Alfonso Andria
Apprezzo molto la sensibilità espressa dal Direttore Tommaso D’Angelo che ha voluto ricordare, attraverso le colonne del suo giornale, Alfonso Menna a vent’anni dalla scomparsa. Dico subito che mi onoro di aver avuto con Menna un legame molto forte, alimentato particolarmente da quando mi affacciai all’esperienza politica con la prima elezione a Consigliere comunale nel 1985. In realtà già in precedenza, per ragioni innanzitutto familiari, avevo avuto modo di avvicinarlo e di scoprire che il suo rapporto con la mia famiglia d’origine risaliva alla sua prima giovinezza: mi raccontava spesso di aver sostenuto un severo esame di Segretario Comunale davanti ad una commissione presieduta da uno zio di mio padre, il Prefetto Giordano. Inutile dire che a distanza di settant’anni distintamente ricordava le domande che gli vennero poste nella circostanza! Mi è rimasta impressa una scena che colloco nei primi anni ’80: un giorno, entrando di buon mattino in ufficio all’EPT di Salerno, trovai il Commendatore seduto alla mia scrivania. “Scusami se mi sono messo al tuo posto. Avrei bisogno…” e mi descrisse il contenuto di uno scambio epistolare risalente ad un paio di decenni addietro tra lui, allora Sindaco della città, e Girolamo Bottiglieri, Presidente dell’Ente, in relazione alla vexata quaestio della localizzazione del costruendo porto commerciale di Salerno. Ed invece, un frammento di memoria molto più recente, quando Menna era già ultracentenario ed io avevo l’abitudine di andare spesso a trovarlo nella sua modesta casa di via Nicola Maria Salerno, a Torrione. In quegli anni già il suo studio-soggiorno era spoglio, a seguito della donazione dell’intera sua biblioteca a Domicella, il comune irpino che gli dette i natali. Ma quello restava il suo luogo di lavoro e di, persino, elaborazione progettuale. Ad un’età così avanzata, veneranda come si suol dire, ancora progettava; aveva iniziato in quegli anni una serie di pubblicazioni su Salerno ed indicando delle piccole pile di fascicoli, libri e carteggi che erano poggiati a terra in vari angoli della stanza mi spiegava “quello è il materiale per il prossimo libro, poi attaccherò quell’altro, poi…”. E poi soggiungeva di aver bisogno dell’aiuto di una sua nipote, Gemma Criscuoli, che scriveva quanto egli dettava “perché – vedi – la mano è lenta ma il pensiero corre!”. Come non ricordare la mia campagna elettorale del ‘95 per la presidenza alla Provincia. Nel comizio che tenni sul Corso, nei pressi della Standa, sul palco si presentò Menna per sostenermi. Delineare la figura di Alfonso Menna, accennare alla sua lezione morale e politica, elencare le opere legate al suo nome significa apprezzare la statura di un personaggio di straordinaria caratura. Il legame con la città di Salerno, di cui fu sindaco dal 1956 al 1970, si manifestò in maniera intensa e, vorrei dire, passionale dato il suo particolare carisma, che rafforzava due elementi apparentemente opposti: un piglio, oltre che autorevole, autoritario e la capacità di stabilire un rapporto vero con le persone, con i singoli cittadini di qualunque estrazione. La dimostrazione di ciò si ebbe nel giorno della sua morte, quando tanti avvertirono il bisogno di rendere un commosso saluto all’uomo che aveva risollevato le sorti della città (dopo la catastrofe dell’alluvione del ’54), che aveva costruito il futuro degli Orfani dell’«Umberto I», con la grande intuizione di una formazione professionale ante litteram. Per tanti Salernitani Menna ha impersonato la figura paterna smarrita, perduta o mai, purtroppo, conosciuta. Da Sindaco e prestigioso Presidente dell’ISVEIMER disegnò la nuova Salerno e gettò le basi per un modello di sviluppo che – con le sue luci e con le sue ombre, come è tipico delle grandi opzioni – avrebbe prodotto occupazione e benessere, ponendo le premesse per il raggiungimento di traguardi significativi. Negli anni precedenti del suo impegno di amministratore locale aveva volto lo sguardo ad altre realtà viciniori, per esempio fondando il Comune di Battipaglia. Per un lungo periodo dall’istituzione (1983) del Centro Universitario Europeo per i Beni Culturali, che ha sede in Ravello, fu Presidente del Collegio di Revisione contabile. Menna è stato e continuerà ad essere un riferimento fondamentale per chi vuole porsi il problema del rapporto tra azione politico-amministrativa ed interesse della comunità, tra senso di responsabilità personale ed incarnazione dei valori istituzionali. Nel ripercorrere la tappe del suo luminoso percorso, non si rileva alcuna divergenza tra attuazione del disegno politico, della pratica amministrativa e ricerca del bene comune. È questo il profilo che emerge con evidenza sullo sfondo di una vita spesa al servizio dei cittadini amministrati, con un occhio sempre attento verso i poveri, i sofferenti, i disagiati. Per capire l’umanità di Menna basterebbe ascoltare il racconto di chi è passato per quell’istituto che egli riuscì a rendere solidale e vivibile. Menna ha rappresentato il volto solare e ottimista della gente del Sud, l’orgoglio delle proprie radici, la saggezza di una storia millenaria attraversata da sconfitte e da prodigiose rinascite. Menna è stato prima di tutto un costruttore di speranza, capace di rivitalizzare le coscienze della gente, di ritrovare la dignità troppo a lungo calpestata e il desiderio di scrivere con le proprie mani le pagine della storia locale. Egli seppe coniugare la forza della volontà con la necessità di immaginare il futuro e poi di costruirlo! La sua storia personale ha accusato il colpo di laceranti tragedie familiari, come quella della prematura scomparsa del figlio, professor Filiberto. Ma anche nel dolore la sua dignità e la sua forte personalità emersero, dandogli la spinta giusta per continuare fino all’ultimo il suo ‘servizio’ e il suo impegno sociale.
20 anni fa la morte di Menna
di Fedele Di Nunno
Ricorrono oggi i 20 anni dalla morte di Alfonso Menna, il sindaco di Salerno che ricoprì questa carica per oltre quindici anni. Nacque a Domicella, nel 1890 e conseguì il diploma di segretario comunale. Fu assunto con la funzione di vice segretario ragioniere presso il Comune di Sarno. A seguito di alcuni concorsi, passò a quello di Salerno con le funzioni di vice segretario di sezione dove prese servizio presso la segreteria generale. In trent’anni conseguì il posto di vice segretario generale, poi raggiunse il vertice della carriera con la qualifica di segretario generale di prima classe. Il suo impegno civile nell’alluvione di Salerno del 1954 è tutt’ora nella memoria della popolazione che vide Menna come primo soccorritore, tanto da meritarsi, nel 1958, la decorazione di Grande Ufficiale Ordine al Merito della Repubblica Italiana. L’impegno politico, invece, fu caratterizzato dalla militanza nella Democrazia Cristiana e accettò nel 1956 la proposta di candidarsi al consiglio comunale di Salerno nelle elezioni indette. A causa di un grave infortunio che lo trattenne in ospedale a Roma, non potè partecipare a gran parte della campagna elettorale. Questo lo tagliò fuori dai giochi di alleanze sui voti di preferenza del suo partito, ma, quando giunse a Salerno pochi giorni prima del voto, gli bastò pochissimo per sovvertire ogni pronostico: pur essendo il 23° della lista, fu il primo eletto, contro il deputato Carmine De Martino. È morto a 108 anni ed è stato il padre dello storico dell’arte Filiberto Menna F