di Oreste Mottola
Sono i fagioli “della Regina” poichè erano gli unici che la schizzinosa Maria Carolina, la regina austriaca raccontata in un film della Wertmuller, accettasse sulla sua tavola. Venivano da Stio, o meglio dalla sua frazione di Gorga, oggi affacciata sul lago artificiale dell’Alento, e dove il santo patrono (c’entrano i fagioli?) è proprio San Gennaro. Segni distintivi: di colore bianco, di grandezza piccolo – media e con un tegumento sottile che consente un’ottima cottura del prodotto, esaltandone le caratteristiche organolettiche. E, soprattutto senza i noti effetti collaterali. Così come ai tempi di Maria Carolina, oggi quei fagioli sono coltivati in maniera biologica.
GORGHESI, I CILENTANI COL CERVELLO FINO
Al bar centrale di Stio c’è l’agorà del paese. Sono giorni di festa, stanno tornando molti emigrati, soprattutto salernitani e battipagliesi, prima o poi tra questi tavolini ci passeranno tutti. Il locale è pieno di donne, circostanza inconsueta in un piccolo paee meridionale. E’ la prima decisa smentita alla vecchia immagine di un Cilento interno ancora immobile e tradizionalista. S. Pasquale Baylon, il santo delle donne, è il protettore di Stio. Angelo Trotta, fotografo, ha poco più di settant’anni ed ha raccolto nel libro “Sposi dell’Alto Cilento”, 322 scatti di matrimoni cilentani degli anni Sessanta e Settanta. Per lui è il “libro delle spose” .La parte descrittiva è tradotta finanche in finlandese. Gorga, la frazione è a poco meno di un paio di chilometri. Gorga, gorges, fiotto d’acqua dal latino, c’è da poco da avere dubbi: qui è, a 895 metri d’altitudine sul monte “Le corne”, dove nasce l’Alento. Cilento viene da Alento, ormai gli studiosi non hanno più dubbi. Tra case contadine, caprette e pecorelle al pascolo, spuntano le abitazioni dell’ottima e nostrana borghesia terriera. Tutta di pietra e di grande pregio è casa Lettieri. L’Alento, Nobilis Amnis come lo chiama Cicerone in una lettera a Trebazio, è storicamente importante per aver ospitato la civiltà eleatica, quella di Parmenide e Zenone. L’Alento nasce qui a Gorga. Acqua, storia e allegria, integrità di costumi di vita e di ambienti naturali. E grandi scorpacciate di capra bollita, il piatto tradizionale del luogo, e degli straordinari “fagioli della Regina”.
STIO E GORGA NON SONO LA STESSA COSA
Il punto di differenziazione è nel dialetto. E’ più largo di quello che parlano dall’altra parte della “Sella”, dove c’è il paese di Stio. Più vicino al napoletano che alla classica inflessione cilentana e lucana. Il patrono è San Gennaro, c’era il convento di S. Maria del Soccorso e c’è cappella di S. Maria della Salute. I cognomi più diffusi? Santangelo ed Infante. “Quando parlano a Gorga tra di loro ti sembra di stare a S. Lucia”, dicono a Stio.
QUANDO IL MEDICO DI CASA REALE VI PORTO’ FANFANI
“Sposò una contessa Caetani, la medicina e la Democrazia Cristiana e non lo fermò più nessuno”, dicono ancora oggi a Gorga quando parlano di Raffaele Lettieri. Grazie a lui, fino a quasi tutti gli anni Cinquanta Gorga fu la vera capitale politica del Cilento. Fece costruire una scuola con 50 aule, e poi strade ed aprì cantieri che hanno fatto vivere per decenni tante famiglie della zona. “Nel 1954, Amintore Fanfani, fu, per quattro giorni, ospite a casa Lettieri a Gorga. In groppa ad un asinello girò per diversi paesi. Venne a rendersi conto di persona di ciò che il Cilento aveva bisogno”, racconta Ciccio, che dell’onorevole Lettieri fu fattore -segretario e vista la mole anche guardaspalle. “Dirigeva cinque cliniche, il “Da Procida” di Salerno e, in tutta la sua carriera, ha fatto più di 45mila interventi chirurgici”, aggiunge ancora. Già medico dei Savoia quando stavano a Napoli, in Parlamento Lettieri ci stette dall’Assemblea Costituente al 1953, fu docente universitario e direttore delle cattedre di chirurgia alla Federico II. Il segno della sua potenza sono gli 800 milioni di lire del 1954 che fece spendere per realizzare la strada che doveva unire direttamente Stio con Agropoli. L’opera è stata realizzata parzialmente e manca ancora di soli 4 km. E’ di importanza strategica visto che in poco più di mezz’ora porta dal mare al massiccio del Cervati e verso il Vallo di Diano. “Qui venivano Sullo, Scarlato, Perlingieri, il prefetto, e tutta la Napoli e la Salerno che comandava. E Gorga la vestivamo a festa facendo apparate di mortelle lunghe diverse chilometri”, racconta ancora zio Ciccio.
DA SINDACO A SINDACO
Raffaele Lettieri morì nel 1958 e fu l’ultimo sindaco di Stio originario di Gorga. La leggenda che ci fa viaggiare indietro nel tempo fino all’epoca borbonica è affascinante, ma ciò che conta è il presente: la voglia di un gruppo di produttori, di tre ragazzi e un insegnante in pensione, di non far scomparire una coltura che non è un vezzo, ma una vera risorsa. Ma c’è anche un’altra versione di questa storia. La seconda ipotesi, invece, riconduce questo nome al fatto che la diffusione massiccia dei legumi fosse la risposta al loro grande potenziale nutritivo, in un periodo in cui era difficile portare la carne in tavola. Ecco che il fagiolo (ve ne sono altre varietà che nel loro nome contemplano la parola “regina”) effettivamente regnava in tavola.Disquisizioni, ed opinioni a parte c’è un fatto di come questo legume per far rinascere la microeconomia locale. A Gorga, oggi, ci abitano meno di cento persone. È in questa piccola frazione, e nel vicino territorio dei Comuni di Stio, Magliano Vetere, Campora, Orria e Gioi, che è rinato questo particolare ecotipo: «Quando abbiamo cominciato sette anni fa il fagiolo veniva coltivato soltanto da qualche anziana signora di Stio, ma a livello commerciale era morto» racconta Andrea De Leo, referente dei produttori del Presidio. «Abbiamo cominciato a produrne un po’ di più e a partecipare ad alcuni mercati, come Leguminosa, l’evento organizzato da Slow Food Campania a Napoli, riuscendo a creare una microeconomia che vede coinvolte le poche aziende agricole del territorio e anche le signore e i giovani che lo coltivano nei loro orti». Tra le coltivazioni più diffuse, insieme alle castagne, c’era proprio quella dei fagioli: la scarsa deperibilità e la possibilità di seccarli, infatti, li rendevano un vero e proprio bene rifugio, ideali sia da scambiare sia da immagazzinare per sopravvivere ai lunghi inverni montani. Fagioli prelibati, senza effetti collaterali, ed anche ottimo alimento.