Nelle settimane scorse il lavoro della Guardia di Finanza sul caso Intertrade è continuato in maniera celere. Incontrando anche l’ex magistrato Alfredo Greco che ne ha preso le redini. Ovviamente la sua presenza, per la carica che ha ricoperto e il suo rigore morale hanno dato un segnale concreto della volontà dell’attuale gestione della camera di Commercio di voler chiarire tutti gli aspetti della vicenda. Greco non commenta né dichiara. C’è da immaginare che per un magistrato, seppur ex da poco, come lui non sia stato complicato capire come siano andate le cose. L’attività degli investigatori è continuata con l’ascolto di alcune persone, perquisizioni e acquisizioni di documenti. Non a caso, ad esempio che Demetrio Cuzzola, che doveva far parte della Giunta Unioncamere non vi è entrato pare per essere stato raggiunto da un avviso di garanzia. Cosa che avrebbe potuto interessare anche gli altri principali protagonisti dell’inchiesta su cui vige il massimo riserbo, essendo alla stretta finale. La Procura di Salerno sta lavorando da mesi con sequestri ed informazioni di garanzia, in una faccenda dai risvolti ancora da definire. In gran parte opachi. Si tratta di un flusso di danaro pubblico in uscita dalla Cciaa verso Intertrade calcolato sinora attorno ai venti milioni di euro -notizia di poche ore fa comunicata in sede ufficiale alla nuova giunta di Andrea Prete- in oltre dieci anni di attività, gran parte dei quali neppure “formalmente legittimi” come invece apparirebbero ad un primo esame nel complesso. Il cuore della questione è invece rappresentato dalla metà circa di questi soldi, costituente il buco vero dei bilanci Intertrade, finora dissimulato con il tradizionale artificio dei crediti riportati come voci positive nelle scritture contabili. Crediti platealmente inesigibili, danaro che mai entrerà in cassa (e, a volte, che mai avrebbe potuto) e che faceva figurare le carte in regola: una vecchia storia. Divenuta poi pubblica, fino a costringere gli inquirenti a prenderne atto, confermando tutti i passaggi elencati nelle tappe del nostro approfondimento di cronaca. La “novità” ora è rappresentata dall’indiscrezione secondo cui la procura sarebbe ad un soffio dal gettar la rete su una pattuglia di esponenti dell’establishment camerale di questi anni. Oltre venti i soggetti interessati. Si parla di associazione a delinquere finalizzata alla truffa nel conseguimento di erogazioni pubbliche, all’indebita appropriazione di fondi pubblici, falso in bilancio, abusi vari. E questo senza ancora considerare il versante Corte dei Conti. Le indagini penali sarebbero chiuse, i provvedimenti cautelari richiesti, si tratta di capire con certezza per chi, in che formula e quando. Non dovrebbe essere lontano il momento, salvo ripensamenti in extremis o cambio di vedute repentine, sempre possibili nella dinamica dei rapporti tra polizia giudiziaria, pubblico ministero e giudice delle indagini preliminari. L’Italia rimane, da questo punto di vista, un paese complicato, anche quando le cose sembrano funzionare. Si va da un nucleo iniziale di tre soggetti (i cui nomi, per ora, non possiamo trascrivere) già indagati, attorno ai quali s’è poi dipanata la matassa del gioco delle anticipazioni di cassa per progetti incagliati, delle consulenze in famiglia, dei mutui bancari allegri, e così via. Sarebbero coinvolti vari livelli: dai vertici dell’apparato burocratico della Cciaa, anche lontani nel tempo, ad una serie di membri della giunta camerale succedutisi negli anni, dagli amministratori dell’azienda speciale al collegio dei revisori del conto di “mamma e figlia”, vale a dire della Camera e di Intertrade. Se i bilanci dell’azienda speciale sono come appaiono, cioè falsi, ne consegue che anche quelli della Cciaa lo siano, avendo questa assorbito quei conti: una «infezione» a catena, pericolosissima, che aprirà più di un problema nel problema. Tutti conoscevano il gioco, a prima vista lecito, in molti vi hanno preso parte, alcuni hanno accumulato piccole fortune, altri avrebbero comprato immobili mentre spariva -ad esempio- mezzo milione dai conti correnti accesi ad insaputa dei legittimi titolari, in tanti non vedevano o erano distratti. Per non dire del sistema dei corsi di formazione cucinati in famiglia per centinaia di migliaia di euro, gli incarichi incrociati in fondazioni e associazioni produttive (Carisal, Aeroporto, Confesercenti, Ascom, agricoltori e artigiani vari, Acai e mille altre sigle più o meno verosimili) incarnati dagli stessi soggetti per anni. Ora si è alla stretta finale con la speranza di far luce sull’intera vicenda. Per usare una espressione giornalistica non proprio esemplare ma dannatamente efficace nell’aria si sente un tintinnio di manette.Mentre Cronache è sempre in attesa di ricevere notizie della querela di diffamazione deliberata dalla gestione Arzano e affidata ad un noto penalista salernitano. Ad un anno di distanza dall’annuncio e dalla delibera non si hanno ancora notizie. Nemmeno se la parcella al legale è stata stabilita e liquidata. Misteri della vecchia Camera di Commercio.
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