Lavoro, salari e servizi: la provincia di Salerno tra ripresa e fragilità. A fare il punto della situazione rispetto allo scenario salernitano è Antonio Capezzuto, segretario generale Fp Cgil Salerno.
Segretario, partiamo dai numeri diffusi nel rendiconto sociale Inps della provincia di Salerno: nel 2024 il tasso di disoccupazione si è attestato al 41,2%, sono aumentate le domande di disoccupazione da 87.974 a 89.223 e le ore di cassa integrazione da 1.369.392 a 1.512.823. Che quadro ne emerge per voi sul piano provinciale?
«È un quadro che riflette le contraddizioni profonde del nostro territorio. Da un lato, si registra una crescita del Pil e delle entrate contributive, segno che qualcosa si muove. Dall’altro, aumentano le domande di disoccupazione e di cassa integrazione, che raccontano di un mercato del lavoro debole, frammentato e sempre più precario. La ripresa, insomma, non riguarda tutti. Le dinamiche occupazionali sono disomogenee: il capoluogo procede a una velocità diversa rispetto alle aree interne, dove i servizi sono carenti e le opportunità restano poche. Crescono i contratti a termine, calano quelli stabili, e le retribuzioni continuano a essere più basse della media nazionale. È il segnale di un’economia che respira, ma non cammina».
Cosa servirebbe per invertire la tendenza e dare continuità alla ripresa occupazionale?
«Serve costruire un mercato del lavoro che offra occasioni vere e stabili, non basate sulla precarietà. Bisogna garantire ai giovani e a chi cerca occupazione la possibilità di un futuro dignitoso, non contratti intermittenti o part-time involontari. La qualità del lavoro è la chiave della crescita, non la sua compressione. Accanto a questo, occorre un piano straordinario per il servizio pubblico. Secondo i dati della Fp Cgil, nei prossimi cinque anni oltre 500.000 lavoratrici e lavoratori del pubblico impiego andranno in pensione in tutta Italia, di cui più di 40.000 solo in Campania. È un’emergenza silenziosa che rischia di svuotare Comuni, Asl, e uffici pubblici. Servono assunzioni vere, stabili, capaci di assicurare il ricambio generazionale e di evitare il collasso di settori già oggi al limite. Il servizio pubblico deve tornare a essere il cuore dello Stato: garantire sanità, scuola, assistenza, sicurezza e diritti non è un costo, ma un investimento per la democrazia e la coesione sociale».
Le retribuzioni restano sotto la media nazionale, con una perdita del potere d’acquisto che la Cgil stima intorno al 17% nell’ultimo triennio. Come si affronta questa emergenza salariale?
«È una delle priorità assolute. Negli ultimi anni l’inflazione è cresciuta a livelli altissimi, ma gli aumenti contrattuali sono inadeguati. Non si può continuare a chiedere efficienza e professionalità ai lavoratori pubblici, agli operatori ambientali o agli impiegati comunali e poi riconoscere aumenti che non coprono nemmeno il costo della vita. Dietro le cifre ci sono persone che mandano avanti i servizi ogni giorno, spesso con organici ridotti e carichi di lavoro insostenibili. Recuperare il potere d’acquisto significa restituire dignità e valore a chi tiene in piedi la macchina dei servizi».
A proposito di servizi pubblici, quali sono oggi i settori più in sofferenza nella provincia di Salerno e in Campania?
«Gli enti locali sono allo stremo. Mancano risorse, personale e prospettive. Nei Comuni, soprattutto nelle aree interne, diventa sempre più difficile garantire i servizi fondamentali: dai lavori pubblici, la polizia locale, all’assistenza sociale. Il personale è anziano e i nuovi ingressi non bastano a compensare le uscite. La Fp Cgil denuncia da anni questa deriva: serve un piano straordinario di assunzioni per ricostruire la capacità amministrativa degli enti e garantire servizi ai cittadini. Non va meglio nei settori centrali dello Stato: nelle agenzie fiscali, nei ministeri, nei vigili del fuoco. La carenza di organico rallenta tutto e aumenta la pressione sui lavoratori rimasti. Se il servizio pubblico si ferma, si ferma il Paese».
