di Oreste Vassalluzzo
BATTIPAGLIA. Per il momento nessuna decisione dei giudici della prima sezione del Tar del Lazio Sestini, Bottiglieri e Correale che ieri hanno preso visione dei due ricorsi presentati contro il decreto di scioglimento del consiglio comunale di Battipaglia per infiltrazioni mafiose. Il presidente si è riservato di decidere se fissare a breve l’udienza per il merito della questione, giudicata delicatissima, o se procedere con una decisione. Nei prossimi giorni, in ogni caso, il Tar del Lazio dovrebbe esprimersi sui documenti presentati dall’ex sindaco Giovanni Santomauro, attraverso l’avvocato Andrea Di Lieto, e di Etica per il Buon Governo, attraverso l’avvocato Sara Di Cunzolo. Nel corso dell’udienza di ieri mattina i giudici amministrativi hanno raccolto le tesi contenute nei due ricorsi, che per la loro natura sono stati accorpati in un’unica udienza. E’ apparso subito evidente, nel corso della discussione, la difficoltà dell’Avvocatura dello Stato di giustificare il provvedimento emesso dal Ministero dell’Interno e firmato dal Presidente della Repubblica lo scorso 7 aprile dopo la fase di commissariamento a seguito delle dimissioni del consiglio comunale. L’applicazione della legge, infatti, prevede che ci sia in carica un consiglio comunale. Cosa che non è avvenuta nel caso di Battipaglia. Lo Stato che commissaria lo Stato, è stata questa la tesi dell’ex sindaco Giovanni Santomauro che ha contestato, nel suo ricorso, il commissariamento per infiltrazioni mafiose avvenuto dopo una fase già di commissariamento del Comune con il commissario prefettizio Mario Rosario Ruffo. Per dodici mesi il funzionario prefettizio ha operato al Comune. Altri diciotto mesi, o ventiquattro, sarebbero troppi. Spiegate anche le tesi di Etica per il Buon Governo che ha contestato la relazione dei commissari della commissione d’accesso antimafia e anche tempi e modalità per il commissariamento. Nelle prossime ore i giudici amministrativi del Tar de Lazio dovrebbero, comunque sciogliere la riserva in merito ai due ricorsi che, se accolti, aprirebbero la strada a nuove elezioni annullando il provvedimento del Ministero dell’Interno.