Andrea Lembo: Schlein inadeguata - Le Cronache Ultimora
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Andrea Lembo: Schlein inadeguata

Andrea Lembo: Schlein inadeguata

di Erika Noschese

 

 

«Trovo l’attuale leadership del partito inadeguata e un po’ confusa. Inadeguata perché incapace di parlare un linguaggio chiaro e comprensibile». A parlare così Andrea Lembo, militante del Partito Democratico, già consigliere comunale a Campagna e attualmente componente del Cda di Sma Campania che dice la sua in merito alla querelle sul terzo mandato e la posizione del Pd. La posizione di Lembo evidenzia ulteriormente la profonda spaccatura tra il Pd Campano e i militanti della provincia di Salerno, molti dei quali sarebbero pronti a fare un passo indietro o a scendere in campo a favore del presidente uscente Vincenzo De Luca. Lo stesso ex consigliere comunale e oggi dirigente Sma lascia intendere di essere pronto a scendere in campo, se rischio, a sostegno del governatore uscente, chiudendo le porte ai dem.

Andrea Lembo, le regionali in Campania sono l’appuntamento più atteso. Intanto si discute del terzo mandato per Vincenzo De Luca. Qual è la sua opinione?

«Per fortuna, il ricorso alla Corte Costituzionale mi esonera dall’esprimere un’opinione giuridica sulle norme e sul riparto di competenze tra legislazione statale e regionale, su cui sono chiamati ad esprimersi giuristi ben più illustri del sottoscritto. Quanto al punto politico, invece, trovo francamente ipocrita la discussione: quod licet Jovi non licet bovi. L’impostazione intransigente, del resto, proviene da personale politico che spesso ha all’attivo ben più di due mandati nel ruolo istituzionale, magari senza nemmeno passare da una legittimazione popolare, poiché catapultato da qualche lista bloccata o nomina correntizia. La politica dovrebbe occuparsi di come recuperare autorevolezza e credibilità nei confronti dei cittadini, proprio in tema di rappresentanza delle idee e dei valori: su questo, Vincenzo De Luca, a mio avviso, rappresenta pura avanguardia, per questo smuove tutti gli istinti di conservazione dei suoi detrattori e dei conservatori dello status quo».

Il Pd ha già chiuso le porte al presidente uscente, il centro sinistra rischia di spaccarsi ulteriormente…

«In realtà dovremmo intenderci bene sul punto. Giuridicamente, senza voler entrare nel dettaglio, ci sono delle regole di convivenza, all’interno di un partito, che oggi sono palesemente ignorate: come può un commissario regionale durare in carica sine die? La discussione politica, infatti, si dovrebbe articolare tra gli iscritti e negli organismi previsti ma la democrazia del partito campano è sospesa per volontà nazionale e, almeno allo stato, non si comprende bene quali siano i luoghi di discussione e di scelta, salvo leggere comunicati “pseudo-ufficiali” di assoluti sconosciuti ai più che parlano in nome e per conto del partito campano. Di un’esperienza di governo, invece, è giusto che discutano coloro che quell’esperienza l’hanno vissuta e sostenuta, con tutti i limiti ed i problemi che potranno esserci stati o esserci ancora: tra questi, non mi pare ci sia chi neghi il valore aggiunto caratterizzato dalla leadership politica di Vincenzo De Luca. La Campania ha bisogno di continuare sulla via della faticosa risalita iniziata nel 2015, quando rifiuti, malapolitica e malaffare ne avevano compromesso l’immagine a livello globale, con enormi ricadute negative sull’economia e sulla società. Oggi possiamo dire di poter raccontare un’altra terra, proprio grazie all’esperienza di governo di Vincenzo De Luca in Campania. Diro di più, credo che in questi ultimi anni, su molte battaglie politiche identitarie e “di sinistra”, Vincenzo De Luca abbia colmato lacune e codardie del gruppo dirigente nazionale: sull’autonomia differenziata e sul valore indentitario della Pace fra i popoli, come anche sui test di accesso alla facoltà di Medicina, sulla necessità di un piano per il Mezzogiorno ed il lavoro, solo per citare alcuni esempi. Invece di chiudergli la porta, insomma, il nostro partito dovrebbe stendergli un tappeto rosso, per aver coperto – spesso – l’inadeguatezza di un’intera classe dirigente nazionale su temi fondamentali per una forza progressista».

