“Spett.le redazione “Le cronache”, in merito all’articolo apparso in data 22 dicembre 2025: “Paestum, il blitz della ricotta, la storia dell’imprenditore Cafasso Alberico”, il sottoscritto Avvocato Serena Landi, del collegio difensivo del comandante Antonio Rinaldi nel procedimento che lo vede imputato per calunnia, dopo un’attenta lettura dello scritto giornalistico in questione ritiene doveroso, con la presente comunicazione, fare le opportune precisazioni che mirano esclusivamente ad assicurare il diritto alla verità e tutelare l’immagine delle parti in causa.
Orbene, è personale opinione che l’articolo avrebbe dovuto scrivere i fatti solo dopo un attento contraddittorio con le parti, e solo dopo aver letto gli atti del processo: questa sarebbe stata la normalità! Invece, l’articolo si limita a riportare solo la versione fornita da una delle parti in causa, o erroneamente estrapolata da atti non riportanti notizie esaustive dei fatti risalenti all’anno 2007, e per cui vi è stato un processo e un dibattimento celebrati nel Tribunale di Salerno all’esito dei quali vi è stata sentenza di prescrizione (non dovuta per fatti imputabili al Rinaldi) passata in giudicato relativa ai Pubblici Ufficiali coinvolti che non è entrata nel merito dei fatti. Ma ciò non è stato scritto.
Pertanto, per i fatti definiti “……il blitz della ricotta”, a seguito di un dibattimento durato sette anni, in cui, tra l’altro, si è appurato anche le modalità di esecuzione dell’operazione, vi è stata sentenza di assoluzione per i pubblici ufficiali citati nell’articolo. Ad ogni buon fine, ma solo per amore della verità, e per evitare di proseguire con una storia romanzata dei fatti, si declina fin d’ora la disponibilità a trasmettere gli atti del processo relativi sia alle dichiarazioni del Cafasso Alberico, sia alle dichiarazioni dei circa quindici testimoni, tra cui i due avvocati difensori dello stesso Cafasso Alberico presenti sul posto, testimonianze che hanno confutato le dichiarazioni accusatorie.
In merito al procedimento in corso per “Calunnia” a carico del comandante Antonio Rinaldi, anche qui vengono riportate notizie parziali e non esatte, omettendo di pubblicare elementi fondamentali della vicenda. Infatti, il comandante Rinaldi Antonio nel mese di marzo 2016 ha sporto querela nei confronti di Cafasso Alberico a seguito delle dichiarazioni rilasciate dallo stesso alla polizia giudiziaria in quanto con la querela si è esercitato soltanto il sacrosanto diritto di difesa funzionale all’accertamento della verità processuale affinché l’accertamento giudiziale non si fosse limitato a verificare la tesi accusatoria ma fosse stato volto a stabilire la verità anche attraverso le indagini difensive e il pieno esercizio delle facoltà difensive. Vennero infatti confutate e documentate le circostanze accusatorie nonché, i dettagli dell’operazione compiuta sotto legittimo mandato dell’autorità giudiziaria che aveva delegato i due corpi di polizia ad effettuare perquisizione e sequestro dell’attività esercitata abusivamente in un capannone sottoposto a sequestro perché abusivo e per cui il comune di Capaccio Paestum e la Procura della repubblica ne hanno disposto la demolizione. Effettuate le indagini obbligatorie conseguenti alla querela, nonostante la mole di testimoni a confutare le dichiarazioni accusatorie, il Pubblico Ministero ebbe ad archiviare la querela del comandante Rinaldi Antonio per poi procedere d’ufficio nel mese di settembre 2016, circa nove anni e mezzo fa, con la contestazione del reato di calunnia, da qui poi prende il via il dibattimento che, è bene evidenziare, allo stato si trova al secondo grado di giudizio, quindi non si è di fronte ad una sentenza definitiva e quindi irrevocabile. Giova altresì evidenziare che nel processo di appello il Procuratore Generale ha chiesto l’assoluzione per il comandante Rinaldi perché “il fatto non costituisce reato” giacchè, appunto, si è esercitato solo il diritto di difesa. Resta quindi da attendere cosa deciderà la Suprema Corte di Cassazione nel terzo grado di giudizio.
Il dato eclatante però, non affatto riportato nell’articolo, né tanto meno accennato, è che per gli stessi fatti sporse identica querela il comandante della Forestale Marta Santoro che ha patito la stessa sorte del comandante Rinaldi vedendosi notificare un procedimento per calunnia nei confronti di Cafasso Alberico, e si sottolinea che si tratta degli stessi fatti e di querela fotocopia in quanto scritta dallo stesso difensore di fiducia. La differenza però è che all’esito del dibattimento tenutosi presso il Tribunale di Salerno, il Giudice dott. Paolo Valiante, con sentenza n.5108/23/Reg. Sent. del 05/02/2024 ha assolto il comandante Santoro Marta perché “il fatto non sussiste”, sentenza passata in giudicato in quanto la Procura della Repubblica non ha proposto appello.
Nel ribadire la piena disponibilità a trasmettere gli atti processuali citati nel presente comunicato, si auspica che in futuro vi possa essere un preventivo contraddittorio tra le parti in causa in modo da poter raccontare i fatti per come realmente sono e sono stati, e non secondo versioni unilaterali che non rispecchiano la verità processuale”.
Avvocato Serena Landi
Egregio avvocato,
sarebbe stato opportuno, e probabilmente più utile alla causa del suo cliente, attendere la conclusione di questa piccola inchiesta su fatti che sono ancora di pubblico interesse essendo stati generati all’interno di uno scandalo, per così dire, che con incontestabile clamore interessò a lungo la provincia di Salerno e non solo, con evidenti e spesso plateali strascichi nell’attualità. Mi riferisco al noto «caso Santoro», all’interno del quale il suo cliente avrebbe giocato un ruolo, com’è pacifico, non foss’altro che per ragioni legate al proprio ufficio.
Stamattina avremmo pubblicato un secondo articolo con al centro, tra altri, alcuni punti da lei toccati. Come leggerà nei prossimi giorni, però, le circostanze delineate e quelle da me rappresentate, nelle mie relative «ragioni di ufficio», non combaciano, la qual cosa mi sembra del tutto normale. Certo non perché questo giornale o la stessa mia persona sarebbero «parte in causa», come sostenuto o alluso in più di un passaggio (per noi il signor Antonio Rinaldi, sicuramente rispettabile persona al di là degli incidenti che possono capitare nella vita, è – come si dice – uno dei tanti). Non so, poi, cosa lei intenda per “versione unilaterale” o per “contraddittorio tra le parti prima di scrivere” o, ancora, “erroneamente estrapolata da atti non riportanti notizie esaustive dei fatti risalenti all’anno 2007” o altro ancora. Quel che so, invece, è che proprio leggendo atti di terzi, cioè di un giudice, non una arringa né una requisitoria (che, in astratto, pure sarebbero fonti per un giornalista, è solo questione di gerarchia e di valore), ho potuto ricostruire una storia, a suo dire “romanzata”. De gustibus.
I vari processi e/o procedimenti da lei citati, a mio modo li conosco, come pure leggerà.
Quanto alla disponibilità ad accogliere precisazioni, rettifiche, documenti o altro, come le è stato da me già detto verbalmente, la consideri totale. Certo non obbligatoria, sicuramente nel perimetro della legge e, soprattutto, della civiltà. (pierre)





