Il 21 settembre, oltre a votare per le elezioni regionali, tutti gli italiani saranno chiamati a votare per il referendum sul taglio dei parlamentari. Ne parliamo con una rappresentante del Fronte del No, Il Senatore Gregorio De Falco, senatore eletto al suo primo mandato. Dal 1994 nel Corpo delle Capitanerie di Porto, accetta la candidatura al Senato con il Movimento 5 Stelle, dal quale viene deferito per la sua contrarietà al decreto “Sicurezza” e al provvedimento di condono inserito nel “decreto Ischia”. Una volta deferito, De Falco abbandona il Gruppo del Movimento 5 Stelle e approda al gruppo misto. Proprio dal gruppo misto è uno dei firmatari e promotori del referendum, oggi è impegnato nella campagna elettorale a favore del no. Cosa pensa della riforma proposta nel quesito referendario? “Forse la stupirò, ma non sono contrario alla diminuzione del numero dei parlamentari. Ma va detto con forza che se non c’è una significato politico ad una riforma ma esiste solo un piccolo significato contabile, qualsiasi riforma non ha senso, anzi parliamo addirittura di una riforma con profili di incostituzionalità”. Incostituzionalità? “Innanzitutto il Senato con duecento Senatori non funzionerà. Io oggi sono Senatore e le posso assicurare che siamo pieni di lavoro, impossibile lavorare di più, facciamo così, mettiamo che riuscissimo a cambiare i regolamenti ed accorpare le commissioni diciamo da quattordici a sette, avremmo bisogno di almeno tre collaboratori, quindi almeno i collaboratori che si risparmierebbero con il taglio verrebbero riutilizzati a servizio dei senatori rimanenti, dunque il taglio previsto dal referendum sarebbe inutile. Aggiungo a questo proposito che sarebbe da modificare l’assetto amministrativo dei collaboratori parlamentari, che andrebbero assunti formalmente direttamente dal Senato. Ma non è l’unico profilo, L’articolo 3 della nostra Costituzione ci dice che il voto deve essere uguale tra tutti i cittadini, e la composizione dei seggi a disposizione nelle regioni medio piccole al Senato è talmente basso che anche se una coalizione prendesse il 20%, probabilmente non avrebbe nessun eletto. Quindi tra gli elettori di Basilicata, Calabria, Sardegna e Veneto ci sarebbe una disuguaglianza rispetto agli elettori di regioni più popolose come Veneto, Lombardia, Piemonte, Sicilia”. Ma non si potrebbe fare in modo che le circoscrizioni elettorali siano tutte uguali, ad esempio, di un milione e mezzo l’una? “Non è una cosa fattibile perchè, l’articolo 57 della Costituzione dice che al Senato Tassativamente il collegio elettorale deve essere quello della Regione, dunque per omogeneizzare i collegi e rendere i cittadini “uguali”, si dovrebbero effettuare delle riforme accessorie lunghissime, che comportano anche il cambio della Costituzione”. Sta dicendo che la vittoria del “SI” potrebbe portare all’eliminazione del Senato e alla fine del bicameralismo perfetto? “Il quesito è chiaro e non lo si può interpretare più di tanto, ma vorrei richiamare l’attenzione del lettore sul famoso principio della rana bollita, inventato dal professor Noam Chomsky, che ci parla dell’attitudine dell’uomo moderno di accorgersi sempre troppo tardi dei problemi, quando oramai non si può fare più nulla per risolverli. E’ chiaro che oggi l’elettore è chiamato a approvare la riforma di un taglio contabile, e, che probabilmente si accorgerà troppo tardi che il taglio non è alla casta, ma ai cittadini stessi”. All’Ars (il parlamento della regione Sicilia), hanno tagliato il partamento da 90 membri a 70. Lei come vede questa riforma ? “Preferisco non commentare nel dettaglio, ma come ho detto prima non sono contrario al taglio del numero di parlamentari, quello che dico è che questa riforma se è demagogica, populista ed inutilmente indirizzata a fare sfogare le pulsioni anticasta del popolo, non la condivido. Vogliamo una riforma che tenga conto dell’indignazione della gente nei confronti del ceto politico? Conteggiamo le schede bianche e lasciamo un seggio vuoto per ogni tot di schede bianche che vengono rilevate nell’urna. In questo modo dovranno essere i partiti a differenziarsi e a venire davvero incontro alle esigenze della gente, altrimenti al posto di un posto “pieno”, ci sarà una poltrona vuota”. Un’idea sicuramente interessante. Parliamo di legge elettorale. Secondo lei può esserci un testo che può risolvere le criticità del nuovo Parlamento? “Intanto mi auguro che i cittadini non approvino la riforma, sulla questione della legge elettorale, è difficile mettere una toppa a questo buco così enorme nato da un idea demagogica di attacco al potere che è diventato attacco alla rappresentanza, ma se devo dare un’idea, scelgo sicuramente la proposta di Gianfranco Pasquino che prevede un proporzionale a doppio turno, dove nel collegio si disputerebbe un secondo turno tra tutti i candidati che supererebbero il quorum del 12,5%, in questo modo verrebbe fuori la forza del candidato e non dei simboli di partito. A questo vorrei aggiungere la proposta di cui aveva parlato prima, conteggiare le schede bianche e lasciare un tot di seggi vuoti in parlamento sulla base del numero delle schede rilevate”.
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