Questa sera, alle ore 21, Gaetano Stella e il suo Teatro Novanta rappresenteranno la “Cantata dei Pastori” sul palcoscenico del Teatro Delle Arti
Di OLGA CHIEFFI
Sarà la Messa extra-liturgica de’ “La cantata dei Pastori” che affonda le sue radici nell’immaginario barocco, misterioso forziere-groviglio di miti, di splendori, di fantasmi ricorrenti ciclicamente in un presente metastorico, in cui convivono le rassicuranti parole del passato e quelle contaminate dalle ansie di un presente precario e angoscioso, a impreziosire il Natale del Teatro delle Arti. La Sacra rappresentazione del Natale e ancora tutti i suoi molteplici elementi magico religiosi, sono collegati alla figura di un bambino, figlio del sole e del fuoco. Il presepe di carattere colto, ovvero il Presepe cortese, ha raccontato tre secoli di storia napoletana, mentre il Presepe popolare nella sua apparente fissità, nelle sue statuette scolpite anche nei vestimenti, con colori semplici, ma ben precisi e determinati, racconta il non-tempo, ovvero la metastoria. Un duplice aspetto come la luce e l’ombra, tema della rassegna “Napul’ è Mille culure” che potrebbero essere considerati i due aspetti emblematici della sacra rappresentazione natalizia per eccellenza, vale a dire “La Cantata dei pastori”. A questa duplice funzione di luce e ombra si può ricondurre la doppia figura dei due infanti, Gesù Bambino e Benino, o Benitiello, il pastorello dormiente, colui che prima di tutti riceve il divino annuncio in sogno, ed è emblematico che laddove un bambino dorme, un altro si sveglia, ciò apre il varco dell’onirico e del meraviglioso. Mitema, favola, letteralismo, attorno alla figura di un eroe giovinetto o infante, che sorge da un limbo, un mondo sotterraneo, una grotta, Benino (Vincenzo Ruggiero), Armenzio (Daniele Nocerino), Sarchiapone (Serena Stella) e l’insuperato Razzullo di Gaetano Stella, prenderanno corpo in quella memoria onirica che caratterizza il periodo natalizio. Personaggi, questi, che si manifestano al pari di Maria (Elisabetta Condorelli), Giuseppe (Marco Villani), Belfagor (Antonello Cianciulli), l’Arcangelo Gabriele (Elena Parmense) e che farà risuonare il nostro massimo del vociare dei diavoli, del garrire dell’Angelo, dello squittire di Sarchiapone, il litaniare del pescatore (Tommaso Fichele) e del cacciatore (Manuel Mascolo), contrappuntati del roco ritmo pulcinellesco di Razzullo, che il pubblico dovrà sostenere, non immemori degli antichi e solari saturnali notturni. Questa sera, alle ore 21, il pubblico salernitano potrà assistere a “Il Vero Lume tra l’Ombre, overo La Spelonca arricchita, per la Nascita del Verbo Umanato. Opera Pastorale Sacra del Dottor Casmiro Ruggiero Ogone”, pseudonimo di Andrea Perrucci, nella revisione di Corradino Pellecchia. I personaggi si esprimono con i polimetri versi del recitativo da melodramma. L’azione ha luogo nelle campagne di Betlemme ove Giuseppe e Maria vagano alla ricerca di un alloggio. I tentativi messi in atto dal diavolo Belfagor per ostacolare il cammino alla sacra coppia sono vanificati dall’ Arcangelo Gabriele. Ma, drammaturgicamente, l’intreccio si snoda intorno alla figura di Razzullo, scrivano napoletano, capitato a Betlemme come mastrod’atti fiscale, per censire la gente, in obbedienza al comando dell’Imperatore Ottaviano Augusto. Sulle musiche affidate ad un sorprendente Nino Aleotti al pianoforte, con gli storici bozzetti di Mario Carotenuto che andranno a comporre la scenografia della Bottega San Lazzaro, la compagnia Teatro Novanta, offrirà un’ennesima e sorprendente lettura dell’opera. In scena Gaetano Stella sarà impegnato a creare contrasti recitati, cantati e mimati, attraversando gloriosamente tutta la tradizione e gettando perle musicali e comiche, pezzi raffinati e cose più andanti dal sapore popolare. Una girandola di puro teatro che assomiglia ai fuochi d’artificio di un Natale napoletano. La sua povera maschera attraversa l’intera cantata a stomaco vuoto e, cercando di riempirlo almeno una volta, del tutto involontariamente, è d’ aiuto alla santa coppia e diviene infine uno dei piú degni di adorare il Figlio di Dio.