Presentata ieri mattina la mostra, presso la Galleria Camera Chiara, in serata l’opening per l’esposizione che sarà fruibile sino al 23 settembre, comprendente opere dello stesso Cerzosimo, unitamente a immagini di Corradino Pellecchia ed Edoardo Colace
di Giulia Iannone
Rubiamo il titolo ad uno dei più famosi song di Duke Ellington, per poter avvicinare la “connessione sentimentale”, che lasci spazio al silenzio, al dubbio, ma mai all’incoerenza o all’incertezza semantica, per descrivere le sfumature di un’emozione, che ha avuto bisogno di innescare Armando Cerzosimo per fotografare “Il panno ritrovato”, la cui riproduzione è oggetto della mostra presentata ieri mattina ed in essere presso la Galleria Camera Chiara, in via Giovanni da Procida, 9, sino al 23 settembre. “La fotografia è una parola che da sempre mi affascina e mi coinvolge, ha affermato Armando Cerzosimo, una parte importante della mia vita, una professione, una passione, un sacrificio, una liturgia, un continuo approfondire e studiare come la fotografia si evolve e si adatta al contemporaneo. Se devo trovare la parola giusta da affiancare alla mia idea di Fotografia forse è contemporanea. Da questa convinzione, di fare in modo che quest’arte venga considerata veicolo importante di documentazione ed informazione, ho accolto con grande piacere e senso di responsabilità l’invito da parte di Don Michele Pecoraro di fotografare “Il panno di San Matteo” dopo lo straordinario intervento di restauro. Poi, lo studio della luce per poter dare una plasticità alla immagine è stata la prima cosa che è stata affrontata. L’orario pensato, poiché l’intervento fotografico avevo deciso di effettuarlo in esterno, nell’incantevole cornice del quadriportico del duomo, è stato quello delle 9 del mattino del 21 agosto per avere la giusta luce che sposasse il dipinto. Restava un ultima scelta: quale delle mie amate macchine fotografiche utilizzare. Scelta obbligata la Hasselblad H4D. Ora bisognava fare un’ ultima operazione prima di scattare, la connessione sentimentale, che si istaura tra soggetto da fotografare e me. Innamorarsi e poi scrivere ( fotografare). A tutto questo va aggiunto che all’interno del mio intervento, altri due valenti fotografi salernitani, hanno realizzato un interessante backstage, tra l’altro senza che nemmeno me ne accorgessi. Rivedendo le immagini sia della quinta teatrale e di me che lavoravo, ho creduto dare merito a Corradino Pellecchia ed Edoardo Colace, organizzando una piccola mostra all’interno della mia galleria di quanti hanno contribuito a questo bellissimo momento di ritrovamento, di bellezza di fede e di fotografia”. Conferenza stampa molto accorata ieri mattina che ha salutato la partecipazione di ben tre relatori Olga Chieffi, Enzo Todaro e Giovanni Guardia, unitamente a tutti gli “attori” di questa iniziativa, Don Michele Pecoraro, Antonia Willburger, Rosa Carafa, Rosanna Romano, Antonia Autori, Diana Sardone, Francesco Silvestri, Vassallo Antiques/Daniela Mellone, E.Fruscione e figli, Eliografia Caggiano Gianpaolo. La conferenza è cominciata con gli interventi del Presidente dei Giornalisti Salernitani dr. Enzo Todaro che ha acceso il confronto e il dialogo in sala sul ritrovamento e il restauro dell’antico panno, sulle azioni meritorie di Don Michele Pecoraro e della Prof.ssa Diana Sardone Di Lorenzo che guida il “Club Inner Wheel Salerno CARF”, nonché di Antonia Autori, presidente della Fondazione Comunità Salernitana, bacchettando la Soprintendenza alle belle Arti rappresentata da Rosa Carafa e Rosanna Romano, che hanno ribattuto circa le attuali casse vuote dell’ istituzione e la quasi totale impossibilità di agire in prima persona, nei restauri, in primo luogo, di beni mobili, ma il potere di controllarne la bontà del restauro. Tecnico l’intervento del professore Giovanni Guardia, già della soprintendenza, che ha sottolineato l’azione di restauro, nonché la necessità dell’azione fotografica, che consegna il panno in primo luogo alla più semplice fruibilità collettiva, nonché alla possibilità di un utilizzo e rielaborazione del file fissato dal fotografo. Anche l’amministrazione cittadina ha applaudito a questa importante operazione, per bocca di Antonia Willburger, la quale ha sottolineato come si fosse creata una bella e forte sinergia tra privato, chiesa e istituzioni pubbliche, per salvare l’arte, una via da continuare a percorrere. Una traccia che intende seguire anche Don Michele Pecoraro, fulminato dalla bellezza e dalla dolcezza del Panno ritrovato, un altro tipo di connessione sentimentale e di empatia, ritrovato nello sguardo di Matteo e di Sant’Anna, che allungano la loro protezione, sul golfo lunato, che ha ispirato al nostro caro parroco, un progetto speciale, il cammino di San Matteo, in 24 stazioni, da Casalvelino al duomo di Salerno. Di qui il discorso si è aperto ancora a tanti nuovi significati. Il tempo come chiave essenziale di una narrazione fotografica, capace di trasformare il significato di quell’attimo fermato nello scatto. Passato che cambia significato nel presente che si prepara ad accogliere nuovi concetti nel futuro. Ed entra in gioco la memoria. Ragionare in termini di fotografia di memoria ci mette nella condizione di ricercare tutti gli elementi capaci di generare un discorso nel presente che sia in grado di avere un valore nel futuro, fermare il tempo di spaccati di realtà che si arricchiscono con storie che devono ancora accadere. Storie che possono rafforzare il loro significato originale o addirittura stravolgerlo, ma che in ogni caso non lo lasciano mai nella stessa posizione storica ed emotiva in cui l’abbiamo trovato. Se poi quei singoli blocchi di passato si ripresentano, evocati da un’immagine o da una qualsiasi emozione di ritorno all’indietro con tutto il contorno delle passioni, delle speranze, dei timori e delle angosce di allora, ci si accorge che l’identificazione con essi non supera spesso l’emozione di un istante. Questi scatti al “Panno ritrovato” sono anche caratterizzazione della fotografia come testo, come fonte storico-documentaria per ricostruire in modo plastico ed evidente uno spaccato storico, culturale, ambientale, antropologico. Il vernissage, infatti, è stato impreziosito da un reading, affidato a Brunella Caputo, della rievocazione della festa dell’Alzata del Panno, da parte di Fernando Dentoni Litta, tratta dal suo volume dedicato alle Tradizioni Popolari Salernitane, appartenente al mito della piccola Salerno di una volta, città ignara e serena, fiduciosa e gentile, civilmente ordinata, non insensibile alla cultura, sia letteraria che musicale, allo stesso tempo rispettosa delle proprie tradizioni e interessata al miglioramento e al progresso e da un’analisi critica di Cristina Tafuri.