Venerdì alle ore 19,00, vernissage al Frac di Baronissi della mostra del fotografo di Montecorvino Rovella: “Appunti per un’iconografia della canzone”, nell’ambito della seconda edizione della rassegna “Visionnaire22”. L’artista tende a creare in questi panorami urbani una sorta di tòpos, un luogo unico e universale, al tempo stesso familiare, umano, personale
Di Olga Chieffi
La fotografia, sin dalla sua apparizione, si è interrogata in rapporto alle altre arti e alle forme, unitamente ai significati della rappresentazione della realtà. La fotografia contemporanea non cessa di avanzare proposte sulla base di valori individuali come assoluti, fecondità della sperimentazione, verità della testimonianza, autorità della rappresentazione, equità della relazione immagine-spettatore, potere dell’immaginazione, poesia della materialità dell’immagine. E’ su questi assunti estetici che il cartellone della rassegna “Visionnaire22”, firmato da Andrea Avagliano, ospita la mostra del fotografo Armando Cerzosimo “Appunti per un’iconografia della canzone”, curata da Massimo Bignardi, che vivrà il suo vernissage venerdì sera alle ore 19, negli spazi del Frac di Baronissi, fruibile per l’intera durata del festival. Nove città, Roma, Londra, Lisbona, Parigi, Oslo, Nicosia, Barcellona, Amsterdam, Genova, per 16 immagini, allo scopo di accendere il gioco delle associazioni., dell’evocazione di un suono, di sinestesie. Pertanto, Armando ci invita a trovare il nostro punctum penetrando la sua immagine, ricercando la nostra visione attraverso la sua, quei “suoni”, quelle impressions, che ci giungono dalla fotografia, da un attuale passato, profilando una congiuntura, mettendo in gioco e portando in primo piano il dimenticato, nell’accadere del presente, mentre si dischiudono vie di fuga verso il futuro. D’altra parte, se non si è capaci di ricordare totalmente i segni e i suoni, le immagini permetteranno che “i ricordi divengano questa possibilità meravigliosa” (Godard 1998). La canzone e il suono non propongono il passato ma un evento contemporaneo, essi rivelano in un istante, nelle pieghe e nella “carne del mondo” (Merlau-Ponty 1964), sia l’esposizione, sia l’oscuramento della natura ecstatica dell’essere, rendendo visibile “il pozzo senza fondo” del divenire. Secondo Martin Heidegger è giusto questo il ruolo fondamentale dell’arte, capace di conferire visibilità contemporanea a ciò che reputiamo invisibile. I suoni ci attirano verso ciò che sopravvive e persiste come risorsa culturale e storica capace di resistere, interrogare e scardinare la presunta unità del presente. Immagini e suoni sono protagonisti anche di un video realizzato e diretto da Nicola Cerzosimo, in cui la figura di Armando è vista quale romantico wanderer, attraversare le sue opere, i suoi ricordi, la sua vita, ripercorrere le tappe del suo viaggio interiore. Il viaggio, qualunque esso sia, anche figurato, nasce dalla trasgressione, è la trasgressione. E come ogni violazione comporta sofferenza, tensione radicale, disagio e timori, ma anche conquista di conoscenza. Si è osservato che travel, viaggio, e travail, il travaglio del parto, hanno in inglese la stessa radice. Patimento e vita nuova, nella medesima esperienza. Questa commistione benefica e dannosa si pone anche nei due termini di hospes e hostis, l’ospite e il nemico, il viaggio resta comunque una scelta di libertà, da cui si torna contaminati dalle esperienze altrui, nella lingua, negli abiti e nelle architetture, nei mangiari, nelle usanze, nei saperi, nei suoni. Se le città si sono imposte all’artista come un motivo ideale, in una suggestiva visionarietà lirica del paesaggio e della natura, filtrata da un senso quasi leopardiano dell’osservazione del vero, le città gli hanno consentito di concepire punti di “vista” che, pur ispirandosi alla realtà, giungono anche a sfuggirla, sfiorando addirittura il confine dell’astrazione, donandoci la visione di una partitura per immagini, in cui regnano la consapevolezza e la perfezione dell’esecuzione insieme all’immediatezza dell’invenzione, con le proprie, ineludibili convergenze e deviazioni. Cerzosimo tende a creare in questi panorami urbani una sorta di topos, un luogo unico e universale, al tempo stesso familiare, umano, personale, che l’autorizza a interpretare il mondo col suo mezzo d’elezione, suscitando suggestioni che nascono, da un racconto per immagini, di un’idea mai scontata di identità e di dimora. La sensualità dei suoni, la memoria secolare che le architetture sonore in mostra custodiscono, le appartenenze che porranno in gioco, ci convinceranno che l’importante non è tanto avere una casa nel mondo, bensì creare un mondo vivibile in cui sentirsi a casa.
Nell’ immagine un momento della preparazione della mostra: Pietro Cerzosimo
photocourtesy Studio Cerzosimo