Salerno. Morte detenuto, condannati 3 medici - Le Cronache Attualità
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Salerno. Morte detenuto, condannati 3 medici

Salerno. Morte detenuto, condannati 3 medici
Angri. Condannati per la morte del detenuto Aniello Bruno, deceduto all’alba del primo aprile 2018, nel reparto di Rianimazione del San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona di Salerno. Tre medici incassano la sanzione, il quatrto invece non ha commesso il fatto ed è stato assolto. L’uomo originario di Angri, era detenuto nella casa circondariale di Fuorni. Morì per choc settico, complicanza estrema di una peritonite stercoracea causata da ischemia intestinale. Dopo anni di udienze e perizie, è arrivata la sentenza di primo grado e ad emetterla è stata la Seconda sezione penale della Cittadella Giudiziaria di Salerno. Sei mesi di reclusione, con pena sospesa, sono stati inflitti ad Aniello De Chiara e Cosimo Orsano, medici in servizio all’interno del carcere salernitano, e a Giuseppe De Nicola, in servizio al pronto soccorso dell’ospedale Ruggi di Salerno. Maria Rosaria Attianese, anche lei medico penitenziario, è stata assolta con formula piena. Le motivazioni saranno depositate entro 30 giorni. La procura invece aveva chiesto una sola condanna indicando piena responsabilità su quella morte solo per il medico del Pronto Soccorso che diagnosticò erroneamente una colica renale al 50enne e lo dimise senza prescrivere esami strumentali che avrebbero potuto accertare il reale quadro clinico del paziente.  Per i tre medici del carcere, invece, il pubblico ministero aveva a chiesto l’assoluzione: piena per uno di loro mentre, per gli altri due, con la formula dubitativa (ai sensi dell’articolo 530, secondo comma, del codice di procedura penale). Gli imputati  erano accusati di aver inizialmente sottovalutato le condizioni di salute del detenuto, disponendone il ricovero solo il 30 marzo 2018, quando ormai il quadro clinico era gravemente compromesso, e successivamente, dopo il rientro in carcere, di non aver rilevato l’inadeguatezza della diagnosi di colica renale, non supportata da adeguate verifiche strumentali. I familiari, rappresentati dall’avvocato Pierluigi Spadafora, sporsero subito denuncia sottolineando che l’uomo aveva perso 18 chili e che quel malessere si protraeva oramai da 20 giorni. Aveva accusato forti dolori addominali, era anche stato ricoverato qualche giorno per alcuni accertamenti presso la sezione detentiva dell’azienda ospedaliera San Giovanni di Dio e Ruggi d’Aragona ma era stato dimesso. Aniello Bruno, in carcere per associazione a delinquere finalizzata alle estorsioni,   non era neanche riuscito a concludere il tempo a sua disposizione per il colloquio con la moglie: la aveva salutata anzi tempo dicendole di non sentirsi bene e si era ritirato in cella. Era stata l’ultima volta che la donna aveva visto il marito vivo. Aniello morì nella nottata dell’1 aprile durante un intervento chirurgico per cercare di tamponare la perforazione che aveva all’intestino.  A distanza di oltre sette anni da quella morte il Tribunale di Salerno ha deciso che solo un medico dei quattro finiti a processo non è responsabile assolvendolo per non aver commesso il fatto.