di Pina Ferro
Per rifarsi il guardaroba Ernesto Sica spende 45mila euro. Somma che non è riuscito a versare all’atelier di riferimento. Una drastica perdita di peso aveva imposto al primo cittadino di acquistare un gran numero di capi da sfoggiare nelle occasioni pubbliche ed anche in vista degli impegni politici per un’ipotetica candidatura alle imminenti consultazioni per il rinnovo del Parlamento Europeo. Per “vestirsi” Sica si rivolge all’atelier del suo amico di vecchia data Mancini. Al termine degli acquisti al primo cittadino venne recapitata una fattura di 45mila euro, soldi che non disponeva in quanto in quel periodo stava affrontando un periodo negativo per quanto concerneva le finanze. A quel punto Mancini propose di sottoscrivere dei “pagherò”, le classiche cambiali. Ma anche di fronte a tale proposta Ernesto Sica chiarì di non essere certo di garantire il pagamento. In nome dell’amicizia che li legava, il commerciante rassicurò sica che il ritardo nel pagamento di qualche giorno non comportava alcun problema. Sica firmò le cambiali senza neppure controllare, a suo dire, che in realtà stava girando effetti sottoscritti da altra persona. Una disattenzione che mette in difficoltà, non poco, il primo cittadino che deve giustificare anche agli inquirenti una grave leggerezza. Ernesto Sica in quel periodo si trovava ad attraversare un periodo finanziario molto difficile al punto che in taluni casi interviene la famiglia per risolvere i debiti. L’intervento della famiglia si concretizza con la vendita di alcuni beni in modo da monetizzare ed accorrere in soccorso del primo cittadino. La madre di Ernesto Sica si è anche rivolta per un prestito a Giovanni Attanasio, noto imprenditore e patron di Lavorodoc. (pieffe)