Quanto accaduto e quanto sta accadendo all’antiquarium di Agropoli è l’ennesima sconfitta per la classe cilentana. Hanno perso tutti, nessuno escluso. Sono dodici, stando alle parole del sindaco, i reperti spariti, le chiavi di ingresso sono andate perdute, le telecamere sono inesistenti e così pare anche il sistema d’allarme. In tutto questo ha perso il sindaco Roberto Antonio Mutalipassi che solo alle domande del sottoscritto ha ammesso i furti, ha perso l’assessore al turismo Roberto Apicella che parla di archeoturismo e poi non proferisce parole sull’antiquarium, ha perso il presidentissimo della Provincia Franco Alfieri che all’epoca del suo mandato di Agropoli il museo lo ha inaugurato ed oggi evita interventi, ha perso il consigliere provinciale Luca Cerretani che ad Agropoli vive, hanno perso tutti i consiglieri di maggioranza (Bruno Bufano in primis) e assessori agropolesi che quando è stato inaugurato un brevissimo tratto di strada davanti al museo chiuso brindavano al grande successo, ha perso il corpo di polizia municipale ivi presente che nulla dice. Insomma, ancora una volta la politica cilentana compie un passo falso, trincerandosi dietro ad un silenzio assordante ed imbarazzante, oltre che una palese ammissione di colpa. A nulla sono valse le interrogazioni del consigliere di minoranza Raffaele Pesce che più volte ha incalzato la maggioranza. La sconfitta, una delle tante a cui chi amministra il Cilento ci ha ormai abituato, arriva quando ad interessarsi alle sorti del museo è un deputato salernitano. Onore a Pino Bicchielli, a prescindere dal suo orientamento politico, per essersi impegnato e per aver presentato anche una interrogazione parlamentare. Onore a lui per essere stato ad Agropoli, per aver toccato con mano, per essersi voluto sincerare dello stato delle cose, per aver incontrato Pesce e per aver chiesto spiegazioni proprio lì davanti. È triste capire che la cultura non interessa a nessuno degli amministratori e fa invece tanta rabbia prendere atto che le parole sul turismo, sullo sviluppo culturale del territorio, sull’investimento nel futuro e nei giovani siano solo promesse vuote senza alcun valore. L’Unione dei Comuni Paestum Alto Cilento, guidata dal viceré Alfieri (come lo ha definito il “re” De Luca), lo scorso anno era candidata a Capitale italiana della Cultura. Cos’è rimasto di tutte quelle parole? Il nulla, il vuoto cosmico, lo zero assoluto. Si parlò molto di cultura, il presidentissimo se ne riempì la bocca più volte, giustificando con quella finale l’intero assetto dell’ente sovracomunale la cui utilità per i piccoli centri è sempre meno chiara. Tornando al fatto, se un deputato di Salerno, per quanto vicino al territorio, deve prendere il posto di chi la zona la vive ogni giorno e di chi sui social ha voglia di apparire millantando l’amore per il Cilento, vuol dire davvero che in questa parte di mondo la politica è finita. Si sapeva, c’è da dire, ma forse non lo si accettava. Ora però è tutto molto chiaro.
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