Lei è fuori dalla scena politica dopo la decisione di rassegnare le dimissioni da consigliere Comunale a Campagna. Sarebbe pronto a scendere in campo per una candidatura al consiglio regionale?

«Intanto, chiariamo un aspetto tecnico: il rispetto della legge è un presupposto dell’impegno civile, per cui le mie dimissioni da consigliere comunale a Campagna, nel precedente mandato, erano dovute al rispetto della normativa che me lo imponeva, avendo assunto l’incarico di amministratore di una società pubblica. Questo non vuol dire che abbia rinunciato a seguire le vicende politiche della città in cui vivo ed in cui vivono i miei figli, anzi. Ovviamente, da cittadino, per quanto attento, è innegabile che sia impegnato meno in prima persona, perché gli impegni professionali odierni non lo consentono come prima. Sulla candidatura al consiglio, credo che al momento vi siano già in campo candidature autorevoli e di assoluto rilievo, per cui non è all’ordine del giorno un mio impegno diretto. Certo è che, se fosse ritenuto utile o necessario dal Presidente uscente, non esiterei a dare il mio contributo, per sostenere la sfida della Campania migliore».

Gli attuali consiglieri di maggioranza sembrano sempre più vicini al presidente uscente, da militante del Pd non teme possa esserci una larga maggioranza con De Luca e un partito democratico isolato?

«Proprio questo è il pericolo maggiore all’orizzonte. Per effetto di questa strategia ondivaga, quando non schizofrenica, il partito non rischia di perdere le elezioni ma rischia l’estinzione. Se si pensa che, a prescindere da ogni contingenza, il partito reggerà all’isolamento in cui lo sta conducendo la segreteria nazionale, si è offuscati o in malafede. Inoltre, nel momento in cui questa vicenda sta coinvolgendo anche il campo avversario, è folle pensare di assistere inermi allo spettacolo. Giorgia Meloni, approfittando della contingenza particolare, sta tentando di capitalizzare il consenso di cui pensa di godere nel Paese, tra le proteste dei suoi alleati e con il compiacente sostegno della principale forza di opposizione. I partiti, per molti e per molto, hanno rappresentato una dimensione totalizzante nella vita dei loro iscritti, orientandone comportamenti, scelte, pensieri, speranze: assecondare la sola tattica, a discapito della politica, rischia di ridurre i partiti a strumenti vuoti, di promozione individuale, senza alcun legame con la funzione costituzionale di favorire la partecipazione organizzata dei cittadini all’indirizzo politico della Nazione».

Cosa ne pensa dell’operato di Elly Schlein?

«Trovo l’attuale leadership del partito inadeguata e un po’ confusa. Inadeguata perché incapace di parlare un linguaggio chiaro e comprensibile: se i cittadini non capiscono ciò che dici, è improbabile che ti preferiscano. Consiglierei alla segretaria un linguaggio meno forbito e più concreto, che possa raggiungere anche gli ultimi. Inoltre, spesso ho l’impressione che sui temi fondamentali non abbiamo una agenda condivisa, ma ci limitiamo a rincorrere gli avversari a colpi di comunicati stampa. Sulle questioni di fondo che dovrebbero caratterizzare una forza progressista moderna soffriamo l’assenza di prospettiva. Quali sono le nostre battaglie identitarie? Su cosa sono d’accordo i democratici? C’è una proposta politica che può richiamarci tutti ad un rinnovato impegno ed alla lotta per la sua realizzazione? Su questo, la segretaria dovrebbe battere un colpo, poiché rischia di apparire più preoccupata di offrire un’immagine di sé ben coordinata cromaticamente che non a delineare proposte e programmi politici condivisi dai nostri e dai potenziali alleati. Solo mettendo ordine in casa nostra, potremo essere perno di una coalizione. Altrimenti saremo irrilevanti, subendo gli umori del momento dei nostri potenziali alleati. Sulla gestione della questione del partito in Campania, invece, preferirei una prudenza maggiore: la segretaria sta sottovalutando l’effetto devastante della strategia impostata, che rischia di mettere in crisi e allontanare gli iscritti dal partito».