilità con i nuovi strumenti tecnologici, da internet alle piattaforme social ad esempio, ma non un’adeguata consapevolezza dei rischi».
Qual è, secondo lei, lo stato di salute complessivo della scuola pubblica italiana?
«La scuola vive un momento particolare. E’ tra due fuochi. Da una parte la sfida al rinnovamento per effetto delle nuove tecnologie e per le esigenze di un mondo in continuo e rapido cambiamento. Dall’altra parte la volontà di affermare con forza e orgoglio la propria storia, le proprie radici. Talvolta quest’ultimo aspetto diventa una sofferenza».
Che cosa la scuola potrebbe – e dovrebbe – fare di più oggi?
«Sinceramente mi interrogherei su cosa potrebbe e dovrebbe fare di meno. Siamo presi da così tante iniziative, progetti ed eventi che sarebbe il caso di fermarsi a riflettere sull’attività curricolare».
Che cosa invece potrebbe – e dovrebbe – fare di più la politica per il mondo della scuola?
«La politica dovrebbe mettere realmente la scuola al centro della propria agenda sostenendo e valorizzando il suo lavoro. A scuola si costruisce il futuro dei nostri ragazzi e quello del mondo intero».
Com’è cambiato nel corso degli anni (riforma dopo riforma) il ruolo del dirigente scolastico?
«E’ molto cambiato e rischia di diventare troppo simile a quello di un burocrate».
Di chi, o di cosa, la principale responsabilità?
«Il contesto gestionale, organizzativo e didattico nel quale siamo chiamati a operare è molto diverso rispetto al passato e sicuramente più complesso».
Troppo, complesso?
«Didattica, inclusione, disabilità, edilizia scolastica, alunni con difficoltà di apprendimento, collaboratori scolastici, assistenti amministrativi, iscrizioni, norme. Sono tanti e differenti gli ambiti in cui oggi la scuola è chiamata a muoversi. Sarebbe auspicabile, come avviene in generale nella pubblica amministrazione, la nomina di dirigenti responsabili e soprattutto competenti per ogni specifico settore anche all’interno dell’istituzione scolastica. Inoltre, se posso aggiungere…»
Prego.
«Un dirigente scolastico era e resta ‘primus inter pares’, primo tra pari. Non bisogna mai dimenticarlo. In quanto ‘primo’ ha il dovere di guidare l’istituzione scolastica ma, allo stesso tempo, di questa istituzione e della sua comunità resta solo una delle parti che la compongono. E’ il lavoro di squadra a rendere possibile l’impossibile».
Dal suo osservatorio – senza dubbio privilegiato – le giovani generazioni di oggi in cosa sono più fragili rispetto a quelle che le hanno precedute?
«Sono più forti e inclini ad accogliere i cambiamenti. Sono più fragili nei confronti delle difficoltà della vita. Senza persistenza e insistenza non si possono raggiungere traguardi importanti. E oggi, purtroppo, manca un senso profondo del sacrificio».
L’alleanza educativa scuola-famiglia è in crisi?
«E’ diventata più complicata. Da parte delle famiglie esiste talvolta un eccesso di delega nei confronti della scuola al quale però non corrisponde un’adeguata consapevolezza del lavoro che ogni giorno la scuola, tra tante difficoltà, svolge nell’interesse dei ragazzi».
L’impoverimento del linguaggio giovanile, anche e soprattutto per effetto dell’uso intensivo della tecnologia come strumento di comunicazione e relazione, ha subito un’accelerata diventando vera e propria emergenza.
«Bisogna (ri)partire dai libri e dalla lettura. Nella nostra scuola abbiamo una biblioteca con più di cinquantamila volumi a disposizione degli studenti e di tutta la città. E’ stata fondata nel 1999. Ne siamo orgogliosi».
Educazione ai sentimenti: la scuola fa abbastanza?
«L’educazione ai sentimenti è insita nella scuola in quanto istituzione fondata sulle relazioni tra studenti e tra studenti e docenti. Premesso questo, il contributo di professionisti esperti ed esterni può risultare decisivo per aiutare i ragazzi a comprendere e a liberarsi di quelle emozioni profonde che molto spesso restano contratte o peggio ancora inespresse».
Autonomia scolastica: di nome e anche di fatto?
«Per molti aspetti l’autonomia esiste solo sulla carta. Non su quello strettamente didattico. In questo caso esistono adeguati margini di manovra per creare percorsi di studio personalizzati».
Personalizzazione e orientamento sono le parole d’ordine del mondo della scuola nel tempo presente?
«Personalizzazione e orientamento fanno parte della scuola da sempre, tuttavia oggi hanno una strutturazione differente e anche maggiore eco sul piano della comunicazione verso l’esterno. Personalmente, nutro qualche perplessità sull’efficacia dei percorsi per l’orientamento dei ragazzi. Certo, possiamo avvalerci di figure altamente qualificate ma ho il timore che delle volte tutte queste potenzialità possano disperdersi e che, in questo modo, non si arrivi a formare ragazze e ragazzi realmente consapevoli delle proprie scelte future».
La realizzazione di un Polo scolastico per fronteggiare la cronica mancanza di aule e laboratori è secondo lei una soluzione condivisibile o impraticabile?
«Per come oggi è strutturata la scuola pubblica italiana, senza adeguate e opportune riforme sostanziali alla sua “architettura”, la ritengo una soluzione impraticabile».
Progresso e nuove tecnologie: anche la scuola è chiamata ad “abitare” un tempo nuovo. Una vera e propria sfida dell’innovazione per dare agli studenti le chiavi di lettura del futuro. A che punto siamo?
«Con il Piano nazionale di ripresa e resilienza stiamo perfezionando e completando – mi riferisco alla scuola che dirigo – il lavoro già avviato da tempo ma che era necessariamente al palo per la mancanza di adeguate risorse finanziarie».
Un’ultima domanda. Chi sono stati, negli anni della formazione, i suoi maestri?
«Il mio professore di italiano alle scuole medie. Un docente straordinario che aveva la capacità di spalancare le porte di infiniti collegamenti per dare a noi studenti la possibilità di formulare, con autonomia e libertà, le risposte alle sue domande. E poi la mia storica insegnante di pianoforte. Una donna molto discreta e signorile. Una baronessa. Ne conservo ancora oggi un ricordo luminoso».