Questa sera, alle ore 21, il sipario del massimo cittadino si leverà sul critico d’arte il quale illustrerà l’opera del genio lombardo
Di OLGA CHIEFFI
La vita di Caravaggio è la storia di un conflitto pressoché ininterrotto con la società del suo tempo ancora sotto il trauma per gli effetti della Riforma e la Chiesa impegnata nella sua glorificazione. Egli rifiutò il manierismo, avventurandosi con la sua pittura in scenari che apparvero blasfemi agli occhi degli “accademici” e ai dettami iconografici imposti dalla cultura dominante, civile e religiosa. La difesa strenua delle scelte artistiche ha dato al nostro paese e all’umanità un corpus d’opere innovative che sono state per lungo tempo misconosciute e solo grazie alla mirabile opera critica e storica del Longhi è stato posto tra i grandi della nostra pittura di tutti tempi. Caravaggio, oltre alla genialità pittorica, ha avuto il merito, correndo il reale pericolo di finire nelle mani dell’inquisizione, di portare la divinità tra gli uomini che vivono il dramma e la sofferenza e li ha posti nei volti dei santi, immagini che mandavano in bestia i difensori dell’iconografia ufficiale. La sua breve esistenza fa risaltare ancora più il coraggio e la difesa strenua della sua opera e delle sue scelte. Una società che non lo amava lo lasciò morire solitario a soli 33 anni. La sua vita, se si volesse sintetizzare nei tempi canonici della tragedia, avrebbe la pienezza tragica del teatro classico, orbata però del “deus ex-machina”, perché non vi potrebbe essere il lieto fine per la catarsi finale. Questa sera, alle ore 21, il sipario del massimo cittadino si leverà su di un percorso dotto e insieme accessibile attraverso la vita e la pittura rivoluzionaria di Michelangelo Merisi, in cui ci accompagnerà Vittorio Sgarbi, uno spettacolo teatrale composito, coinvolgente e generoso arricchito dalle musiche dal vivo di Valentino Corvino e dalle immagini delle opere più rappresentative delle opere del genio lombardo curate dal visual artist Tommaso Arosio. Vittorio Sgarbi porta a teatro, con la formula della lectio magistralis monografica, uno spettacolo che nella sua essenzialità colpisce e rapisce lo spettatore, anche quello accorso forse più per la fama televisiva del personaggio. Dai soggetti giovanili, vere e proprie istantanee di vita caricate allegoricamente di significati simbolici e richiami sessuali, alla rappresentazione di prostitute e corpi deformati dalla malattia, come nel Bacchino malato; all’irriverente capovolgimento di canoniche rappresentazioni religiose, esemplare il Riposo nella fuga in Egitto, in cui San Giuseppe e il suo coinvolgimento fisico nei confronti di una angelica figura femminile, diventano i veri protagonisti del dipinto. Fino alle realistiche rappresentazioni di martirii e decapitazioni, che ossessivamente riproduceva nella fase finale della sua breve vita, e in cui egli stesso sceglie di immortalarsi, in un tentativo di espiazione dopo essersi macchiato della colpa di omicidio. Ritraendosi nella testa decapitata di Golia assassinato, diventa egli stesso vittima, in un contrasto in cui male e bene si sovrappongono, come il buio e la luce delle sue tele. Nelle sue opere non più corpi perfetti e sublimati dalla bellezza come era stato fino ad allora, dunque, ma soggetti reali, volti deformati dalla paura della morte e dalla malattia, espressioni e pose realistiche ritratte nell’attimo esatto in cui i protagonisti delle tele lo stavano vivendo. Caravaggio anticipa di secoli quello che sarà possibile soltanto con l’invenzione della macchina fotografica, il Merisi coglie l’attimo, ferma sulla tela emozioni, racconta la vita poco prima della morte, come avrebbe fatto soltanto la fotografia, secoli dopo, per raccontare l’orrore delle Guerre Mondiali.