di Pina Ferro
Benedetta Sirignano è un giovane avvocato over 40. Laureatasi in giurisprudenza in Italia a 23 anni, a 30, ha poi conseguito una laurea internazionalistica in Europa ed una laurea honoris causa da una prestigiosa Università di Boston.
È avvocato penalista, si occupa, altresì, di delitti intrafamiliari e di Diritto di Famiglia.
Ha scritto per “Diritto 24” de “Il Sole 24 Ore”. Per la sua esperienza nel settore è stata ospite in trasmissioni televisive, rassegne culturali, festival del cinema, tra cui il “Giffoni Film Festival”.
E’ relatrice in convegni universitari, corsi di aggiornamento professionale, master in scienze forensi. Da anni, è in prima linea contro la violenza sulle donne.
Qual’è la caratteristica professionale che contraddisitingue un Avvocato penalista? Perchè ha deciso di svolgere questa attività?
«Chi decide di diventare Avvocato intraprende una professione di grande responsabilità.
In primis, credo che il penalista, oltre alle competenze tecniche per svolgere il proprio mandato difensivo, debba possedere un insieme di qualità umane e la consapevolezza che il proprio assistito prima di essere tale è una persona che si affida per affrontare un problema con tutta la sofferenza del caso che ne consegue.
Come diceva Calamandrei, l’Avvocato dev’essere prima di tutto un altruista, una persona di indole umana con dei valori della quale potersi fidare.
Ciononostante, questi deve mantenere durante il processo, quel “distacco” emotivo necessario per poter svolgere lucidamente l’incarico. La differenza è molto sottile.
Il penalista, sicuramente si contraddistingue per l’abile ars oratoria e l’arte di argomentare giuridicamente in modo serrato e persuasivo, data la maggiore solennità della celebrazione del processo penale rispetto al processo civile e amministrativo. Oltretutto, mentre nell’udienza civile assume maggior rilevanza la comunicazione scritta, in quella penale la comunicazione verbale e l’oralità sono predominanti. Capita spesso che il legale confonda le proprie capacità linguistiche con l’arte della retorica e della dialettica. Un penalista puro è un eccellente oratore, un abile alchimista di retorica e dialettica, colui che possiede la capacità di entrare in empatia con il Giudice creando le condizioni affinchè questi sia ben disposto nei confronti dell’oratore. Ovviamante questa capacità, se posseduta, potrà fare la differenza soltanto se corroborata da un’ottima conoscenza del diritto penale sostanziale e processuale.
Più che una scelta, la mia è stata una vocazione vera e propria. In famiglia, desideravano diventassi medico, ma sin da adolescente subivo il fascino dei processi e il richiamo delle aule giudiziarie: il mio sogno era poter indossare un giorno la toga. Non ho mai avuto dubbi su cosa volessi “fare da grande”.
E’ faticoso reggere i ritmi di questa professione se non la si svolge con passione e dedizione. Si lavora con passione, quando si smette di guardare l’orologio, quando leggi gli atti processuali e perdi la cognizione del tempo».
Ritiene che il nostro sistema giudiziario sia “contemporaneo”?
Secondo lei dimostra di saper rispondere ad alcune esigenze di carattere giuridico e politico del nostro tempo?
«Credo che un sistema giudiziario si possa definire “contemporaneo” nella misura in cui sappia soddisfare al meglio le esigenze del cittadino. Più che “contemporaneo”, lo definirei eccessivamente “burocratizzato”. In Italia abbiamo un carico pendente processuale mostruoso dove i processi durano troppi anni.
Tra il primo grado ed un eventuale ricorso per Cassazione in media passano otto anni e ciò crea sfiducia nella giustizia e nelle istituzioni da parte del cittadino.
Abbiamo i tribunali più informatizzati d’Europa, ma da noi i processi durano più che in tutti gli altri Paesi.
ll nostro sistema giudiziario putroppo è bocciato in efficienza. A dispetto delle tante riforme che da anni impegnano l’esecutivo per snellire e accelerare il corso dei processi, l’Italia si colloca al terz’ultimo posto in Europa per la durata dei procedimenti.
Credo che la celerità dei processi sia uno degli ingredienti fondamentali per rendere efficace la macchina della giustizia. Si può essere dotati di un ottimo apparato giuridiziario, quanto a norme e procedure, ma se questo è lento non è performante».
Qual’è la vicenda processuale che è più rimasta impressa nella sua mente?
E’ quella della quale mi sono occupata per anni, avvenuta nel giugno 2012 nella Grotta degli Occhi di Palinuro (Sa). Si tratta dell’incidente subacqueo più grave in Italia degli ultimi vent’anni, dove perirono diversi sub».
Se non avesse fatto questo mestiere cosa le sarebbe piaciuto fare?
Mi ha sempre affascinata la carriera diplomatica.