di Monica De Santis
Blas Roca Rey è sicuramente tra gli attori teatrali più amati e apprezzati. Noto anche per le sue numerose partecipazioni a fiction e film di grande successo. Vanta nel suo curriculum una nomination agli Oscar per la sua partecipazione al cortometraggio “Exit” di Pino Quartullo e Stefano Reali che fu candidato come miglior corto. Peruviano di origine, figlio di uno scultore, è padre di quattro figli, due dei quali impegnati nella musica… “Rocco, il mio secondo figlio fa il musicista, studia musica da quando aveva 6 anni. Francisco che è il terzo, ha 16 anni e frequenta ancora il Liceo compone rap. Paolo, invece che è il mio primo figlio, ha 29 anni ed ha deciso di voler seguire le mie orme. Fa l’attore, anche se inizialmente ho certo di fargli cambiare idea. Non perché ci fosse qualcosa di sbagliato nel fare l’attore, ma semplicemente perché è una carriera difficile, dove le delusioni sono tante, molte di più delle gioie. E poi c’è la piccolina Anna, che ha 3 anni ed ha stravolto la mia vita, sono innamorato di lei. Un po’ come tutti i padri con le figlie”.
Che padre è?
“Non sono un mammo, questo è certo. Anzi quando qualcuno mi definisce così mi arrabbio. Sono un padre che cerca di essere presente, partecipe delle loro esperienze di vita. Ho quattro figli, nati da tre diverse madri. La cosa che adoro di più è riuscire a tenerli tutti e quattro con me. Non è una cosa semplice, però ci riesco spesso ed è bello, anche se hanno età e madri diverse, è bello vedere che vanno d’accordo e che hanno piacere a stare del tempo non me”.
Ma come ha vissuto questo tempo sospeso?
“Come tutti, preoccupato, rassegnato, attonito. Per un attore che vive e racconta emozioni questo stato di cose, questo clima che vivevamo mi ha colpito molto, dandomi sensazioni ed emozioni contrastanti. Comunque ho anche cercato di prendere le cose buone che questa situazione per quanto terrificante, ci stava donando. Ad esempio ho potuto godermi mia figlia. Visto il mestiere che faccio, che poi è lo stesso di mia moglie Monica Rogledi, non sto molto a casa. Mi sono divertito a giocare con lei. Giocavamo talmente tanto che la sera ero distrutto.
Quali impegni di lavoro ha dovuto annullare o rinviare a causa di questo Covid-19?
“Due lavori. Il primo è uno spettacolo teatrale “La Schiava di Picasso”, del quale sono il regista e che vede come protagoniste mia moglie Monica e Rossana Casale. Dovevamo debuttare l’8 marzo, ma siamo riusciti a fare solo la prova generale. Poi invece avevo programmate 5 repliche dell’Odissea, spettacolo riscritto in parte anche da me. Ed anche queste sono saltate. Ora aspettiamo e vediamo come procede la situazione e riusciamo a rimettere in scena entrambi i lavori. Poi avevo anche in programma due concerti – spettacolo con un gruppo musicale di Roma. Io dovevo fare la voce narrante e loro avrebbero eseguito brani di musica cilena”.
Ha nuovi progetti, nuove idee che potremmo vedere prossimamente in teatro?
“Difficile parlare di progetti nuovi. Adesso lo scopo di tutti è quello di cercar di recuperare le date che sono state annullate durante questi mesi. Diciamo che l’inizio della prossima stagione teatrale vedrà girare in tutt’Italia, ovviamente se le condizioni lo permettono, quegli spettacoli che non si sono potuti mettere in scena da marzo ad oggi. Io, comunque, due progetti teatrali nuovi li ho. Però non ne parlo per scaramanzia, posso solo dire che in uno dei due progetti è coinvolto il regista catanese Giovanni Anfuso. Sono due progetti che se tutto va bene vorrei proporre per la prossima estate. Ma per ora è presto, ne riparliamo tra qualche mese”.
Che cosa rappresenta per lei il teatro?
“La mia casa. Quando sto in teatro è come quando sto a casa, in pantofole. E’ una cosa meravigliosa, fare teatro è ogni volta un’esperienza unica. Sono molto legato al teatro, sono legato al contatto con il pubblico. E’ un rapporto che non si può spiegare. Quando si è in scena senti la presenza del pubblico, senti il calore, percepisci le loro emozioni e capisci anche se ciò che stai proponendo piace oppure no. Tutte cose che con la televisione o con il cinema arrivano dopo, quando il prodotto viene messo in onda. Invece in teatro tutto è immediato, tutto è più veloce e sincero”.
Tra i tanti spettacoli fatti uno che non rifarebbe mai più?
“Uno c’è. Ma non perché era brutto lo spettacolo. Non lo rifarei perché la mia compagna di scena era terribile. E’ stata una tortura quella tournèe, ovviamente non faccio nomi per correttezza, ma se potessi tornare indietro non accetterei più quella scrittura”.
Invece il suo rapporto con il cinema?
“Mi ritengo una persona molto fortunata. Ho lavorato con registi incredibili come Muccino, Maselli, Longoni, solo per citarne alcuni. Mi piace il cinema, un po’ meno del teatro, però mi piace. Poi ho tanti bei ricordi. Con Muccino ad esempio siamo grandi amici. Con lui ho fatto una serie di cortometraggi. Era proprio agli inizi della sua carriera. E poi mi ha voluto in due dei suoi film ‘Ecco fatto’ e ‘Ricordati di me’. Abbiamo legato subito. Prima ci incontravamo spesso, adesso un po’ meno, a causa degli impegni, la famiglia, ma l’amicizia resta”.
Ha un sogno nel cassetto?
“Sì, ne ho due. Uno serio ed uno bizzarro”
Ci racconta quello serio?
“Mi piacerebbe fare un Checov o uno Shakespeare magari un bel Re Lear”
E quello bizzarro?
“Mi piacerebbe tanto interpretare il ruolo di uno che corre con la pistola in mano. Lo so è una cosa bizzarra, ma ho sempre sognato un giorno di fare la parte di uno che corre con la pistola. Che poi non è neanche una cosa difficile da fare. Potrei essere il cattivo che corre per sfuggire a qualcuno, o anche il buono che insegue il cattivo. Per me è indifferente, se mi offrono un ruolo dove devo correre con una pistola accetto subito”.
Intanto cosa farà?
“In queste settimane, stiamo cercando di riorganizzarci. Farò qualche data del mio spettacolo, che è uno struggente omaggio a Vincent Van Gogh “Le Lettere a Theo”, con il quale sarò anche a Salerno, il prossimo 15 settembre al Teatro Augusteo, insieme con il Maestro Luciano Tristaino ai flauti”.