Salerno accoglie calorosamente gli attori di DispensaBarzotti dopo il successo di Homologia evento della scorsa stagione di Mutaverso Teatro
Di Olga Chieffi
Per cosa viviamo, per un capriccio di Dio, per un capriccio dell’ uomo che ci ha generato? Non meritiamo forse tutti di cercare un senso più alto a questo nostro effimero soggiorno sulla terra? Le domande che la Creatura si pone sono le stesse che si pone il suo bizzarro padre, che forse si pose la stessa Mary Shelley quando creò il suo capolavoro; le stesse, infine, che anche noi spettatori del secondo millennio continuiamo a porci. E’ tornata a Salerno la Dispensa Barzotti, per il terzo appuntamento della stagione Mutaverso teatro, ospite di Vincenzo Albano, le cui attente e originali proposte attraggono sempre più pubblico al centro sociale; con il suo ultimo lavoro, “Victor”. Uno spettacolo questo, diretto da Alessandra Ventrella con in palcoscenico gli eccellenti, premiati attori “under30” Consuelo Ghiretti, Riccardo Calabrò e Rocco Manfredi, a formare una Dispensa Barzotti in stato di grazia che, richiamata in città dopo la spiazzante “Homologia”, che concederà a quanti, amanti del teatro, non ebbero modo di vedere in quella piovosissima serata dello scorso anno e potranno goderne il prossimo 18 maggio. Le atmosfere del grande romanzo si ritrovano sul palcoscenico, il lume, l’ombra, la pioggia, il profumo di terra fresca, che fa pensare ad una tomba appena scavata. Terra che non è altro che l’imbottitura di un divano a tre piazze, testimone del rapporto tra Victor ed Elizabeth, sorella e amante del dottore, una duplice componente che viene a galla in tutto il suo mastodontico fragore, nell’assoluto silenzio eternato nella pioggia e nella nebbia di un futuro incerto e inconoscibile. Le domande restano senza risposta, sospese, come sospeso resta il destino dei protagonisti di questa sofferta, struggente storia divisa tra amore e morte e il tentativo di controllare questi due assoluti con qualsiasi mezzo, sino a generare “mostri” e distruzione. A punteggiare la performance, l’eco della Fantasia per chitarra sola sui temi della Traviata di Francisco Tàrrega, ovvero sui temi di “Amore e Morte”, primo titolo del capolavoro verdiano. La Dispensa Barzotti vince con la sua particolare lettura del testo della Shelley la difficile scommessa accesa con un mito che racchiude tante chiavi di lettura, riuscendo a dimostrare, senza l’ombra di un cliché, col suo teatro afasico, poetico, misterioso, speziato di illusionismo (flute che attraversano l’intero palcoscenico e fiori che spuntano dalla mano di Victor) come contrastanti sentimenti possano convivere per sempre, nutrendosi l’uno dell’altro in un ciclo infinito quanto quello della vita e della morte. Dove sono i fantasmi in “Victor”? Se la caratteristica dei fantasmi è essere invisibili ai più e passare attraverso i muri, allora è possibile che un’altra caratteristica dei fantasmi sia passare attraverso i gesti, senza essere visti. I fantasmi non sono in Frankenstein, sono di Frankenstein, sono di Victor Frankenstein. Victor comincia a studiare per riparare un torto. Solo che il torto di Victor non è un torto, è la vita. Victor pensa che la vita possa essere fatta solo di cose belle e cose buone, e invece la vita è fatta anche di cose contraddittorie (la meraviglia può essere fatta di cose viscide come vermi e terra) o dolorose (la morte di una madre). Victor però vede il dolore come un torto. La morte di sua madre è un torto che deve essere riparato. E, secondo il principio “una vita per una vita”, crea il mostro. C’è una cosmografia del fantasma in Victor che fluttua dissolvendo o facendo esplodere l’umano che rivolge a noi i suoi richiami e allo stesso tempo, respingente le sue sfide. Dicevamo cosmografia del fantasma non tanto perché Victor parla tacendo, compare e svanisce, come la creatura, quanto perché è l’umano stesso ad essere nel racconto un fantasma, che s’incatena e si libera, che risplende e si cela, che è divinità e nulla: l’Uomo, attanagliato dai dubbi, seguendo il filo di luce della sua intelligenza che penetra liberamente la realtà, vuole trattare da pari a pari con la divinità, è un fantasma cosmico. La morte è una cosa che succede ai vivi, non è un torto, invece, il limite dell’amore umano è che non possiamo impedire alle persone che amiamo di morire. Non ce la fa Victor Frankenstein, e finora, purtroppo, nessuno di noi. Ma non smettiamo di innamorarci, di amarci, di “pathire”. Applausi calorosissimi del pubblico in sala, attendendo la replica di Homologia.