di Michelangelo Russo
E’ il marzo di quest’anno. La Direzione Generale dell’ex Genio Civile di Salerno riapre una cava di pietrame ad Ottati; nel cuore del Parco del Cilento. E, metaforicamente, dà un pugno in un occhio al Procuratore Generale della Corte d’Appello di Salerno; e, nell’altro occhio, alla Sovrintendenza BAAS. La vicenda è iperbolica, e purtroppo dimostra ancora una volta la necessità di un crescendo di attenzione della Giustizia salernitana non solo alla delinquenza comune, ma anche alle “stranezze” di comportamenti non chiari, spesso, delle istituzioni locali.
Stavolta credo che la Regione Campania, non proprio attentissima alla tutela di ambiente, paesaggio, arte e cultura del territorio campano (e salernitano) l’abbia fatta grossa davvero.
Tanto da suscitare l’ira vera e propria del Sovrintendente BAAS di Salerno che, sia detto a suo onore, ha impugnato dopo pochi giorni il decreto di riapertura della cava di Ottati dinanzi al TAR con una violenza di contestazioni che fanno rabbrividire, nel leggere le approssimazioni tecniche e professionali degli uffici regionali così come colpite dai fulmini della Sovrintendenza.
Ma guardiamo i fatti: nel 2015 la Procura Generale di Salerno, nella persona di un magistrato coraggioso e tenace come la dottoressa Antonella Giannelli, addetta, tra l’altro, al contrasto all’abusivismo tramite gli abbattimenti, realmente portati a termine, delle opere abusive, riesce a realizzare, per la prima volta in Italia, un ripascimento ambientale in una devastante cava abusiva che sfregia tutto il paesaggio montano di Ottati, nel cuore del Parco degli Alburni. Lottando contro l’assoluta inerzia della Regione, Giannelli smuove mare e monti sorretta dal Vice Procuratore Generale di allora Aldo De Chiara. Insieme riusciranno ad ottenere dal Ministero della Giustizia la somma di 200.000 euro per una straordinaria impresa di ripristino ambientale, ripristinando il paesaggio, e con esso lo spirito e la storia di un territorio periferico e splendido, abbandonato dalla strafottenza della Regione Campania. L’indifferenza e l’incuria della Regione vengono denunziate pubblicamente dallo stesso Avvocato Generale Aldo De Chiara, che non nasconderà, nelle interviste rilasciate all’epoca, la sua amarezza per la solitudine in cui fu lasciata la Magistratura in quell’opera benemerita. Detto questo, la riapertura della cava di Ottati, con decreto del Dirigente dell’8/3/2022, va a scassare il paesaggio di Ottati che i giudici hanno aggiustato. Viene consentita la proroga (a dire del Direttore una proroga di un permesso del 2010) della coltivazione della cava su particelle di montagna attigue perfettamente al terreno aggiustato con tanta fatica dalla Giustizia. Il rilascio del permesso del Direttore avviene, ovviamente, dopo la convocazione di una conferenza di servizi; dove c’era la Provincia, il Comune di Ottati, la Protezione Civile, la Comunità Montana degli Alburni, l’Ente Parco Nazionale del Cilento, e, infine, per disgrazia del Direttore Regionale che ha riaperto la cava (e per fortuna, diciamo noi!), la Sovrintendenza BAAS di Salerno. La conferenza si sviluppa in più sedute di rinvio, anche causa Covid, che finiscono il 9 febbraio di quest’anno; va detto che tutti gli uffici e gli enti intervenuti danno il loro parere positivo al rilascio dell’autorizzazione, senza nulla osservare. Unico parere contrario è quello della Sovrintendenza. Cioè dell’unico ufficio che rappresenta lo Stato italiano in prima persona. Gli altri protagonisti sono espressioni pur sempre locali. Finora, quindi, la tutela del paesaggio del Bel Paese la sta facendo solo lo Stato, dal 2015, nelle due espressioni del potere Costituzionale della Giustizia, e del Ministero dei Beni Culturali (preposto alla difesa della nostra immagine nel mondo fondata sull’Arte e la Cultura!). Non si capisce lo strano silenzio dei piccoli enti locali, sul tema primario della tutela dell’ambiente nazionale.
Vedremo nella prossima puntata che ha fatto, e come interpreta la legge nazionale, la Regione Campania.
Michelangelo Russo