Edite cento grafiche di Pietro Lista - Le Cronache Spettacolo e Cultura
Spettacolo e Cultura Salerno

Edite cento grafiche di Pietro Lista

Edite cento grafiche di Pietro Lista

di Vito Pinto

La maggior parte di coloro che lo conoscono (o ne hanno sentito parlare) lo ritiene un mostro sacro dell’arte salernitana e qualcuno lo definisce “rivoluzionario” per quel suo modo di creare al di fuori di ogni schema. Ma la definizione che più lo inquadra è quella di Achille Bonito Oliva: “un artista nomade e disertore”. Eppure a conoscerlo bene si scopre che Pietro Lista in fondo è una persona ricca di umanità nei confronti del prossimo, categoria ormai in via di estinzione, e con dentro un grande entusiasmo, una voglia di fare nonostante i suoi oltre ottanta anni. Così, in questo inizio d’autunno, negli spazi odorosi di carta stampata della Feltrinelli di Salerno, Pietro ha presentato l’ultima sua pubblicazione: “Corpi”, oltre cento chine pubblicate dalle edizioni Gutenberg e con un testo critico di Luca Palermo, che scrive: «Lista riporta il corpo al centro delle sue riflessioni e lo fa nella consapevolezza che esso è l’unico strumento in grado di allontanare l’uomo dall’idea, estremamente soggettiva e, talvolta, errata, che egli ha di sé stesso: il corpo acefalo diventa, dunque, estraneo al proprio volto ritratto, confermando il pensiero di Emmanuel Levinas secondo il quale “non si è mai così lontani da sé stessi come quando ci si immagina somiglianti al proprio ritratto”». Corpi acefali, essenziali, ma è proprio nel corpo privato di testa che Lista intravede il principio della libertà. «I corpi acefali di Pietro Lista – continua Palermo – incarnano tale dimensione, sono entità universali, ritratti dell’uomo non di un uomo. Ritratti che si sono ritratti da sé stessi: non rappresentano un preciso soggetto, ma quel soggetto assoluto che, a differenza del ritratto tradizionale, non è concentrato su sé stesso, non è confinato nei suoi stessi limiti né attira l’attenzione sui tratti somatici ed unici del proprio volto». E sono segni rapidi che si fanno disegni, istintività pura che si fa figura, sagome che non rappresentano, ma presentano, non riproduzione, ma produzione. E tutto con la pulizia dell’essenzialità, del tratto deciso, che ha sempre contraddistinto Lista. Ancora una volta è quello che qualcuno ha definito «rivoluzione seguendo la strada dell’innovazione e stando sempre un passo avanti agli altri artisti, anche più giovani di lui». Gianluca Calabrese, che conserva i disegni, sottolinea che «queste chine non potevano restare chiuse in un cassetto, esposte solo per alcuni giorni in una mostra. Dovevano diventare un libro. Dovevano essere raccolte, una dopo l’altra, come una lunga preghiera laica, o come una denuncia muta, ma potentissima». E aggiunge «Anche senza testa, questi corpi parlano. Gridano. Resistono». “Corpi” ed è il ritorno (ma è mai andato via dall’arte?) di Pietro Lista, con prepotente autorevolezza, con quell’umanità che, in fondo, ha sempre caratterizzato il “maestro burbero” che sa come nascondere le emozioni rifugiando il volto dentro la folta barba. In una chiacchierata che ebbi con Pietro qualche anno fa nell’ampio salone della sua casa-studio nella Valle dell’Irno, diceva: «Il mio racconto d’artista è particolare perché sono partito dall’arte nucleare e miei maestri sono stati Giovanni Brancaccio, Mario Colucci, Vincenzo Ciardo, Emilio Notte, Mario Persico». Arte nucleare che si impose agli inizi degli anni cinquanta del secolo scorso in conseguenza dei bombardamenti atomici sul Giappone. Un movimento fondato da Enrico Baj e Sergio Dangelo, e i cui componenti dichiaravano in un manifesto “vogliamo e possiamo reinventare la Pittura. Le forme si disintegrano: le nuove forme dell’uomo sono quelle dell’universo atomico”. Un enunciato cui Pietro Lista ha, praticamente, tenuto fede nel suo lungo e non facile viaggio nell’arte da lui definito «drammatico, perché inseguendo i sogni». “Simposi”, “Cardinali”, “Reti”, “Cielitudini”, “Gabbie” e “Contenitori di luce”, “Le sculture del diluvio” sono solo alcune tappe del suo lungo e intenso percorso d’artista. Sviluppa una ricerca sul tema delle “Nuvole” e su quello delle “Morandiane”, inteso quale omaggio all’arte di Giorgio Morandi. Dà vita ad una galleria di personaggi inquieti che si muovono come ombre su palcoscenici spogli, scabri, vuoti: ed ecco le “Figure acefale”: corpi sine capite che accettano la loro condizione, ritratti da leggere nel senso etimologico del termine; ritorna alla mente quanto Emmanuel Lévinas intuiva con i suoi percorsi filosofici: «il ritrarsi non è una negazione della presenza, né la sua pura latenza… è alterità». Si scopre, allora, quell’applicarsi quotidiano di Lista su fogli bianchi, a tracciare linee di china che si fanno segni di un messaggio intimo, dedicato alla meditazione degli altri. Dice l’artista: «E’ un lavoro lungo, paziente, come è lo scandire quotidiano dei francescani, ma che mi fa sentire artigiano. A me piace essere artigiano. Lo sperimento nella bottega ceramica e lo sperimento qui a casa, certo oggi con più fatica di ieri, ma mi sento artigiano» A parlare del passato, di una città che rifiuta la memoria, quale è Salerno, l’anziano maestro ancora una volta rintana il volto nella folta barba poi: «Mi sono volutamente isolato per cui sono oltre dieci anni che vivo la mia vita di artista in solitudine, faccio le mie cose con grande entusiasmo, con la voglia continua di creare, ma lontano da tutto». Forse è destino degli artisti soffrire per trovare, così, una dimensione che li sbalza in altri mondi e in mondi altrui nei quali ricercare, alla fine, la propria identità di uomini. Essere artisti diventa un dono, una vocazione alla quale si ha il dovere di rispondere con opere che lancino messaggi, pongano riflessioni dalle quali partire per migliorare. Quasi riflessione ad alta voce, Pietro Lista dice: «Quando nacqui non imboccai, come tutti i nascituri, l’autostrada della vita, ma trovai un cancelletto aperto che dava in un prato con le margherite gialle: sono ancora lì con il sole, il vento…». E la storia continua a dominio di segni, di essenzialità di scrittura e di cromie. Un messaggio forte, quello di Pietro Lista, carico di umanità e di francescana memoria.