Veniamo alla sanità: qual è oggi la situazione del personale e dei servizi in provincia di Salerno?
«La sanità provinciale continua a vivere grandi difficoltà. Mancano medici, infermieri, tecnici e Oss in molte strutture, dai grandi ospedali del capoluogo ai presidi periferici. I pronto soccorso sono sotto pressione, le liste d’attesa si allungano e i cittadini faticano ad accedere alle cure nei tempi giusti. Chiediamo attenzione e investimenti mirati soprattutto per i presidi periferici, che rischiano di contrarre servizi a causa della carenza di personale. Ribadiamo la necessità di una riapertura definitiva del punto nascita di Sapri e del pronto soccorso di Agropoli. Serve un piano di assunzioni stabile e una riorganizzazione che valorizzi il personale e dia spazio al merito, superando logiche di appartenenza. È necessario rafforzare la medicina territoriale, che non deve restare uno slogan ma una rete reale di assistenza diffusa, per ridurre il sovraffollamento ospedaliero e riportare le cure vicino alle persone. Per le aree più periferiche vanno previsti incentivi specifici, così da renderle attrattive e garantire continuità di servizio».
A Salerno c’è stato di recente un cambio di vertice al “Ruggi”. Come valutate questa scelta?
«L’abbiamo accolta positivamente. La nuova direzione ha mostrato sin dall’inizio la volontà di cambiare passo, puntando su trasparenza e valorizzazione delle professionalità. Negli anni si sono consolidate rendite e logiche di appartenenza che hanno penalizzato chi lavora con impegno. Chiediamo criteri chiari e meritocratici per assunzioni, trasferimenti e progressioni di carriera. È così che si costruisce fiducia e si restituisce credibilità al sistema sanitario».
Perché la Cgil scende in piazza sabato 25 ottobre a Roma?
«Scendiamo in piazza perché il lavoro e la dignità delle persone devono tornare al centro delle politiche del Paese. La manifestazione nazionale “Democrazia al lavoro” vuole rimettere al primo posto salari, diritti, sanità e servizi pubblici. Lo facciamo anche per denunciare la direzione sbagliata della legge di bilancio appena approvata, che non destina risorse sufficienti alla contrattazione, al welfare e alla pubblica amministrazione, ma aumenta invece la spesa per il riarmo. È una scelta che giudichiamo profondamente negativa, perché ogni euro speso per le armi è un euro in meno per ospedali, scuole, sicurezza sul lavoro e servizi locali. La CGIL chiede un’inversione di rotta: un Paese che investa nelle persone e non nelle armi, che redistribuisca ricchezza e dia stabilità al lavoro pubblico e privato. Per questo il 25 ottobre saremo in piazza, da tutta Italia, per chiedere una legge di bilancio che metta al centro il lavoro, la giustizia sociale e la democrazia».
Cosa vi aspettate da chi governerà la Regione Campania?
«Ci aspettiamo un dialogo costante con i sindacati e un impegno concreto ad affrontare i problemi del territorio, soprattutto delle aree interne. Serve valorizzare il servizio pubblico, affrontare seriamente le liste d’attesa e rendere la medicina territoriale un presidio reale per la salute dei cittadini, non solo uno slogan. Occorre investire in personale, recuperando il gap di migliaia di operatori in carenza nel settore sanitario, con una battaglia contro l’imposizione di tetti di spesa che impediscono una sanità di qualità e all’altezza della sfida in una Regione così complessa. Bisogna avere la consapevolezza che senza un servizio pubblico forte, nessuna politica sociale o economica può funzionare: il lavoro, la salute e l’assistenza sono al centro della coesione sociale e della qualità della vita delle persone».





