La legge impone alle testate giornalistiche di pubblicare la rettifica chiesta dagli interessati. La stessa legge fissa anche dei paletti, riassumibili così: 1) pubblicazione entro 48 ore dalla ricezione; 2) lunghezza massima della rettifica: 30 righe; 3) se lo scritto eccede le misure massime previste dalla norma, potrà essere tagliato e ridotto, o ad opera dell’interessato o della redazione stessa, a meno che, per scelta autonoma del giornale, non si decida di pubblicarlo integralmente; 4) medesima evidenza della notizia da rettificare; 5) nessun commento del giornale a margine della rettifica per non vanificarne impatto e contenuto. 6) i commenti possono essere rinviati ad altra edizione e anche con diverso spazio ed evidenza. La scorsa volta, nella stessa circostanza di oggi, abbiamo compiuto un errore commentando ciò che l’avvocato Serena Landi, nell’interesse del suo assistito Antonio Rinaldi, ci aveva inviato. Errore del quale ci scusiamo. Abbiamo, poi, ricevuto sabato sera una seconda richiesta di rettifica alla seconda puntata dell’inchiesta (giornalistica) sul «caso Cafasso» di Capaccio/Paestum. La pubblichiamo integralmente, quindi sacrificando spazio altrui, perché è evidente che lo scritto ecceda le 30 righe. E di molto. Lo facciamo senza commentare alcunché ma rassicurando i nostri cinque lettori che “Le Cronache” continua ad essere un giornale e non un tribunale, dove le arringhe, anche se datate, già discusse e valutate da terzi, trovano la loro ragion d’essere. E solo lì. Buona lettura. (pierre)
“Spett.le redazione “Le cronache”,
il sottoscritto Avvocato Serena Landi, del collegio difensivo del comandante Antonio Rinaldi nel procedimento che lo vede imputato per calunnia (e si ribadisce che si tratta di un processo per calunnia e non altro) con proprio comunicato pubblicato da codesto organo di informazione in data 23 dicembre 2025 si sono fornite le opportune precisazioni che miravano ad assicurare il diritto alla verità e tutelare l’immagine delle parti in causa in merito all’articolo da Voi pubblicato in data 22 dicembre 2025: “Paestum, il blitz della ricotta, la storia dell’imprenditore Cafasso Alberico”. In uno alla nota stampa predetta, il sottoscritto ha trasmesso anche gli atti processuali ritenuti più importanti: “ le deleghe di indagine dell’Autorità Giudiziaria; i verbali di perquisizione; il verbale di sequestro; il verbale delle operazioni compiute, le informative di reato della polizia giudiziaria; il decreto di convalida del sequestro; la documentazione sanitaria relativa al sequestro sanitario; il materiale fotografico estrapolato dal sistema di video sorveglianza che è stato sottoposto a sequestro ed oggetto di perizia da parte del Tribunale; gli atti amministrativi relativi alla demolizione della struttura abusiva; e altro materiale ritenuto utili a testimoniare la verità processuale”. Nel pieno rispetto del diritto di cronaca si auspicava quindi che l’atipico “racconto a puntate” (quantomeno per la tempistica con cui viene fatto, come di seguito spiegato) prendesse la direzione della verità processuale ovvero, l’unica verità che è riportata negli atti del dibattimento e del processo; verità processuale che non è stata mai smentita ma, al contrario, è stata cristallizzata dal Tribunale con sentenza di prescrizione n.3929/2021, del 13 dicembre 2021 – Giudice Lucia Casale, circostanza che, è il caso di evidenziare ancora una volta, non è dipesa certamente dal comandante Rinaldi Antonio.
Per far comprendere che non si trattasse di attività di iniziativa è stata anche trasmessa la delega di indagine del 20 ottobre 2007 a firma del Pubblico Ministero dottoressa Patrizia Gambardella, emessa nell’ambito del procedimento penale n.9487/2007/Mod.21 con cui si disponeva “…la perquisizione locale con delega per l’esecuzione la stessa polizia giudiziaria nonché, si delegava attività di osservazione e pedinamento dei veicoli individuati presso il capannone in questione al fine di verificare la destinazione dei prodotti alimentari ivi trattati”. Operazione quindi fatta sotto delega e il totale controllo dell’autorità Giudiziaria. E’ stata altresì trasmessa la documentazione relativa al primo sequestro del “capannone abusivo con all’interno attività di caseificio” operato in data 6 dicembre 2006 (un anno prima delle vicende de 2007) e il decreto di sequestro preventivo del 12 dicembre 2006 a firma del GIP, dott.ssa Maria Grazia Genovese – Procedimento Penale n.11325/06/Mod.21, sequestro operato nel 2006 da tre agenti della Polizia Municipale, tra cui anche l’allora Ispettore Rinaldi Antonio, all’epoca non comandante ma vice comandante. Con questo sequestro del 2006 per abuso edilizio, e poi quello de 2007 per violazione dei sigilli, si è addivenuti, all’esito del processo, alla sentenza di condanna passata in giudicato del Cafasso Alberico per il reato edilizio nonché, per la violazione dei sigilli accertata appunto nel 2007 durante il “blitz delle ricotte”. Sempre in merito all’abuso edilizio (trattasi di un capannone adibito a caseificio in zona agricola di 130 mq), il sottoscritto, sempre per amore della verità e del sano diritto di cronaca, ha avuto premura di trasmettere al giornalista tramite whatsApp, la determinazione del Funzionario Responsabile dell’Area PO Urbanistica – Edilizia Privata del comune di Capaccio Paestum n.84del 04 ottobre 2022 – RG n.2187 /2022 avente ad oggetto: “ Procedimento n.47/2010 R.E.S.A. Demolizione opere abusive a carico del Signor Cafasso Alberico – Procura della