ANGRI. Paradossi sanitari nel distretto 61 dell’Asl Sa1 per i comuni di Angri, Sant’Egidio del Monte Albino e Corbara. In emergenza è proprio il fondamentale servizio del 118 costretto a trasferirsi all’ospedale Scarlato di Scafati per i continui allagamenti della sede. Inospitale e umida la nuova struttura di via dei Goti inaugurata solo due mesi fa e costata centinaia di miglia di euro fa letteralmente “acqua da tutte le parti”. Un edificio costruito per essere un centro sociale e per anni in disuso in un’area a ridosso del fondo Rosa Rosa, in cui per trenta anni hanno abitato in prefabbricati le famiglie terremotate. Conoscono bene il disagio i medici e gli operatori del 118 costretti ad “evacuare” lo scantinato assegnato, che nelle scorsi notti è stato nuovamente allagato. I tombini saltati al disotto del pavimento e gli intensi acquazzoni di questi ultimi giorni hanno reso impossibile il lavoro degli operatori dell’emergenza sanitaria costretti a riparare senza attrezzature e locali idonei nel centro anziani di corso Italia ad Angri. Eppure si nutrivano importanti speranze per quella struttura di circa 1200 metri quadri con 800 metri quadri esterni, uffici ed ambulatori e persino una sala convegni che nelle intenzioni degli amministratori che si sono succeduti per circa un trentennio doveva mettere fine allo scandaloso giro di affitti in diversi appartamenti e sedi sgangherate del territorio angrese e che costavano circa 50 mila euro all’anno. Ed ora spunta l’ipotesi che il 118 possa ritrasferirsi nella vecchia sede di via Di Giacomo, in un piano terra di un palazzo e che l’Asl continua a pagare almeno fino al 31 dicembre. Nel decreto del 2013 era l’ex manager Antonio Squillante ad evocare la concentrazione di servizi in un’unica struttura, deliberando la proposta di un comodato d’uso gratuito con il Comune di Angri. Si erano succeduti continue inaugurazioni e visite di amministratori e rappresentanti di forze politiche oltre ad un aggravio di costi con un investimento di circa 250 mila euro altri 70mila euro per ristrutturare la nuova sede vandalizzata più volte nel corso del suo abbandono. Ed ora spuntano le proteste degli stessi operatori che chiedono interventi urgenti e lamentano il rischio di patologie dovute alla frequentazioni per ore di ambienti ritenuti inidonei.
Intanto l’area ex terremotata resta ancora senza un recupero e con la sospetta presenza di amianto.
Decine di chilometri di distanza che pesano non poco soprattutto per gli utenti delle aree pedemontane di Corbara e Sant’Egidio.