Scafati. Processo sul voto di scambio a Scafati, Il collegio dei giudici del Tribunale di Nocera Inferiore ha ritenuto infondate le parole di molti collaboratori di giustizia (tra cui anche Alfonso Loreto il quale avrebbe raccontato di cose a lui riferite e non vissute in prima persona), tra cui Romolo Ridosso che compare anche nell’inchiesta sull’omicidio Vassallo, e Massimo Fattoruso fratello di “Spalluzzella” ucciso in un agguato di camorra nel 2014. Il collaboratore di giustizia Alfonso Loreto, quando era ancora libero, aveva spiegato che in accordo con Gennaro Ridosso era balenata l’idea di un attentato contro il sindaco Aliberti poi non attuato, proprio perché non avevano ottenuto nulla dopo le elezioni del 2013 tanto da dire sul punto Luigi Ridosso senza mezzi termini: “Lui, questa volta ci prende in giro come l’altra volta. Va a finire che noi, quando io mi libero, prima di fare altre cose, dobbiamo ammazzare il sindaco, dobbiamo sparargli”. Sono le parole del figlio dell’ex primula rossa Pasquale (anche lui collaboratore di giustizia), ritenute credibili dai giudici. “Romoletto” Ridosso- scrivono i giudici nelle 213 pagine di motivazioni- invece aveva parlato di un patto tra politica e camorra che era stato sancito con l’accordo per una piscina del valore i circa 2/3 milioni di euro da eseguirsi nell’area ex Coopmes: opera che poi in realtà, da documentazione prodotta dall’imprenditore che doveva eseguirla risultava essere una vasca di raccolta di acque reflue di ben altra dimensioni e altri costi economici “ma in ogni caso mai affidata ad alcuna ditta del clan”. Per i giudici “dalle dichiarazioni rese da Romolo Ridosso emerge di per sé la incongruità delle informazioni rese che non supportano l’originaria tesi accusatoria”. Massimo Fattoruso, invece, sarebbe stato smentito da dati certi. Ritenuto esponente del clan Aquino-Annunziata, dalle sue parole emergono evidenti incongruenze temporali giacchè lo stesso è stato detenuto in carcere dal 2005 al 2015. Aveva attribuito al clan di appartenenza subito un appoggio ad Aliberti sin dal principio della sua attività politica, ovvero negli anni 2003/2004 con le elezioni provinciali e comunali (“ma senza fornire ulteriori particolari se non indicando di avere fatto votare il suo nominativo a clan Bisogno di Cava de’ Tirreni per le provinciali del 2004 e che l’accordo sottostante era stato fatto per generici favori comunali, come affidamento di appalti, esecuzioni di lavori di manutenzione e simili (“senza però specificare alcuna dato individualizzate”) per poi continuare, riferendo che tale appoggio politico era stato ancora dato anche per le elezioni comunali del 2013 e le Regionali del 2015 (alla moglie), ma di non aver seguito gli accordi criminali con il sindaco, perché venivano gestiti dal fratello Davide (fuori dai contesti criminali), essendo lui in quel periodo detenuto e quindi impossibilitato ad operare direttamente. Scrivono i giudici: “Impossibile aver aiutato Aliberti negli anni presi in esame, perchè il fratello del collaboratore, Davide Fattoruso, risultava già deceduto nell’anno 2007 (come da certificato di morte acquisito in atti) e dunque prima della campagna elettorale comunale del 2008: risulta dunque impossibile che il fratello si fosse attivato in favore nel 2013 di Pasquale Aliberti. Da tali contraddizione emerge una chiara impossibilità che il collaboratore Fattoruso avesse diretta conoscenza delle campagne elettorali”.





