Di Olga Chieffi
La Fondazione Ravello anche quest’anno aderisce alle Giornate Europee del Patrimonio, riportando la musica in Villa Rufolo a poco più di un mese dalla fine della LXXIII edizione del Ravello Festival. Esplicitando il titolo scelto per connotare l’iniziativa “Mille anni di storia, architettura, musica e buone pratiche”, la giornata di oggi, si articolerà in due momenti. Alle ore 10.30, visita guidata a cura di esperti del territorio e della storia della villa con focus particolare sull’architettura, gli stili, le tecniche costruttive e le innovazioni introdotte dai proprietari del Palazzo nelle varie epoche (alle 10.45 partenza della visita in lingua inglese). Alle ore 12, nell’Auditorium di Villa Rufolo, spazio alla musica con il concerto della flautista Ylenia Cimino e del pianista Fabio Silvestro. Il matinée principierà con un Giovanni Benedetto Platti erede del barocco veneziano, con la sonata n.6 in Sol maggiore op.3, esempio di raro virtuosismo strumentale. Il camerismo di Platti mostra tutta la sua natura preclassica, poco concedendo invece, alla moda galante. La nitida spinta evolutiva coinvolge ogni elemento compositivo , l’invenzione cresce per qualità e si fa più copiosa, la ritmica conosce nuovi slanci, l’armonia, ritmata con scansioni più ampie, secondo la concezione classica sperimentando così soluzioni non comuni. Si continua sul filo di quella che è la nostra scuola di fiati, “fatta” di bel suono, tornito ed iridescente, lirismo e virtuosismo spinto, con la Sonata in do maggiore di Gaetano Donizetti, scritta dall’autore nel 1819 agli esordi della sua attività di compositore, un breve lavoro di soli due movimenti un Largo e Allegro, in forma semplice e scrittura sobria ma agile e gioiosa in cui già traspare il suo gusto teatrale. Si proseguirà con la scuola francese con Nocturne et allegro scherzando composto da Philippe Gaubert. Fu pubblicato per la prima volta nel 1906. Una pagina nella tonalità Re♭ maggiore, in due sezioni, dedicato al grandissimo Paul Taffanel. Il brano inizia con una bella melodia, dopo una breve introduzione del pianoforte, col flauto nel registro basso, una delle peculiarità della nostra flautista proprio i suoni gravi. Il Notturno è impreziosito da lussureggianti passaggi lirici, che mettono in mostra le capacità timbriche del solista. La seconda metà è fortemente ritmata e animata. Verso la fine del pezzo, c’è un intenso ritorno finale del primo tema lirico, che porta il pezzo a un finale emozionante. Si resta ancora in Francia con un’altra gemma molto piacevole e ricca di virtuosismi, la Fantasia di Gabriel Fauré che costituisce un elemento fondamentale del repertorio del flauto. La Fantasia viene composta nel 1898 su commissione di Paul Taffanel, che annualmente, dal 1893, quando assume la cattedra di flauto al Conservatorio di Parigi, incarica vari compositori di scrivere un brano per il Concorso di fine anno scolastico. Nel comporre la Fantasia, Fauré si attiene rigorosamente alle istruzioni ricevute. L’opera deve essere breve, al massimo sei minuti, e deve contenere elementi utili a verificare l’abilità dei candidati in termini di fraseggio, espressione, controllo del tono e virtuosismo. Il compositore avrebbe potuto scrivere un movimento singolo, oppure un Andante seguito da un Allegro; Gabriel Fauré sceglie la seconda soluzione: la difficoltà dell’Andantino riguarda il controllo del fiato e del suono; uno dei suoi passaggi sorprende perché dà deliberatamente l’impressione di essere “stonato”. Il tema proviene direttamente dalle musiche di scena che Fauré aveva composto poche settimane prima per la ripresa londinese del 21 giugno del Pelléas et Mélisande di Maurice Maeterlinck, più vivace, l’Allegro, o allegrofolichono, come lo definì scherzando Faurè, mette alla prova il virtuosismo del flautista. Per omaggiare quel canto lirico da cui deriva la nostra scuola di flauto Ylenia ha scelto di eseguire l’Aria di Lensky, chiamata anche “Aria del primo atto” o “Aria di morte”, pagina celebre del tenore Lensky nell’opera “Eugenio Onegin”di Pëtr Il’ič Čajkovskij. Quest’aria commovente, scritta nel 1878, esprime la disillusione e la tristezza di Lensky prima del duello fatale, nel giardino dell’anima. Finale strappapplausi con la Fantaisie Brillante sur “Carmen” di Borne. Il Destino di Carmen, la morte…., che arriva alle orecchie dell’ascoltatore, con la loro espressione di disperazione e di fatalità ineluttabile, contro la quale è inutile ogni tentativo di resistenza, introduce la Fantasia. Questo epigramma sulla passione è, del resto, il tema fondamentale dell’opera; quello a cui Bizet dedica un trattamento particolare: è l’unico, infatti a subire delle trasformazioni quando ricompare nel corso della vicenda, ad essere trattato cioè come un vero e proprio leit-motiv di tipo wagneriano, affidato all’orchestra. Il contrasto, quello “del destino” si pone quindi, dall’inizio dell’opera, a segnare il doppio percorso sul quale si muoverà il lavoro: l’atmosfera brillante e la tragicità incombente. Entra il flauto e introduce rapidamente quella che sembra un’improvvisazione mai sentita nell’opera, ad imitazione di un uccelli (Carmen canta che “l’amore è come un uccello che vola quando cerchi di catturarlo”). Poco dopo, c’è il minaccioso “Motivo del Fato”, che viene ripetuto per tutta l’opera quale presagio di morte. Avanzerà, quindi, Carmen, col suo tema obliquo, della celebrata Habanera, “L’amour est un oiseau rebelle”, individuato dal suo personale intervallo e con il tono scuro della tessitura, è la zingara randagia, è l’eros inconfessabile delle taverne, l’eros che si esprime per vincere ogni degradazione, che è l’ultimo rifugio degli istinti, l’indizio d’una libertà illimitata, difesa fino alla morte, la libertà del corpo, dei sensi. Segue Les Dragons d’Alcala, un brano militare che nell’opera funge da Entr’acte, quindi la Canzone dei Toréadors, il flauto improvvisa rapidamente e la pagina giunge a una conclusione travolgente.





