di Pina Ferro
Respinto l’appello della Procura di Nocera Inferiore sulla misura cautelare degli arresti domiciliari richiesta a carico del presidente di Salerno Pulita, Enzo Bennet, indagato nell’ambito dell’inchiesta su presunti fallimenti pilotati. La decisione è arrivata nella giornata di ieri da parte dei giudici del Tribunale del Riesame. La decisione dei magistrati motiva, in via generale, il rigetto con una totale infondatezza dello stesso, specificando nelle 35 pagine di ordinanza, le ragioni di fatto e di diritto che hanno condotto al respingimento delle richieste avanzate dall’accusa. In modo particolare, così come era stato evidenziato dall’avvocato di Vincenzo Bennet, difeso da Michele Tedesco, il Tribunale del Riesame definisce “inattendibili” e prive di alcun riscontro oggettivo le dichiarazioni rese dagli accusatori: De Clemente e Mandara. Per quest’ultimo l’ordinanza va anche oltre parlando di un chiaro interesse personale, nei fatti che sono stati oggetto di una lunga attività investigativa e di ben due richieste, entrambe rigettate, di applicazione di misura cautelare nei confronti di Vincenzo Bennet. L’ordinanza, emessa e già esecutiva, definisce “oltremodo fantastica” la ricostruzione dei fatti, proposta dai due soggetti che avevano sporto denuncia nei confronti di Bennet, da cui ha avuto inizio l’attività di accertamento da parte della Procura della Repubblica. Analogamente a dirsi per quanto riguarda Francesco Mandara che, per come emerge in atti, lungi dall’essere indifferente ai fatti narrati era, invece, portatore di un proprio interesse, attesi i diversi rapporti economici e finanziari da lui intrattenuti con i fratelli De Clemente. Invero, il Mandara, oltre ad essere il legale della società De Clemente Conserve spa, attraverso la società S.G.P.I. e Consulting srl (di proprietà delle figlie e della moglie) di cui era amministratore, era socio della società Iron box srl, società quest’ultima di cui era invece amministratore Storace Valentino, che partecipava alla vendita degli immobili per conto della De Clemente Conserve spa. Riguardo al primo dei suindicati profili, appare chiaro che le dette dichiarazione risultino, innanzitutto, inattendibili ex sé. Invero, il De Clemente rappresenta una richiesta di danaro formulata dagli indagati D’Antonio e Scala, nella qualità di curatori fallimentari, per il tramite del Bennet, suo consulente, ed al fine di evitare il prosieguo delle azioni giudiziarie da loro intraprese ai danni della procedura esecutiva intentata su uno dei beni della fallita, procedura esecutiva di cui il De Clemente non era parte, non rientrando tra i creditori istanti, ma nella quale si aggiudicava la provvisoria assegnazione del bene medesimo. Orbene, detta ricostruzione appare inverosimile sotto diversi aspetti, innanzitutto, le azioni legali intentate dai curatori del fallimento iniziavano già prima che il De Clemente si aggiudicasse il bene, laddove i predetti promuovevano un’azione ex art. 700 c.p.c., per far sospendere la procedura esecutiva, ed altra ex artt. 615 e 617 epe avverso l’esecuzione intrapresa dagli istituti di credito, sospettando che i detti istituti procedessero in virtù di un contratto di mutuo nullo che li privava del carattere fondiario e, quindi, della possibilità di agire nonostante il sopraggiungere della procedura fallimentare. In sostanza, gli unici a dolersi di dette attività potevano essere, in quel momento, al più gli istituti di credito, onde non si comprende come tali azioni, peraltro correttamente motivate sotto il profilo giuridico, possano essere individuate come concussive e strumentali in danno della società De Clemente, salvo ad ipotizzare che, a quella data, la detta società sapesse già di essere futura aggiudicatala dei beni. Anche l’azione giudiziaria intrapresa ex art. 519 ter epe aveva ad oggetto atti della procedura esecutiva ed in particolare gli atti del delegato alla vendita, perciò il procedimento si trovava ancora in una fase antecedente all’aggiudicazione, in ogni caso in una fase in cui non era palese l’interesse della De Clemente Conserve spa. Analogamente a dirsi per il reclamo ex art. 669 terdiecies epe proposto dalla curatela avverso la decisione del giudice Bobbio, che, anziché annullare il provvedimento di vendita, disponeva il rinvio delle vendite ad altra data, ovvero ci troviamo ancora una volta in una fase che non interessava in via diretta la società De Clemente, ma che atteneva solo alla regolarità della procedura esecutiva e che al più poteva essere di intralcio agli interessi dei creditori esecutanti. Orbene, in questa fase, prima che intervenisse o nonostante intervenisse il provvedimento di sospensione delle operazioni di vendite del 7.6.2018 non notificato però al delegato alle vendite, la De Clemente Conserve spa depositava, in data 12.06.2018, offerta in busta chiusa, ovvero in questo momento la detta società partecipava in modo effettivo alla procedura, acquisendo un concreto interesse alle dette attività. “Ho sempre avuto profonda fiducia nel lavoro della Magistratura”, dichiara Vincenzo Bennet, “sebbene sia rimasto rammaricato per non aver potuto essere sottoposto ad un formale interrogatorio da parte della magistratura inquirente. In questo modo, ne sono certo, avrei potuto chiarire, senza ulteriori perdite di tempo, la mia assoluta estraneità ai fatti che mi sono stati contestati e per i quali, già nel 2019, la Procura della Repubblica di Napoli aveva chiesto e, poi, ottenuto la archiviazione da parte del Gip”