Di Adriano Falanga
Decadenza, sfiducia, dimissioni. Quale delle tre? Quali delle seguenti azioni apriranno (il se è ancora d’obbligo) le porte alla elezioni anticipate del 2016, da Pasquale Aliberti invocate? Bisogna fare chiarezza, e capire, provando ad essere lineari, i concetti. Ammesso che la principale motivazione del primo cittadino è il desiderio di ripresentarsi al voto per un terzo (e forse quarto) mandato consecutivo, con una nuova coalizione – evitando il commissariamento – l’unica possibilità che la legge permette è la decadenza entro la metà del mandato. Da escludere le dimissioni e la sfiducia politica, perché entrambe comporterebbero il commissariamento e dunque l’impossibilità di mantenere in vita l’amministrazione guidata da un reggente (il vicesindaco). Visti i tempi necessari per la decadenza, salta subito all’occhio che occorre fare presto, entro settembre deve aprirsi il procedimento. Il Testo Unico Sull’Ordinamento degli Enti Locali (Tuel) prevede infatti una procedura complessa: tre consigli comunali consecutivi a distanza di venti giorni l’uno dall’altro, tre votazioni di incompatibilità. E’ richiesta la maggioranza dei consiglieri, e Aliberti potrebbe non averla, salvo assist (oramai sicuro) dell’opposizione. Sessanta giorni quindi sono necessari per arrivare alla decadenza, e questa dovrà essere pronunciata entro metà dicembre (termine ultimo di metà mandato) in quanto il sindaco è stato proclamato legalmente il 13 e ha giurato il 15 giugno 2013.
E qui si apre l’incognita Pasquale Coppola. Il presidente del consiglio comunale ha, infatti, da statuto venti giorni di tempo per convocare l’assise. Se usati tutti, l’iter da sessanta passa a 80 giorni, e calendario alla mano, appare molto difficile riuscirci entro metà dicembre. E’ chiaro a questo punto che al primo cittadino, desideroso di ritornare al voto, resta molto poco tempo a disposizione per creare il presupposto utile ad aprire il complesso iter che porta all’incompatibilità. Diversamente gli toccherà dimettersi, ma non avrebbe senso, perché non potrebbe ricandidarsi. Ultima alternativa è continuare la consiliatura, così come vorrebbero gran parte dei suoi consiglieri comunali, in difficoltà con i propri elettori a spiegare il perché di questa intrigata manovra istituzionale. Ci sono ancora due anni e mezzo, perché ritornare al voto? Perché Aliberti non vuole godere del supporto di una fetta di minoranza bramosa di passare tra le sue fila (dopo l’isolamento di Pasquale Coppola, Pasquale Vitiello e Stefano Cirillo) e siccome la maggioranza non vuole cambiare gli assetti consiliari decisi dal voto, l’unica alternativa è una nuova consultazione popolare. Passando dalla decadenza, non dalle dimissioni.