di Andrea Pellegrino Salerno? «Una città che si è rinchiusa in se stessa». Mario De Biase, sindaco agli inizi degli anni 2000, guarda così la sua città e sostiene: «Ha avuto l’occasione di grande slancio ma ha preferito restare una città paese». La punta di forza del suo mandato: «Aver avuto una idea di città. Aver aperto un confronto anche con i quartieri. Aver coinvolto tutti nella trasformazione urbanistica». Il suo rimpianto, invece: «Non aver avuto la forza per tramutare quel progetto in un atto concreto». Ricorda anche: «In quel periodo era nato anche il gruppo dei 31, segno di grande partecipazione della città». E non solo: «C’era abbastanza vivacità anche in Consiglio comunale e in Giunta» Ed oggi dottor De Biase? «Il mio Consiglio comunale contava e decideva. Anzi si discuteva anche troppo. Anche gli assessori erano persone che dovevano costantemente confrontarsi con la loro parte politica, con gli elettori naturalmente, e con me. Ogni decisione era frutto di un dibattito democratico senza, nel contempo, rallentare o inficiare le decisioni. Non è stata mai rallentata, infatti, una decisione. Oggi, invece, reputo che non ci sia Consiglio comunale. Si decide – ad esempio – di vendere Piazza Mazzini e non si sa neppure il perché. Si alza la mano». A proposito di Piazza Mazzini, lei è favorevole o contrario alla vendita? «Non mi scandalizza la vendita di aree pubbliche ai privati. Ma vendere Piazza Mazzini è una follia. Cosa ben diversa sono le aree di via Vinciprova e della zona dello stadio Volpe. Lì ci sono stati anche dei progetti partiti sotto la mia amministrazione». Un giudizio sul Crescent e Piazza della Libertà? «Orribili entrambi. Il Crescent ha una architettura vecchia, fuori luogo e fuori dimensione. La Piazza è una spianata e non è un luogo di incontro e di relazione. E’ un luogo, a mio avviso, di alienazione». Sempre se sarà l’opera completata… «Certamente. Ma comunque, anche se completata sarà un danno». Russo, Salzano e Aversano (tutti intervenuti su queste colonne) sostengono che la Cittadella Giudiziaria doveva essere costruita nel suo luogo originario: ossia nella zona orientale, lei cosa pensa? «Non sono d’accordo. Penso che la Cittadella Giudiziaria sta bene lì dove è. Certo è che andrebbe completata. Io penso che questi servizi devono essere parte integrante della città. Negli anni della mia amministrazione l’obiettivo era proprio quello non realizzare un Eur a Salerno. Dunque non quartieri completamente morti alle sei del pomeriggio ma, al contrario, quartieri che fossero sempre vivi ed attivi. La Cittadella Giudiziaria deve essere parte integrante del tessuto cittadino. Io ho combattuto l’idea dei quartieri residenziali. Bensì occorre che siano presenti anche i servizi e negozi. Non sono favorevole a zone come Sala Abbagnano o lo stesso Parco Arbostella, per intenderci». L’ala socialista rivendica il suo determinante apporto nella trasformazione della città, ricordando che tutto parte dal famoso convegno “La città possibile”. «Sicuramente. Negli anni di Conte e Giordano sindaco è stata immaginata una idea di città e di futuro. Gran parte delle prime realizzazioni degli anni Novanta è frutto di quella stagione. Io dalla mia parte rivendico il Puc ed una nuova idea di città». Un giudizio sulle opere? «Sono anni che è finita la stagione delle opere. Penso che siamo entrati più nella fase degli annunci. Tra l’altro quelle strategiche non sono complete». Le piace la “S” di Vignelli? «Ma per favore. Il simbolo c’è. Ed è quello istituzionale. Il resto sono cretinate».
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