Finivano a responsabili e collaboratori della Caritas parte dei soldi lucrati sugli aiuti ai migranti: è un’ipotesi sulla quale stanno lavorando i magistrati della Procura di Napoli, titolari dell’inchiesta che ieri ha portato all’arresto di Alfonso De Martino, il presidente dell’associazione onlus accusato di essersi appropriato di oltre un milione di euro, investiti in acquisto di immobili e schede telefoniche, e della compagna, Rosa Carnevale, posta agli arresti domiciliari. Anche due esponenti campani della Caritas, compreso don Vincenzo Federico, sono indagati per peculato. Il procuratore aggiunto Vincenzo Piscitelli e i sostituti Raffaello Falcone e Ida Frongillo affermano che è “verosimile” un coinvolgimento della Caritas di Teggiano Policastro, in provincia diSalerno, che gestisce quattro strutture dove negli ultimi anni sono stati ospitati migliaia di immigrati, provenienti soprattutto dal Nord Africa come quelli accolti nei centri della onlus di De Martino. L’ipotesi investigativa si fonda sul presunto traffico di pocket money (le piccole somme di denaro, 2,5 euro al giorno a ciascun migrante): De Martino si sarebbe impossessato di tali somme acquistando schede telefoniche presso la rivendita di cui è titolare la sua compagna (ben 582.248 pocket money, sottolineano gli inquirenti). Parte di questi ticket provengono – spiegano gli investigatori – dalle strutture gestite dalla Caritas di Teggiano. Questo capitolo dell’inchiesta ha origine da alcune dichiarazioni rese ai pm dallo stesso De Martino nel gennaio scorso. Racconta De Martino di aver conosciuto, in ragione dell’attività nel campo della solidarietà, i responsabili di vari centri, tra i quali Fiore Marotta, collaboratore della Caritas di Teggiano, “riconducibile al responsabile della Caritas Campania don Vincenzo Federico”. “Fui io – dice De Martino – a proporre a Fiore Marotta di far convergere sulla mia edicola, qualora ne ravvisasse l’esigenza, i ticket che venivano riconosciuti ai loro ospiti in forza del contratto stipulato con la Regione Campania. I buoni sociali, anche se potevano essere spesi per l’acquisto di altri beni, venivano utilizzati dagli ospiti immigrati quasi totalmente per l’acquisto di ricariche telefoniche del valore di cinque euro. Spiegai a Marotta che la nostra edicola aveva la convenzione per il cambio, e il cambio da noi praticato era più favorevole per gli immigrati”. Ieri, nell’ambito di questa indagine, la sede della Caritas di Teggiano è stata perquisita dai finanzieri. I responsabili della Caritas risulterebbero indagati per peculato. Parla di “accusa a dir poco surreale”, l’avvocato Renivaldo Lagreca, legale di don Federico. “Non è contestata la mancata consegna dei ticket money agli immigrati – spiega il legale – ma la spendita dei ticket in schede telefoniche. Ora dopo aver precisato l’ovvio, e cioè che non siamo titolari di compagnie telefoniche, sarà assai agevole verificare che nessuna ricarica ha interessato la Caritas di Teggiano-Policastro”. Gli inquirenti evidenziano la distanza tra l’immagine pubblica di De Martino e quella, ritenuta invece autentica, di persona invischiata in vari traffici. Lui si descrive come “una persona votata al sociale e ad aiutare le persone più deboli”. Ma il ritratto che viene alla luce dalle indagini sarebbe quello di un profittatore che lucra sugli aiuti ai migranti, corrompe funzionari pubblici e svolge attività di procacciatore di clienti (“porter”) per un casinò del Montenegro. Era in procinto di partire per uno dei suoi frequenti viaggi nel paese balcanico quando ieri sono arrivati i finanziari ad arrestarlo.
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