Il cellista salernitano rampollo di una vera e propria schiatta di musicisti, membro dell’Orchestra della Scala, ha vinto il concorso di prima parte solista al Teatro San Carlo. L’allievo di Gianluca Giganti occuperà il posto del suo Maestro
Di Olga Chieffi
Ci eravamo lasciati su queste colonne con la prima audizione e concorso importante vinti, poi il balzo nel tempio della musica al teatro alla Scala, oggi annunciamo che Alberto Senatore ha vinto il concorso quale primo violoncello solista del teatro San Carlo di Napoli. E’ questo il sogno dell’arte tutta: ri-cominciare il romanzo, eterno invito a immaginare, verificare, scegliere, analizzare, inventare, ideare per conseguire folgorazioni e meraviglie inaudite e nuovi spegnimenti angosciosi in un avvicinarsi, tendere, aspirare continui, a qualcosa che sempre mancherà, che non si ottiene, eterni portabandiera di un sogno per il quale varrà la pena battersi, fino alla fine.
Alberto Senatore violoncellista, vincitore di concorso in tre teatri in cui si è scritta la storia della musica italiana prima Trieste, poi il tempio della musica La Scala, ora violoncello solista del teatro più bello del mondo, il San Carlo: quanto è bello suonare da Trieste in giù?
“E’ bello suonare da Trieste in giù perché oltre a queste orchestre dove sono passato per i concorsi vinti, ho militato, in una decina di anni, anche in formazioni quali l’ Arena di Verona, il Carlo Felice di Genova e l’Orchestra Sinfonica Siciliana. Ogni orchestra, ogni teatro, ha un modo diverso di suonare, di provare, di pensare al quale bisogna adattarsi. A Trieste, ad esempio, è molto più rilassato, mentre a Milano il mood è frenetico”
Quali le sue più pregnanti esperienze, sia positive che negative sia a Trieste che in Scala?
Riguardo Trieste, le esperienze più importanti si sono rivelate quelle dell’ inizio nel “concertino” poiché vinsi l’audizione, poi, col concorso ho ottenuto il leggio del III violoncello, ma già conoscevo l’ambiente. L’esperienza positiva è certamente stata l’emozione di suonare in quel luogo senza conoscere nessuno. Di esperienze negative non ne ho subite, poiché alla fine mi sono sempre trovato bene con tutti. Alla Scala il momento più bello sono state le tournée che abbiamo fatto, poiché si è a contatto con tutti, si vive insieme il concerto, si suona e si scherza fuori e anche durante le prove. Il periodo un po’ più complicato sono stati i sei mesi di prova. Dovevo suonare tutto, c’è stato un trasloco di mezzo, i colleghi mi hanno visto un po’ stressato e tutti mi hanno supportato e “sopportato”, poiché erano contenti che rimanessi. Quindi, alla fine, solo cose belle”.
Un direttore che non dimenticherà mai e uno dal quale aspira ad essere diretto
“Ma questa pare una domanda retorica: come faccio a non pronunciare il nome di Daniel Oren. Con lui, che tra l’altro è anche violoncellista, ho fatto la gavetta. Da lui ho imparato la pratica dell’opera, che bisogna ascoltare i cantanti, che non bisogna stare a testa bassa con gli occhi sulla parte, che dovrebbe essere imparata quasi a memoria. I consigli di mio padre di guardare sempre il direttore e confesso che le prime volte l’ansia mi attanagliava. Lui mi ha “scaraventato” generosamente in orchestra, nell’agone, il vero Maestro è così. Ho imparato molto da lui. Un direttore da cui avrei piacere e curiosità a farmi dirigere oltre, naturalmente, Daniel Oren, è Whun Myung Chung e su tutti Valery Gergiev, lo “Czar”. Ero già in Scala quando si è provato la “Pikovaja Dama” di Pëtr Il’ič Čajkovskij, ho potuto suonare solo alla generale, poiché alla prima avevo la febbre e sappiamo cosa è successo a causa del conflitto. Lui dà una sensazione strana in teatro, un’emozione particolare che non ho avuto, purtroppo, il piacere di provare. Un altro direttore a me caro è Daniele Gatti, con il quale abbiamo eseguito Mahler : il suo gesto racconta storie che scaturiscono da uno studio puntuale delle partiture.
Verrà giù a Napoli o resterà in Scala? E qualche “incursione” al teatro di famiglia ove ha pur iniziato, suo padre Antonio è primo flauto e sua madre Patrizia Coppolino è artista del coro?
“Quando meno te l’aspetti, quando pensi di aver trovato un porto sicuro, ecco che si presenta la variabile. Non me l’aspettavo di vincere il concorso a Napoli, ma certamente concluderò il periodo di prova al Teatro San Carlo, la scelta, però è sottoposta a veramente tantissimi fattori e varianti. Al Verdi, a Salerno ci verrei con gran piacere in particolare a ritrovare Daniel Oren, con nuova consapevolezza e conoscenze e riuscire a far meglio “musica” con lui”.
Ha mai pensato all’insegnamento?
“Fino a qualche anno fa ho insegnato al liceo musicale, ma sinceramente non è che fossi molto interessato, volevo suonare. Ora se mi si chiede qualche consiglio ho piacere nel sapere se funziona o meno. Personalmente ho fatto un po’ da solo guardandomi molto intorno, e ora forse all’insegnamento potrei cominciare a pensarci”.
E alla carriera da solista?
“Non mi sono mai visto solista, ci vuole un altro approccio allo strumento, un altro tipo di daimon. Da sempre ho detto che il mio traguardo era diventare primo violoncello in un teatro e ci sono riuscito. Certo, non disdegnerei di suonare qualche volta da solista in orchestra, ma una carriera da assoluto protagonista è impensabile”.
Quale repertorio predilige?
“Non c’è un repertorio particolare che prediligo, mi piace tutto anche il contemporaneo. Ma a dirla tutta amo Dvoràk sono un romantico e ho un tatuaggio che rappresenta Spiderman che legge proprio Dvoràk. Non sono un virtuoso mi piace il repertorio più cantabile possibile. Riguardo l’opera adoro Giacomo Puccini e adesso stiamo provando l’Andrea Chenier che è una delle mie opere preferite proprio per come è concepita”
Quale strumento interpetra attualmente
“Suono un Giuseppe Quagliano del 2019 costruito a Jesi”
In tutta la vita l’epiteto di Maestro la si riserva a pochi. Ad oggi chi riconosce come tale?
“Chiamo Maestro solo Gianluca Giganti: quando avevo 16 anni, dopo un approccio alla musica un po’ altalenante, vide qualcosa in me e mi portò in conservatorio. Non sarò mai capace di dargli del tu, né di non predicarlo Maestro, nonostante andrò a ricoprire al San Carlo il suo ruolo. Maestri di vita certamente i miei genitori, che mi hanno aperto la porta di questo mondo dandomi tanti consigli”.
Concludiamo l’incontro scherzosamente il 10 maggio dove sarà? Al leggio del Teatro alla Scala o alla Scala del calcio col diavolo in corpo?
“Niente Scala del calcio il 10 maggio, dove ci sarà sicuramente mio padre, per questa semifinale di Champions, mentre io sarò alla Brucknerhaus Linz per eseguire con la Filarmonica, la Nona di Gustav Mahler, diretta da Riccardo Chailly. Ma sempre Forza Milan!