Repubblica – Determina di assunzione anticipazione somme Cassa Depositi e Prestiti s.p.a” e impegno di spesa per i lavori di demolizione, da cui si evince anche che con delibera n.48 del 04 febbraio 2021, la Giunta Comunale ha stabilito di accedere al mutuo per la demolizione della somma di €.22.076,92 come stabilito dalla Procura della Repubblica. Pur non comprendendo il motivo per cui era stato fatto un articolo a puntate con narrazione della storia al limite dell’inverosimile rispetto alla verità processuale di fatti accaduti oltre 18 anni or sono, e che nulla hanno a che fare con il procedimento per calunnia, il sottoscritto difensore ha ritenuto comunque di trasmettere gli atti processuali e chiarire la posizione del comandante Rinaldi di “persona assolta nel 2021 ” rispetto a questa vicenda del 2007, e si è ritenuto utile, per amore della verità e del corretto diritto di cronaca, trasmettere anche la documentazione attestante la posizione del Cafasso Alberico rispetto agli abusi edilizi realizzati nonché, della posizione dell’allora comandante della stazione Forestale che è stata parimenti assolta per i fatti del 2007 e, soprattutto, il Giudice dott. Paolo Valiante, con sentenza n.5108/23/Reg.Sent. del 05/02/2024 l’ha assolto anche per la “Calunnia” perché “il fatto non sussiste”, sentenza passata in giudicato in quanto la Procura della Repubblica non ha proposto appello. Di tutto quanto sopra riportato non vi è però traccia nella seconda puntata del romanzo stavolta denominato: “Ricotte, caciotte e calunnie. Il blitz dall’imprenditore Cafasso”.Diversamente, si continua a scrivere solo di fatti che non hanno trovato riscontro nel dibattimento a seguito della escussione dei testimoni: (ad esempio: nessuno è stato mai messo faccia a terra; nessuna porta è stata mai presa a calci; nessuno ha gettato telefoni per aria; ecc…..). e si esclude totalmente il coinvolgimento della Procura della Repubblica che ha disposto e coordinato le operazioni. Si è trasmesso anche il verbale delle dichiarazioni dell’avvocato difensore del Cafasso che ha sconfessato totalmente le dichiarazioni rese dallo stesso suo assistito asserendo che “in sua presenza nessuno l’ha mai preso sotto braccio” ( e l’avvocato è stato presente ininterrottamente dalle 5.30 del Mattino fino alla sera, senza pause). Ma nemmeno di questo si scrive nell’articolo. Si è scritto anche che i fatti, sebbene risalenti al 2007, sono tornati di attualità nel processo di Calunnia terminato con la sentenza di primo grado a carico del comandante Rinaldi nel mese di ottobre 2024; anche qui si omette però di dire che per i medesimi fatti di “Calunnia” il Giudice dott. Paolo Valiante, con sentenza n.5108/23/Reg.Sent. del 05/02/2024 ha assolto il comandante della Forestale per la “Calunnia” perché “il fatto non sussiste”, che ripeto è passata in giudicato in quanto non appellata dalla Procura della Repubblica, adducendo, il Giudice, nelle motivazioni, che i fatti che hanno riguardato il processo per le vicende del 2007 hanno seguito un iter processuale e dibattimentale autonomo, e nulla hanno a che vedere con il reato di calunnia che attiene invece solo, ed esclusivamente, ad eventuali ed ipotetiche accuse a carico del Cafasso formulate con la querela. Non si comprende nemmeno come questo romanzo a puntate non sia stato fatto nel mese di ottobre 2024, all’indomani della sentenza di primo grado, quando il dottore Rinaldi già ricopriva la carica di comandante della Polizia Municipale di Agropoli da due anni, quando l’ipotetico interesse pubblico invocato dal giornalista era già in essere, ma viene fuori però solo nel mese di dicembre 2025, dopo che il comandante ha lasciato agropoli ed è stato rimmesso dal Tribunale del Lavoro nel legittimo ruolo di comandante della Polizia Municipale di Capaccio Paestum in quanto vincitore di concorso. Non si comprende poi quale ipotetica conseguenza dovrebbe comportare un processo per calunnia rispetto a chi commette reati contro la Pubblica Amministrazione che sono disciplinati dalla legge, e sono quindi ben altra cosa (anche gravi e recentissimi che riguardano altre persone in divisa operanti nel comune di Capaccio Paestum) e per cui questo giornale non sembra aver intrapreso racconti a puntate. È convinzione di questo difensore che le sentenze non devono essere commentate ma eventualmente impugnate nelle sedi opportune. Nei due gradi di giudizio per la “Calunnia” nessuno si è permesso di commentare le sentenze sfavorevoli nonostante la convinzione giuridica dell’innocenza del comandante, abbiano accettato il verdetto in religioso e rispettoso silenzio consci che le ragioni devono farsi valere nelle aule dei tribunali e non in altri luoghi, tanto meno con articoli a puntate perché chi scrive, non avendo le necessarie competenze, non può sostituirsi al Giudice. Gettare fango e ombre sulla integrità morale del comandante Rinaldi Antonio riesumando una vicenda processuale che risale al 2007, e per cui è stato assolto, è una questione che a questo punto sarà certamente portata al vaglio della Magistratura per consentire le opportune valutazioni che attengono alla situazione creatasi e per richiedere l’accertamento sulla eventuale sussistenza di elementi ed interessi, anche esterni, meritevoli di un approfondimento da parte del Pubblico Ministero. Per correttezza d’informazione reputo quindi necessaria questa nota stampa con riserva di ogni azione di legge a tutela del mio assistito.
Avvocato Serena Landi
nell’interesse del signor Antonio Rinaldi





