di Erika Noschese
Il sindaco può chiedere, nell’interesse della salute pubblica, con proprio provvedimento motivato e corredato dalla relativa documentazione istruttoria e da puntuali proposte di modifica, che l’autorità competente riesamini l’autorizzazione rilasciata. È quanto ha messo nero su bianco il Ministero dell’Ambiente, rispondendo all’interpello ambientale presentato dalla Regione Campania, che chiedeva un’interpretazione normativa sulla corretta applicazione del limite emissivo alle polveri totali per il “Funzionamento di fonderie di metalli ferrosi con una capacità di produzione superiore a 20 Mg al giorno”. Secondo il Ministero, dunque, il primo cittadino – responsabile della salute pubblica – ha la facoltà di intervenire sulle criticità esistenti, stabilendo le “regole” che le fonderie Pisano devono seguire: dai giorni e orari di attività, ai limiti derivanti dalle BAT, solo per citarne alcune. «L’articolo relativo alle “Migliori tecniche disponibili e norme di qualità ambientale” prevede che, qualora uno strumento di programmazione o pianificazione ambientale riconosca la necessità di applicare a impianti localizzati in una determinata area misure più rigorose rispetto a quelle ottenibili con le migliori tecniche disponibili, al fine di assicurare in tale area il rispetto delle norme di qualità ambientale, l’amministrazione ambientale competente — per le installazioni di competenza statale — o la stessa autorità competente — per le altre installazioni — lo rappresenti in sede di conferenza di servizi. Inoltre, nei casi in cui sia riconosciuta tale necessità, l’autorità competente prescrive nelle autorizzazioni degli impianti presenti nell’area tutte le misure supplementari particolari più rigorose previste dagli strumenti di programmazione o pianificazione ambientale, ferme restando le altre misure utili a garantire il rispetto delle norme di qualità ambientale», si legge nella risposta del Ministero dell’Ambiente. Il Ministero sottolinea inoltre che «l’autorizzazione integrata ambientale definisce anche le prescrizioni volte a garantire la compatibilità ambientale e sanitaria dell’esercizio e, a tale scopo, nelle autorizzazioni integrate ambientali statali non è infrequente l’introduzione, in aggiunta ai limiti emissivi in termini di concentrazione o emissione specifica, di condizioni espresse in termini di limiti di flusso di massa o, addirittura, di limitazione della capacità produttiva». Il comitato Salute e Vita, presieduto da Lorenzo Forte, è pronto a presentare una nuova diffida per chiedere al Comune di intervenire, attraverso il sindaco, che ricopre un ruolo centrale nella tutela della salute pubblica. «Nel corso del tavolo tecnico farlocco organizzato dal Comune di Salerno era stato annunciato che la Regione Campania aveva presentato un interpello per chiedere se, riguardo alle emissioni di massa in atmosfera — le polveri che la fonderia immette — fosse possibile applicare parametri diversi e più restrittivi, poiché, pur non superando formalmente i limiti, quotidianamente sui balconi, nelle immediate vicinanze e non solo delle fonderie, venivano rinvenute polveri. La Regione chiedeva dunque se fosse possibile interpretare diversamente la norma. Ebbene, non solo il Ministero dell’Ambiente ha risposto che ciò è possibile, ma ha anche individuato il responsabile di questa inerzia: il sindaco di Salerno, che può e deve intervenire. Il sindaco può richiedere immediatamente, ogni volta che c’è un pericolo per l’ambiente o per la salute pubblica — come purtroppo accaduto più volte negli anni, anche di recente, quando sono state riscontrate nuove emissioni di polveri non filtrate — la convocazione di una conferenza di servizi, imporre e richiedere norme più restrittive, e applicare parametri propri di una zona residenziale, quale di fatto è quell’area. Può chiedere il tombamento del forno a carbone, può chiedere in conferenza di servizi la limitazione degli orari e della quantità di produzione. Ancora una volta il Comitato e l’associazione Salute e Vita — dopo vent’anni di battaglie — avevano pienamente ragione: il sindaco è omissivo e non svolge il suo dovere. Per questo presenteremo una nuova diffida al sindaco, per chiedere una serie di interventi nelle prossime settimane e, in mancanza di risposte concrete, presenteremo una nuova denuncia alla Procura per chiedere giustizia, verità e per fermare il disastro ambientale», ha dichiarato il presidente Lorenzo Forte, ricordando che «nel 2018, quando l’ARPAC scrisse che le Fonderie creavano un pericolo esiziale, quindi mortale, per la popolazione e per i lavoratori, il Sindaco poteva e secondo noi doveva intervenire. Quando recentemente la Regione Campania ha dovuto diffidare le Fonderie Pisano per un problema di emissioni diffuse, il Sindaco ha taciuto e secondo noi non ha svolto il suo dovere. Le Fonderie Pisano secondo noi vanno chiuse ma senza temporeggiare oltre, il Sindaco deve garantire la salute pubblica senza più tentennamenti. Il re è nudo». L’ingegnere ambientale dell’associazione, Salvatore Milione, ricorda che l’associazione chiede chiusura del forno alimentato a carbon coke e la limitazione della capacità produttiva, semmai portandola ad un giorno a settimana. Interventi urgenti ma da attuare nelle more del riesame dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (A.I.A.). «Da anni chiediamo al Sindaco di Salerno di svolgere il suo ruolo di primo responsabili della salute pubblica. Il Testo Unico delle leggi sanitarie dà potere al Sindaco di porre in essere degli interventi per la tutela della salute dei cittadini. Nell’ambito di questo procedimento noi ci aspettiamo che non venga rinnovata l’autorizzazione, in quanto attività fortemente insalubre e incompatibile con il contesto urbanistico», ha aggiunto Milione. «Il Comune di Salerno aveva fatto una richiesta al Ministero per cercare di svicolare dalle sue responsabilità e farsi dire dal Ministero che le responsabilità erano tutte della Regione o degli altri enti quali Arpac e Asl. Sono andati per picchiare e sono stati picchiati, perché quello che emerge dalla risposta del ministero è che il Sindaco è la prima autorità in campo che può dettare condizioni precise e specifiche, anche più restrittive rispetto alle condizioni ordinarie di legge. Noi chiediamo che il Sindaco ordini la chiusura immediata del forno a Carbon Coke e che chieda ad Arpac e Regione Campania di applicare quelle che sono i criteri posti dal D.lgs. 156 per le zone residenziali e non più per le zone industriali. Sono queste due piccole cose che vengono richieste al Sindaco che ovviamente invece di fare il turista e non andare alla conferenza dei servizi, dovrebbe partecipare anche attraverso propri funzionari delegati a svolgere questo ruolo. Ci aspettiamo un ruolo come dire da protagonista da parte del Comune cosa che fino ad oggi non c’è stato», ha dichiarato l’avvocato Franco Massimo Lanocita. Delocalizzazione dell’impianto. I Pisano, stando a quanto emerso, hanno acquistato l’ex Ilva, uno stabilimento che però non sarebbe idoneo alla delocalizzazione dell’impianto di Fratte. «Se ad Avellino fosse possibile delocalizzare, ben venga — afferma Forte — anche se le voci parlano di un investimento, da parte dei Pisano, finalizzato a espandere le fonderie e garantire il livello occupazionale». Forte ipotizza come possibile sede per la delocalizzazione Foggia, dove esiste un impianto acquistato dal tribunale fallimentare decenni fa e mai entrato in funzione.





