di Red.Cro.
Turnazione dal pomeriggio a notte inoltrata dei pusher, strade presidiate con vedette e droga nascosta in anfratti e mai addosso o a casa. I carabinieri a Pagani hanno arrestato i componenti di una organizzazione dedita allo spaccio di sostanze stupefacenti. Tra questi anche due minorenni e tre 20enni. L’indagine e’ coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Salerno, coordinata dal Pm Senatore, che ha chiesto e ottenuto dal gip Alfonso Scermino l’esecuzione della misura che prevede per sei indagati la custodia cautelare in carcere; altre cinque persone hanno, invece, ottenuto il beneficio dei domiciliari. C’e’ anche un dodicesimo uomo per il quale e’ in corso l’esecuzione della misura. A tutti viene contestato il reato di associazione a delinquere finalizzata allo spaccio di stupefacenti. Tra i capi e organizzatori della banda c’era un uomo ritenuto contiguo al clan camorristico PetrosinoFezza e il figlio del boss defunto Giuseppe Olivieri. Sei finiscono in carcere: Alfonso Belluno, Ciro Califano, Salvatore De Maio detto “Tore ‘o niro”, Salvatore Olivieri, Ivan e Vincenzo Pepe. Gli altri sei, solo uno è irreperibile, ai domiciliari: Francesco Cacace, Giuliano Cacace, Roberto Califano, Francesco Martigiano, Carmelo Ursolino. I militari hanno anche eseguito 17 perquisizioni domiciliari e In totale, sono 26 le persone indagate. L’inchiesta e’ stata avviata dalla procura di Nocera Inferiore all’inizio dello scorso anno e copre un’arco temporale fino a giugno del 2017. Poi, gli atti sono stati trasmessi alla Dda perche’ i pm nocerini hanno riscontrato la presenza del reato associativo. Per la posizione dei due under 18, il fascicolo e’ stato trasmesso anche alla procura presso il tribunale per i minorenni di Salerno. In sei mesi, i carabinieri della tenenza di Pagani, grazie agli audio delle intercettazioni e alle immagini di due telecamere di sorveglianza installate in via Matteotti, nel quartiere Lamia, sono riusciti a documentare 92 episodi di cessione di droga come crack, marijuana e cocaina. La base operativa era proprio li’, in una zona divenuta quasi off limits per i cittadini. I due occhi elettronici, durante l’indagine, sono stati distrutti per due volte dai pusher. La droga era nascosta nelle pareti interne di alcuni cortili dei palazzi della zona. La regola dei pusher era infatti che le dosi non dovessero mai essere portate addosso o a casa. Gli affiliati adoperavano parole in codice in un linguaggio gergale per comunicazioni ‘interne’ e per avvertire gli altri dell’eventuale arrivo delle forze di polizia. Durante le 17 perquisizioni compiute contestualmente all’esecuzione delle misure cautelari, sequestrato denaro contante per diverse migliaia di euro. L’attivita’ di spaccio intorno alle 16 e proseguiva fino alle 5 del mattino. “Prima avveniva la consegna del denaro, poi l’acquirente attendeva che gli veniva portata la sostanza stupefacente”, ha spiegato il procuratore facente funzioni Luca Masini, evidenziando l’organizzazione che si era data il gruppo criminale. “La droga veniva nascosta in anfratti nei pressi di alcuni cortili – ha proseguito -, e non doveva mai essere sulla persona o nell’abitazione”. Il sodalizio criminale, inoltre, pur sospettando di essere controllato, aveva continuato la propria attivita’. In una circostanza, come spiegato dal sostituto procuratore della Dda, Vincenzo Senatore, “era stata distrutta una delle telecamere installate dalle forze dell’ordine per monitorare quanto avveniva nel quartiere Lamia”. Durante le perquisizioni i carabinieri hanno rinvenuto anche cospicue somme di denaro in contanti (tra i 4000 e i 6000 euro) che, secondo gli investigatori, rappresenterebbero un ulteriore elemento di riscontro dell’attivita’ praticata dagli indagati.