Giovanni Falci
Voglio subito partire, per far comprendere di cosa stiamo parlando, ricordando un ANEDDOTO PERSONALE LEGATO AL MIO MAESTRO con il quale ho fatto pratica da “procuratore legale” dal 1982 al 1987: IL PROF. GIUSEPPE GIANZI. Socio dello studio del prof. Giuliano Vassalli – via della Conciliazione 44 Roma – che ereditò nel 1981 dopo che il prof. Vassalli, il padre dell’attuale codice di procedura penale optò per il tempo pieno all’Università che lo portò ad essere Guardasigilli. Eravamo fermi, incolonnati sulla Napoli/Roma, allora a due corsie, a causa di un incidente stradale; quando giungemmo nei pressi delle auto incidentate le vedemmo sul ciglio della strada con le lamiere contorte, i vetri rotti, con puzza di benzina tra un’ambulanza e un’auto della Polizia. Ripresa la marcia, il professore con quella sua cadenza calabrese che non ha perso neanche dopo 70 anni di vita a Roma, mi disse: “vedi Giovanni, il processo penale è come un incidente stradale”. Sorpreso da quest’affermazione, gli chiesi spiegazioni in merito e lui aggiunse: “vedi, ora che siamo passati nel punto in cui c’è stato lo scontro, abbiamo visto quella scena raccapricciante e abbiamo immaginato di come possa essere stato terribile quel momento per chi lo ha vissuto; ma finché non capita a te in persona, non capirai mai il vero dramma di quel momento. Fino a quando quei vetri rotti non ti verranno addosso, fino a quando non sarai tu a sbattere contro quelle lamiere e a sentire il dolore e la puzza di benzina che fuoriesce dal serbatoio che si è rotto, fino allora non avrai capito realmente ciò che ora abbiamo solo immaginato. Così il processo penale! Quando leggi sul giornale, o senti e vedi in televisione, di quell’arresto, di quel sequestro, anche di quella condanna, potrai immaginare che situazione angosciosa sta passando quel tale sotto processo, ma se non capita a te di subire il processo non capirai mai cosa significa e com’è terribile”. Ecco allora perché QUESTO REFERENDUM CI INTERESSA TUTTI, chiunque può trovarsi nel ruolo dell’imputato; ci interessa perché regola un evento che potrebbe capitare a chiunque. Il giudice deve essere realmente l’unica garanzia che un cittadino debole ha dinanzi alla pretesa punitiva dello Stato. Per questa ragione chi esercita la pretesa punitiva deve essere diverso da chi giudica e valuta quella pretesa! Qui non è in gioco uno SCONTRO AVVOCATI/MAGISTRATI OPPURE DESTRA/SINISTRA; qui si tratta di una riforma di tutti e per tutti. Una riforma che sarà intestata all’intera società civile, oltre ogni schieramento perché parliamo di principi. I governi passano, le riforme restano. E poi se si crede in un principio, i compagni di percorso contano relativamente. I magistrati recitano costantemente, in questo momento, la parte delle vittime, continuano a ripetere che il potere giudiziario sarà schiacciato. Il potere giudiziario è il potere del giudice che pronuncia una sentenza. Quella sentenza deve, in democrazia, essere una sentenza che ha una autorità, che il popolo accetta perché è autorevole. Voglio chiarire due ASPETTI VERAMENTE SINGOLARI ED EMBLEMATICI SUGLI ARGOMENTI PORTATI AVANTI DAL CD FRONTE DEL NO, una campagna mi verrebbe da dire di stampo trumpiano, con enormi contraddizioni. Il primo aspetto è quando ci dicono “La separazione non serve perché c’è già!”. E allora perché la combattete?” La risposta a questa contraddizione è nel secondo aspetto di cui non parlano. E’ IL SÌ AL SORTEGGIO, l’unica vera preoccupazione del Comitato per il NO e, prima ancora, del gruppo di potere che lo ha espresso. Questa è la verità! Il vero target del Comitato per il NO è proprio il sorteggio, come più volte dichiarato, avendone ben compreso l’effetto purificatorio. Si mettono in campo, a proposito del sorteggio dei membri del CSM, argomenti quasi surreali: “il sorteggio non garantirebbe la qualità dei componenti”. Ma come? è tale la fiducia dell’ordinamento nell’altissima professionalità di ogni singolo magistrato, che il cittadino soggiace, nel suo processo, al principio del giudice naturale precostituito, essendogli precluso di scegliersi “il migliore”. Perché i magistrati dovrebbero invece scegliersi chi li deve giudicare in caso di violazione disciplinare? Perché ci dovrebbero essere dei Giudici chiamati a giudicare proprio coloro che li hanno designati? Diciamolo chiaramente: questa forte avversione a questi aspetti della riforma fa pensare che sia una difesa di quel NOMINIFICIO che è diventato quell’organo di autogoverno. L’unica questione che mi vede ancora perplesso è la impossibilità di ricorso avverso il provvedimento disciplinare dell’ALTA CORTE. Secondo me poiché l’art.111, comma 2 sia rimasto immutato, non sono affatto certo che la sentenza dell’Alta Corte si sottrarrà a questo principio cardine. INFINE NESSUN ATTACCO ALLA COSTITUZIONE. È la stessa Costituzione che dal 1948 impegna il legislatore a dare attuazione alla sua VII disposizione transitoria per cui ci saremmo dovuti dotare di un ordinamento giudiziario conforme alla Carta. Il tema è emerso con la riforma del processo penale del 1988: l’articolo 5 della legge delega impegna il governo a emanare le norme necessarie per l’adeguamento dell’ordinamento giudiziario al nuovo modello. Quell’impegno diventa indifferibile nel 1999, con la costituzionalizzazione del giusto processo, che si esplicita anche attraverso la garanzia della terzietà e dell’equidistanza del giudice dall’accusa e dalla difesa. Si dà perciò, finalmente, attuazione alla Costituzione con questa riforma.





