di Giuseppe D’Alto La premessa del pm Vincenzo Senatore, prima della discussione della requisitoria, aveva già fatto intuire che non sarebbe stato tenero nei confronti dei 15 imputati del crac della Salernitana Sport. “Cinque anni e mezzo per Aniello Aliberti”: questa la richiesta avanzata nei confronti del principale attore (viso sempre più cupo durante la requisitoria e poche parole a fine udienza) della vicenda che ha portato al default dello storico sodalizio calcistico. Pubblico ministero che ha precisato davanti ai giudici della seconda sezione penale del Tribunale di Salerno (presidente Siano): “Ci troviamo di fronte al deragliamento di una società di grande portata sull’opninione pubblica ma si tratta sempre di una società di capitale e qualsiasi riferimento alle disfunzioni della giustizia sportiva sono destinate a restare sullo sfondo nel valutare la portata delle accuse”. Come dire: la vicenda della mancata iscrizione della Salernitana Sport poco c’entra con l’inchiesta sul fallimento della società. Il pm, che riferisce di aver redatto una memoria difensiva di 105 pagine (“la mia tesina”), ripercorre punto per punto i principali passaggi che hanno portato al crac del club e la conseguente inchiesta. “Al 31/12/2013 l’attivo registrato dalla curatela è 25milioni di euro a fronte di 55milioni di euro con debiti ipotecari pagati per il 69%. Nello specifico sono da saldare deviti privilegiati per 48milioni e chirografari per 6 milioni”. Lo sbilancio evidenziato -precisa il pm- già rappresenta un aggravante. Senatore entra nel dettaglio dei capi d’accusa ad iniziare dal compenso percepito da Aliberti in virtù del suo ruolo di presidente. “Lui stesso ha riferito di rimborsi spesa per finalità legati alla società quali il pagamento di premi ai calciatori, ai singoli agenti e via discorrendo. Che il tema del pagamento a “nero” nel calcio sia ricorrente non è argomento in discussione ma va, una volta di più evidenziato che si tratta di sempre di una violazione al regolamento vigente. Un’obbligazione naturale assunta da Aniello Aliberti e non dalla Salernitana. Siamo di fronte ad una diminuzione del patrimonio del club”. Distrazione, dissipazione: termine sui quali il pm insiste nel corso della discussione ed, in particolare, anche quando si sofferma sui 65mila euro spesi per affrontare il campionato di Terza categoria. “Non c’è stata giustificazion eper questi soldi fino al 5 gennaio 2009”. Cifra che viene fuori in occasione della discussione della richiesta di custodia cautelare per l’ex patron granata davanti al Tribunale del Riesame. Il pm, nel bacchettare commercialista e collegio sindacale, evidenzia come il dissesto della Salernitana sia iniziato “con la retrocessione dalla massima seria e non certo nel 2004. Queste situazioni non si manifestano mai all’improvviso ma in virtù di una serie di debiti che si accumulano nel tempo. Già tra il 1998 ed il 1999 il commercialista Raia parlava di espedienti contabili”. Come viene evidenziato per la vicenda Shala. “Singolare che un giocatore svincoltato venga pagato 1.250.000 euro. Come ha evidenziato l’avvocato Grassani può accadere nel mondo del calcio ma in questo caso-come evidenziato dal legale- è strano che un mediatore (Beltrami attraverso la Belsport ndr) si trasformi in ipotecario della parte in causa”. Inoltre il pm evidenzia come la firma di acquisizione delle quote della Cff, società lussemburghese che controllava la Salernitana, sia falsa e che la stessa scrittura non sia stata evidenziata fino al Riesame del 2009. “Come mai la Belsport non ha mai chiesto di accedere agli atti? E come poteva gestire un club in dissesto una società dal capitale sociale di 16mila euro che è stata costituita nel 2004 e messa in liquidazione il 10 maggio del 2006. “Non possiamo considerare la tesi della bancarotta dichiarata. I soldi escono dalla Salernitana per Aliberti e Aliberti srl per poi restituirli alla Salernitana Sport sotto forma di ricapitalizzazione”. Per il pm si tratta di un mero espediente contabile. Il magistrato fa un passaggio anche sui sessantamila euro versati a Giuseppe Soglia: “un pagamento senza giustificazioni”. L’ultimo passaggio riguarda gli investimenti immobiliari. Il pm si chiede come mai al luglio del 2001 il massimo dirigente abbia deciso di fare simili investimenti nonostante avesse già acquistato un terreno a Giffoni (Castel Rovere) e quel bene non fosse stato ancora valorizzato. “Perché l’investimento in una fase in cui la Salernitana fu costretto a mettere in vendita Di Michele, il suo miglior giocatore, per sistemare i conti in vista dell’iscrizione al campionato”. Viene evidenziato come la Salernitana acquisti a prezzi elevati l’albergo di San Giuseppe Vesuviano: 11 miliardi rispetto ai 3 pagati dalla Lifecom alla Cofim, società di fatto collegata alla Salernitana. Analoga operazione viene fatta ad ottobre con l’Agricola Boschi per un terreno. Anche in questo caso si tratterebbe per il pm di un espediente “che non ha nessun aspetto riparatorio”. Per il pm, quello operato da Aliberti e gli altri indagati, è un disegno programmato con ampio dispiegamento di risorse, uomini e mezzi anche al di fuori dei confini nazionali (evidenziando le operazioni fatte in Svizzera e Lussemburgo). Disegno che ha portato alla richiesta di condanna per l’ex presidente della Salernitana.
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